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La proclamazione del dogma e il ruolo di Rosmini

Più santa della santità

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07 dicembre 2020

«Io proporrei, che il Sommo Pontefice, prima di venire ad alcuna definizione, interrogasse sull’argomento tutti i Vescovi della Chiesa Cattolica mediante una sua Enciclica». Questo il consiglio dell’abate Antonio Rosmini a Papa Pio IX riguardo alla definizione del dogma dell’Immacolata concezione di Maria. E fu proprio il voto di Rosmini, inserito nel novero dei diciotto teologi che formavano la consulta per la definizione dogmatica, a persuadere il Pontefice circa l’opportunità di emanare da Gaeta, dove si era rifugiato a causa dei moti rivoluzionari del 1848, la Ubi primum (2 febbraio 1849), l’enciclica consultiva diretta a tutto l’episcopato mondiale.

Venerdì 8 dicembre 1854, poi, Pio IX, giunto ormai al nono anno di pontificato, nel corso di una solenne celebrazione protrattasi per quasi quattro ore in San Pietro lesse la lettera apostolica Ineffabilis Deus con la quale sanciva il dogma dell’Immacolata concezione di Maria di Nazaret, definita come «più santa della santità; la sola santa, purissima nell’anima e nel corpo, che si spinse oltre la purezza e la verginità; la sola che diventò, senza riserve, la dimora di tutte le grazie dello Spirito Santo». Questa bolla pontificia è da ritenersi come l’ultimo giro di chiave, il sigillo, l’imprimatur di un iter iniziato con l’annuncio dell’angelo Gabriele kecharitōmenē: «Ti saluto, o piena di grazia» (Luca, 1, 28). I fatti e gli avvenimenti storici che precedettero la Ineffabilis Deus, furono molteplici: dalle rivolte in Europa, alle trattative diplomatiche di Rosmini per conto del ministero Casati nell’agosto 1848 a Roma presso Pio ix, fino all’atteso concistoro del 15 dicembre sempre nello stesso anno, che avrebbe visto l’innalzamento del beato al cardinalato. Innalzamento che non ebbe mai luogo, in seguito alle agitazioni del 15 e 16 novembre 1848, che indussero il Papa a rifugiarsi a Gaeta (con dettagliata descrizione nella collana Opere di Antonio Rosmini. Scritti autobiografici. Della Missione a Roma, a cura di Luciano Malusa e Stefania Zanardi, Città Nuova Editrice, Roma, 2020).

Al di là degli aspetti storici e politici pre e post risorgimentali, Pio IX in qualche modo aveva attinto dal suo predecessore Gregorio xvi le numerose sollecitazioni in merito alla definizione dogmatica. E infatti il 1° giugno 1848 istituì — con sede a San Pietro in Vincoli — la consulta speciale di teologi, con l’incarico di consegnare entro due mesi i propri voti circa la definizione. Ma l’abate Giovanni Strozzi, canonico regolare lateranense, inserito nel novero, non poté prendere parte per ragioni personali e, per dirla con lo stesso Strozzi, «trovandosi in Roma il celebre Rosmini, Preposito Generale dell’Istituto della Carità, mi sembrerebbe questa occasione opportuna per avere su quell’argomento il Voto di un uomo che alla sublimità della filosofia congiunge l’eccellenza delle Sacre dottrine» (Opere di Antonio Rosmini. Scritti teologici minori, a cura di Ludovico Gadaleta e Umberto Muratore, pagina 64, 2019). Le lusinghiere parole rivolte dallo Strozzi al segretario della Consulta dei teologi Luca Pacifici, vennero riferite al Pontefice, che seguitava a dar prove di affetto nei riguardi dell’abate roveretano e «volle che a questi teologi fosse aggiunto il Rosmini, il quale estese una memoria contenente un voto diverso da tutti gli altri, e il parere del Rosmini fu tuttavia quello che prevalse, e a cui si tenne di fatto il Pontefice» (cfr. Della missione a Roma, parte II, pagina 143). Stima corrisposta dallo stesso teologo nell’incipit del testo approntato per la definizione del dogma: «L’onore che mi conferisce Sua Santità volendomi annoverato fra quei Teologi che sono chiamati a dare il voto sulla questione — Se vi sia luogo di consolare le vive premure di moltissimi Vescovi con una dogmatica definizione intorno all’Immacolata Concezione di Maria Santissima —, mi torna a grandissima consolazione per la nobiltà e l’amabilità del soggetto, a cui vengono consacrate le prime linee, che ho la bella sorte di scrivere in servigio della S. S. e per ordine Pontificio» (cfr. Scritti teologici minori, pagina 309).

La fervente devozione «all’amabilissima», come soleva chiamarla Rosmini, sorgeva dall’intima persuasione che Dio avesse concesso alla Madonna per singolare privilegio l’immunità della colpa d’origine, tanto che nel 1843 l’abate promosse tra i suoi figli spirituali il culto della Vergine Immacolata, ottenendo dalla Santa Sede che nelle litanie lauretane potessero aggiungere l’invocazione «O Regina sine labe concepta» e al Prefazio della Messa «et te in conceptione immaculata».

di Roberto Cutaia