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DONNE CHIESA MONDO

Le attivissime #medianuns

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02 gennaio 2021

La foto su Instagram attira immediatamente l’attenzione e strappa un sorriso. Una suora tiene in braccio un piccolo coccodrillo e commenta: «Quando rispondi alla chiamata di Gesù Cristo non sai mai quello che può succedere. Pensavo che trovare la vocazione e seguire Dio fosse noioso, mi sbagliavo. Somiglia invece all’andare sulle montagne russe». Sister Allison è novizia all’interno della congregazione delle suore Paoline e nella sua biografia di Instagram indica i luoghi dove trova Dio: musica rock, video games, fantascienza, fumetti giapponesi. Suor Allison sintetizza in questo modo la missione delle sue consorelle riunite nell’hashtag #MediaNuns, le suore mediatiche: utilizzare il web per evangelizzare e portare il messaggio specialmente ai più giovani, facendo uso sapiente del linguaggio dei cosiddetti influencer. Le Media Nuns sono attive negli Stati Uniti e in Canada ma dilagano nei social senza frontiere: Twitter, Instagram, Youtube, persino il giovanissimo Tik Tok. Usano tutto l’armamentario del web con impressionante immediatezza: adesivi, selfie, meme, tweet, storie di Instagram, Youtube, concerti, podcast, webinar, gif.

Poiché siamo nei social, il registro è naturalmente quello dell’ironia: suor Bethany viene fotografata mentre porta una grande statua di Gesù Cristo con il commento «Visto che dice di portarlo sempre con noi…io lo faccio, letteralmente»; suor Julia mangia con gusto una carbonara in refettorio; un gruppo di sorelle scatta un selfie durante una pausa caffè. Con lo stesso spirito hanno dato vita ormai vent’anni orsono a un coro che si esibisce nel Nord America registrando sempre il tutto esaurito: quest’anno, causa Covid, per la prima volta l’esibizione di Natale sarà virtuale, una occasione per concretizzare lo slogan delle Paoline «Connettiti con Dio nell’era digitale».

Le Media Nuns sanno utilizzare con freschezza il linguaggio nuovo dei social, compresi i meme, gli aforismi colorati che invadono i nostri schermi: «Prega di più, preoccupati di meno» o «Cos’è la grazia? Chiesi a Dio e mi rispose: tutto ciò che accade» scrive Sistah-Tee-Letters utilizzando pennarelli colorati e scintillanti come fosse una ragazza sui banchi di scuola. Le immagini folgoranti e adolescenziali sono sempre accompagnate da messaggi profondi: «Tu vali l’attesa» è una riflessione sulla utilità di attendere il momento giusto, la persona giusta, la giusta occasione di lavoro senza sprecare noi stessi. È anche un pensiero sull’attesa dell’arrivo di Gesù nella vita di ciascuno: «Credo che Gesù valga l’attesa. Se qualcosa o qualcuno ha un valore così grande, allora non ci accontenteremo per nulla di meno».

La loro non è una torsione modernista per rimanere al passo con i tempi, bensì la messa in pratica dei precetti di don Giacomo Alberione, che fondò la congregazione delle suore Paoline nel 1915 e poi la casa editrice che porta lo stesso nome: «Al giorno d’oggi la stampa, il cinema, la televisione e la radio sono i mezzi più rapidi ed efficaci per diffondere il Vangelo. Forse il futuro porterà mezzi ancora migliori», diceva Alberione.

Le Media Nuns non portano soltanto la parola di Dio declinandola nel linguaggio contemporaneo, ma attraverso il racconto fotografico della loro vita sfatano la vecchia idea che la vocazione sia anche la rinuncia alla socialità, alla gioia con le amicizie, al godimento della natura. Poiché l’obiettivo è quello di incrociare la vita di coloro che non sono raggiunti dalla grazia della fede, le figlie di san Paolo non temono di indossare maschere di Carnevale o abiti ispirati alla saga di Tolkien per mescolarsi meglio alla vita reale dei credenti e dei non credenti. Una settimana l’anno ciascuna delle Media Nuns rinuncia alla connessione perpetua. «Going offline!» annunciano prima del ritiro spirituale senza telefonino e senza wifi. Un modo per ricordare a tutti che la vita vera è altrove. «L’altro giorno ho riguardato i miei social e ho pensato che la mia vita sembra così meravigliosa se vogliamo basarci sulle foto di Instagram», scrive suor Bethany. «Ma quello che non vedete sono i giorni nei quali non posto nulla. I giorni difficili. Abbiamo tutti giornate così, tutti. Non siete soli, non sono sola».

di Laura Eduati