· Città del Vaticano ·

Messaggio dell’episcopato del Giappone a un anno dalla visita del Papa

Una pace basata sulla fiducia reciproca

Studenti radunati il 25 ottobre scorso al Peace Park di Nagasaki, a seguito della ratifica del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari da parte di cinquanta Paesi
03 dicembre 2020

Proteggere ogni forma di vita, continuare a creare un mondo pacifico, custodire l’ambiente a livello globale, testimoniare il Vangelo della vita: queste priorità, messe in rilievo da Papa Francesco durante il suo viaggio apostolico in Giappone nel novembre 2019, costituiscono la spina dorsale del messaggio che l’episcopato nipponico ha pubblicato pochi giorni fa in occasione del primo anniversario di questa storica visita. Anniversario che cade in un momento in cui il mondo sta vivendo una profonda crisi a causa della diffusione della pandemia di coronavirus.

Il messaggio, firmato da Joseph Mitsuaki Takami, arcivescovo di Nagasaki e presidente della Conferenza episcopale del Giappone (Cbcj) invita tutti a fare del tema del viaggio del Pontefice nel paese asiatico, «Proteggere tutta la vita» — ovvero tutti gli esseri viventi che condividono la nostra casa comune — una guida importante per il cammino futuro. Siamo chiamati, in particolare, a «valorizzare l’acqua e l’aria, che sono essenziali per la vita».

Ricordando poi come, nel corso della storia, l’umanità abbia messo a punto tante armi da guerra, tra cui le più micidiali sono quelle atomiche, l’episcopato sottolinea che «è immorale fabbricare o possedere» tali armi e che questo rappresenta un peccato contro Dio e contro gli uomini. «Di tutti i modi che l’umanità ha trovato per distruggere la vita, il peggiore è la guerra», osserva la Cbcj, secondo la quale «produrre, sviluppare, mantenere e commerciare tali armi distruttive, mentre un gran numero di individui soffre la fame, e sprecare risorse che dovrebbero essere usate per lo sviluppo di tutte le persone, è un atto di terrorismo contro Dio». Il messaggio dei vescovi nipponici, sempre nel solco del magistero di Papa Francesco, spiega inoltre che «la pace e la stabilità internazionale si possono ottenere attraverso la solidarietà e la collaborazione basate sulla fiducia reciproca». Quindi, non esiste altra scelta che «abolire completamente il male assoluto delle armi nucleari». Monsignor Mitsuaki Takami ha poi voluto mettere in evidenza come, secondo molti osservatori, i messaggi del Papa a Hiroshima e Nagasaki abbiano anche contribuito ad incoraggiare i Paesi a ratificare il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, in modo tale che la soglia minima di cinquanta stati richiesta per l’entrata in vigore del testo è stata raggiunta il 24 ottobre scorso. Ricordando l’esistenza di potenze nucleari e paesi che si oppongono a questo trattato — fra cui lo stesso Giappone — l’episcopato evidenzia la necessità di mobilitare l’opinione pubblica mondiale, affinché faccia pressione su queste nazioni. «Il nostro Paese, l’unico ad essere stato bombardato con armi atomiche — afferma la Cbcj — dovrebbe essere un leader in questo sforzo». Tuttavia, osservano i presuli, «per raggiungere una vera pace è necessario qualcosa di più dell’abolizione delle armi nucleari: «riconoscere i diritti umani fondamentali; adempiere liberamente ai propri obblighi con amore; e vivere nella pace di Cristo».

Altro tema di rilievo del messaggio è la tutela dell’ambiente. In linea con il desiderio del Pontefice, sottolineano i presuli, la Conferenza episcopale ha invitato le Chiese di tutto il Paese a intraprendere azioni concrete per proteggere l’ambiente globale, partecipando alla Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato e, dal 1° settembre al 4 ottobre, al Tempo del creato, celebrazione annuale di preghiera e azione per proteggere tutta la vita.

La Cbcj, infine, dopo aver riflettuto sui messaggi e sui discorsi di Papa Francesco durante la sua visita in Giappone, augurandosi che essa continui a portare molti frutti anche in futuro, cita le parole dell’enciclica Fratelli tutti, secondo la quale «nessuno si salva da solo». Per l’episcopato, è di primaria importanza «riconoscerci come fratelli e sorelle e costruire le nostre relazioni quotidiane,
società, politiche e sistemi sociali basati sulla fraternità, il dialogo e l’amicizia», vicini ai sofferenti e ai deboli, come il buon Samaritano nella parabola di Gesù.

di Charles de Pechpeyrou