· Città del Vaticano ·

Alla luce della «Fratelli tutti»

Sororità clariana

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21 novembre 2020

«Fratelli tutti» è un’espressione che ci mette in sintonia con una delle dimensioni essenziali della forma di vita clariana. Apre l’orizzonte a importanti legami perché mette in gioco la qualità di relazioni strette, accattivanti, rispettose, gratuite. Una vita contemplativa non si capisce senza questa dimensione gratuita, che dà senza aspettare nulla in cambio. All’inizio di questa riflessione mi viene in mente non solo Francesco, a cui il Papa dice di ispirarsi, ma anche la figura di Chiara di Assisi, donna di relazioni interpersonali profonde. Francesco non può essere compreso senza Chiara né Chiara senza Francesco: entrambi sono un riferimento reciproco per la fraternità; entrambi coniano l’esperienza fraterna a partire da un vissuto radicale di amore al fratello. Chiara ci insegna che la più grande dignità della persona sta nel suo essere figlio di Dio e da questa convinzione rispetta l’unicità di ogni sorella, volendo bene a ciascuna come il grande sacramento del Fratello. Per Chiara la Sorella è un dono di Dio e quindi continuamente nei suoi scritti esorta e incoraggia a prenderci cura, proteggere, manifestare esteriormente l’amore che abbiamo interiormente. Nella fraternità clariana, le sorelle preferite sono le più fragili (quelle delle periferie) perché in esse si vive e si manifesta il segno della gratuità fraterna.

Queste relazioni nascono dall’amore per Cristo, un amore che non è solo di servizio reciproco, ma un amore che fa, forma e plasma la Sorella Povera. Chiara capisce che la carità, che è Dio, è il legame che unisce tutte le sorelle. Queste non sono legate dal sangue, né dalla carne, e nemmeno dall’ideale della santità, ma dal rapporto concreto dell’amore che viene da Gesù.

Il Papa sogna, e vuole che noi, di fronte a modi diversi e attuali di eliminare o ignorare gli altri, siamo in grado di reagire con un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che non si limita alle parole. Si tratta di una capacità di amore universale capace di superare pregiudizi, barriere storiche o culturali, interessi meschini. Ecco perché è tempo di scoprire le differenze come ricchezza; solo il cuore che palpita con un solo Signore è quello che, con Lui, si raduna attorno a un unico Padre, che ci rende figli e fratelli. Solo così si apriranno le frontiere chiuse di cui parla il Papa, permettendoci di uscire dal nostro isolamento comunitario. Solo dalla vicinanza e dalla cultura dell’incontro sorgeranno percorsi di speranza e di rinnovamento, sorgerà una vita in cui non prevalgano le lotte dei nostri “io”, ma uno stesso sentire; sorgerà una vita in cui la ricerca del bene, esperienza avvincente di Chiara, prevalga al di sopra delle nostre inclinazioni.

Papa Francesco ci ha più volte invitato a costruire una «cultura dell’incontro» che vada oltre alle dialettiche che si oppongono. Si tratta di creare uno stile di vita in cui le differenze coesistono completandosi, arricchendosi e illuminandosi a vicenda. Si tratta di includere le periferie. Quali periferie? Non quelle geografiche, ma quelle esistenziali, dove si sente come propria la sorella che non fa parte del mio mondo di interessi, dove si dà accoglienza e calore alle “esuli” del mio cuore o del cuore comunitario. Chiara ha voluto una fraternità di sorelle uguali, ha lottato per questo ideale e ce lo ha lasciato come eredità.

Ogni Clarissa incontra una grande sfida: rendere credibile la fraternità. Se una cosa è chiaramente evidente nella forma di vita di Chiara è che tutte siamo uguali, non c’è distinzione di classi, al di là delle differenze logiche che derivano dalla condizione di ciascuna; questo rapporto non si basa sulla rivendicazione di diritti, ma sull’oblatività della propria dedizione al servizio.

Vedo sempre più nelle nostre relazioni intracomunitarie che, come molti altri hanno detto, è molto di più quello che ci unisce di quello che ci separa; è lo Spirito del Signore e la sua santa opera Colui che permette la comunione al di sopra delle differenze culturali, sociologiche o ideologiche. Anche per noi la pandemia covid-19 è un invito a riproporre i nostri modi di vivere, la nostra comunione, la nostra coscienza di famiglia carismatica. Abbiamo bisogno le une delle altre e siamo in debito l’una con l’altra. In noi c’è la vocazione a formare una fraternità composta da sorelle che si accolgono reciprocamente e si prendono cura l’una dell’altra come madri: «E con totale fiducia manifesti l’una all’altra il proprio bisogno, perché se la madre ama e nutre la figlia carnale quanto più amorevolmente deve ciascuna amare e nutrire la sua sorella spirituale?» (RCl viii, 15).

Con il dialogo si giungerà all’incontro: «Ammonisco ed esorto nel Signore Gesù Cristo tutte le sorelle, presenti e future, che si studino sempre di imitare la via della santa semplicità, dell’umiltà e della povertà» (TestCl 56). L’umiltà, la semplicità e la povertà costruiscono fraternità; la «superbia, vanagloria, invidia, diffamazione e mormorazione» rompono l’unità dell’amore reciproco, che è il vincolo della perfezione (cfr. RCl x, 6-7).

In questo mondo massificato, che fa prevalere gli interessi individuali e indebolisce la dimensione comunitaria dell’esistenza, siamo chiamati a essere lampade mediante l’eloquente testimonianza di una vita nell’amore e per l’amore. Il Signore si è posto a noi come esempio e specchio, uno specchio in cui risplende la beata povertà, la santa umiltà e la ineffabile carità (4CartCl 18).

Papa Francesco invita tutti noi a stare in uscita. Certo ognuno deve essere in uscita secondo il proprio carisma. Credo che oggi più che mai siamo chiamati ad essere quella locanda dove chiunque viene accolto, ascoltato, curato. Le nostre case, come lo è stato San Damiano, devono essere luoghi di passaggio dove poter offrire, da un semplice bicchiere d’acqua a chi ne ha bisogno fino a una mano fraterna che accoglie, ascolta e incoraggia tutte le sofferenze umane. Tale deve essere la nostra presenza nella Chiesa, una presenza che parla di pace, di fratellanza, di uguaglianza, di riconciliazione, senza denunciare, senza condannare, accogliendo, guarendo, amando e creando comunione.

di Teresa Domínguez Blanco
Coordinatrice delle Federazioni spagnole e portoghesi delle Sorelle Clarisse