· Città del Vaticano ·

Ricordato il cardinale Eduardo Francisco Pironio nel centenario della nascita

Con il sorriso dei figli di Dio

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05 dicembre 2020

Era «un monumento di sapienza che scaturisce dall’umile ascolto della Parola di Dio», dalla sua «assimilazione e dalla sua incarnazione nella vita», perché posseduto «dall’amore di Dio nostro Padre, nella speranza non effimera che ci apre all’infinito e nell’effusione di un cuore amico che si apre sollecito al fratello». Con queste parole il cardinale Leonardo Sandri ha sintetizzato la testimonianza di vita del servo di Dio Eduardo Francisco Pironio, durante la messa presieduta giovedì pomeriggio, 3 dicembre, nella chiesa nazionale argentina in Roma.

L’occasione della celebrazione è stata il centenario della nascita dell’indimenticato porporato argentino, avvenuta a Nueve de Julio, in provincia di Buenos Aires, il 3 dicembre 1920. Con il prefetto della Congregazione per le Chiese orientali hanno concelebrato i vescovi Marcelo Sánchez Sorondo, cancelliere delle Pontificie Accademie delle scienze e delle scienze sociali, e Fernando Vérgez Alzaga, segretario generale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano e già segretario personale del servo di Dio. Erano presenti, oltre all’ambasciatore di Argentina presso la Santa Sede, quattordici diplomatici di Paesi latinoamericani.

Pironio, ha sottolineato il cardinale Sandri, è apparso come un dono di Dio per i suoi genitori — proveniva da una numerosa famiglia di emigrati friulani — ma anche per il suo Paese e per la Chiesa intera. Quanti hanno studiato la sua vita, «i suoi scritti e gli interventi, hanno riassunto che tutto Pironio è edificato sull’amore del Padre e della Trinità, sulla Croce e la Pasqua di Gesù e sulla Vergine Maria Madre nostra». In sostanza, «il discernimento e l’obbedienza alla volontà del Padre è la chiave per comprendere l’eredità che il nostro cardinale ha lasciato alla Chiesa e al mondo».

Si tratta di quella sapienza dello Spirito, ha aggiunto il porporato, che in Maria «fece grandi cose e che da discepola la trasformò in Madre del Figlio di Dio». Solo così è possibile comprendere «l’intensità di donazione della vita di un uomo, fondata nella fedeltà di Dio e fecondata dalla gioiosa speranza della venuta del Signore».

Il suo testamento, quel Magnificat «ripetuto come un inno esistenziale — ha fatto notare il prefetto — ci attesta la sua indefettibile fede nella promessa di Gesù». E «ci mostra che lo straordinario itinerario della sua vita fu un andare al Padre, per Gesù, nello Spirito e alla mano di Maria». È certo, ha aggiunto, che il cardinale possedeva «un profondo sapere teologico, che gli dava il gusto di conoscere e godere di ogni parola del Vangelo», con quella convinzione «gioiosa che vivere per il Padre, in Gesù e nello Spirito, è la vera gloria dell’essere umano». Come battezzato, come sacerdote, come vescovo e come cardinale, «il nostro fratello testimoniò la sua fede con gioia, con dolcezza e pazienza, preludi obbligatori per saper ascoltare, per incontrare e accogliere i fratelli».

Nonostante il peso della croce che «segnò la sua vita», ha ricordato ancora, «in lui mai si spense il sorriso della sua profonda convinzione di essere figlio di Dio e testimone della sua grazia». Ovunque egli si trovasse — nei luoghi dove ha svolto il suo ministero sacerdotale e poi episcopale, e soprattutto nella Curia romana — ha vissuto e operato «come appassionato servitore della vita consacrata e, dopo, di quella parte maggioritaria del popolo di Dio, i laici e laiche della nostra Chiesa». La sua morte nel febbraio 1998, ha concluso il cardinale Sandri, fu l’entrare «nella gioia del suo Signore».