· Città del Vaticano ·

La nascita di Gesù secondo Brodskij

Una cesura nella storia

varobj3454544obj2035841.jpg
21 dicembre 2020

Perché nella bibliografia di un poeta, che apparteneva a una famiglia di origini ebraiche ma religiosamente indifferente e che del suo agnosticismo non aveva mai fatto mistero, c’è un libro intitolato Poesie di Natale? (Mosca, Roždestvenskie stichi, 1996; la traduzione dal russo delle citazioni è di chi scrive). A uno sguardo più attento non si tratta neppure di versi di occasione, cioè pensati per qualche particolare ed eccezionale circostanza, perché dal 1962, cioè da quando «aveva iniziato a scrivere poesie seriamente», come lui stesso dichiara, fino al Natale del 1995, quello che sarebbe stato anche l’ultimo della sua vita (morì d’infarto appena un mese dopo), egli avrebbe continuato a comporre quasi ogni anno una poesia sulla nascita di Cristo. Che cosa lo attraeva di tale avvenimento? Diceva sant’Agostino che «perché ci fosse un inizio fu creato l’uomo» (La città di Dio 12, 20, 4).

La nascita di Cristo costituisce per Iosif Aleksandrovič Brodskij proprio questo nuovo inizio nella storia e della storia. Nella Russia sovietica, dove avrebbe vissuto fino al 1972, questo evento veniva facilmente rimosso perché il tempo, come egli stesso ha modo di spiegare, non era conteggiato in «prima» o «dopo di Cristo» ma si preferivano le espressioni meno nette e più neutre di «prima della nostra era» e «nostra era».

La nascita di Gesù rappresenta una cesura nella storia: c’è un prima e c’è un dopo di lui che in ogni caso costituisce una realtà imprescindibile, anche per chi non crede, anche per chi, come Brodskij dice di sé, oscilla e propende «talvolta per il sì e talvolta per il no». L’incarnazione di Cristo non è solo un fatto storico, uno dei tanti fatti che la storia può enumerare, ma essa ha il potere di cambiare il senso della Storia in un prima e in un dopo. Essa rappresenta «un punto di partenza», letteralmente «un punto dal quale si ricomincia a contare».

«Cos’è il Natale?», si domanda Brodskij. «Prima di tutto, è una festività cronologica associata a una certa realtà, al movimento del tempo. Il compleanno del Dio-uomo». Ciò che al poeta russo-americano interessa mettere in evidenza è che il cristianesimo, rispetto alle due categorie dell’essere, quella dello spazio e quella del tempo, tende a strutturare più che lo spazio proprio il tempo, giungendo a fissare una data precisa per la nascita del Figlio di Dio e conferendo a questo avvenimento il significato, storicamente ben definito, di un punto di riferimento universale.

Le poesie di Natale di Brodskij sono costruite proprio dentro questo tempo nel quale l’Avvento di Cristo si è compiuto, nel quale si è “dopo Cristo” ma nel quale si è soprattutto “con Cristo”. Il poeta ne coglie la presenza, ne avverte l’aura in una lontananza che è immediatamente prossima all’uomo, così come è possibile sentirne una risonanza nell’espressione «Dio-fatto-uomo».

I suoi versi natalizi tradiscono chiaramente questo rimando continuo di trascendenza e immanenza. Per esempio la stella: sulla grotta di Betlemme «si distingueva dalle altre, / più che per il bagliore che si mostrava inutile, / per la capacità del lontano di farsi prossimo agli astri» (25.12.1990). E ancora l’orientamento che essa dà non è tanto spazio-temporale, quanto quello senza tempo dell’eternità: «E se vai via di casa, accendi / nell’addio una stella in quattro candele / cosicché illumini un mondo senza cose, / seguendoti con lo sguardo per l’eterno» (25.12.1993).

Brodskij insiste molto sul valore «centripeto», cioè diretto sull’uomo, centrato sull’uomo, che ha il Natale e in questo riflette il pensiero dei Padri della Chiesa. Per sant’Atanasio di Alessandria il Figlio di Dio si incarna perché l’uomo si divinizzi (cfr. De Incarnatione 54, 3). L’incarnazione di Cristo costituisce la perfetta compiutezza dell’umanità dell’uomo dal momento che la rende capace di accogliere e ospitare il divino. Brodskij avverte questa divinizzazione dell’umano che si lega al Natale. Perciò dal suo punto di vista arriva a scrivere questi versi che fanno da perfetto contrappunto “laico” alla Natività di Cristo: «È tardi ormai per credere ai miracoli. / E, sollevando lo sguardo al cielo, / ti accorgerai d’un tratto che tu stesso / sei un dono sincero».

di Lucio Coco