· Città del Vaticano ·

Alla luce di tre recenti documenti

Cura della Chiesa per la vita contemplativa femminile

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21 novembre 2020

Negli ultimi anni l’ambito del diritto universale inerente alle contemplative è cambiato significativamente con la pubblicazione di tre documenti che si riferiscono direttamente alla vita contemplativa femminile: la nuova costituzione apostolica Vultum Dei quaerere (vdq) di Papa Francesco pubblicata nel 2016, che viene a sostituire la costituzione apostolica di Pio xii, Sponsa Christi del 1950; l’istruzione sulla vita contemplativa, Cor orans (co), pubblicata dalla Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica (Civcsva) il 1° aprile 2018, che subentra alla precedente istruzione Verbi sponsa pubblicata nel 1999; e, più recentemente ancora, la Civcsva ha pubblicato nel 2019 il documento sulla formazione alla vita contemplativa L’arte della ricerca del Volto di Dio. Tutti questi cambiamenti sono manifestazione della cura che la Chiesa si prende della vita contemplativa femminile (cfr. vdq 7-8).

Questi documenti attestano, anche, il valore che la vita contemplativa ha per la Chiesa. In questo contesto Vultum Dei quaerere afferma esplicitamente: «La Chiesa apprezza molto la vostra vita interamente donata. La Chiesa conta sulla vostra preghiera e sulla vostra offerta per portare agli uomini e alle donne del nostro tempo la buona notizia del Vangelo». Da parte sua Cor orans riconosce ulteriormente il grande dono della vita contemplativa alla Chiesa e al mondo in quanto testimone di una vita totalmente donata al Signore nella preghiera e nell’offerta. Da segnalare poi, che il Santo Padre, in quanto legislatore supremo ha derogato diversi canoni del Codex iuris canonici (Cic) per adeguare il Diritto canonico alla nuova legislazione (cfr. 638, 4; 628, 2,1; 667, 4; 686)

Uno dei temi sui quali si sofferma Cor orans, seguendo sempre i principi della Vultum Dei quaerere (cfr. vdq 28-29; art. 8, 1) è quello dell’autonomia. Uno dei meriti di questa istruzione è che non solo definisce l’autonomia dal punto di vista giuridico, ma anche nella sua concreta parabola ascendente, o nel cammino per conseguirla, e in quella discendente, o nell’iter per perderla (cfr. co art. 8, 1-2). L’autonomia non è un diritto, ma una risorsa che, come si può acquisire, si può anche perdere se non si verificassero le condizioni richieste (cfr. vdq 1-3).

L’autonomia che viene indicata non è in funzione della difesa dell’indipendenza del proprio monastero o della comunità che presenta connotazioni di autopreservazione o di autoreferenzialità, ma è legata alla consapevolezza che la Chiesa riconosce nelle contemplative persone capaci di gestire con saggezza ogni ambito o aspetto o livello della vita monastica.

La nuova normativa sull’autonomia esplicita il significato dell’autonomia vissuta dalle contemplative. In vdq è scritto: «L’autonomia favorisce la stabilità di vita e l’unità interna di ogni comunità, garantendo le condizioni migliori per la contemplazione. Tale autonomia non deve significare tuttavia indipendenza o isolamento, particolarmente dagli altri monasteri dello stesso Ordine o dalla propria famiglia carismatica» (vdq 28).

Se l’autonomia è vissuta come capacità di espressione carismatica a tutti i livelli, allora aiuta a consolidare la comunione non solo nella comunità o fraternità o federazione, ma anche a preservare l’identità di ogni monastero. In Cor orans, a questo proposito, è scritto: «La Chiesa riconosce ad ogni monastero  sui iuris  una giusta autonomia giuridica, di vita e di governo, mediante la quale la comunità delle monache può godere di una propria disciplina ed essere in grado di conservare la sua indole e tutelare la propria identità (co 16)».

E ancora: «L’autonomia del monastero favorisce la stabilità di vita e l’unità interna della comunità, garantendo le condizioni per la vita delle monache, secondo lo spirito e l’indole dell’Istituto di appartenenza» (co 17).

Una comunità o fraternità monastica vive una sana autonomia, quando non crea percorsi paralleli o indipendenti nella stessa vita ecclesiale. Pur conservando e custodendo la propria fisionomia e, quindi, l’identità specifica, le contemplative sono chiamate a maturare la consapevolezza di far parte del popolo di Dio.

Una comunità contemplativa, quando vive l’autonomia in fedeltà alla chiamata, in obbedienza alla Chiesa ed è fondata sul Vangelo, sulla Regola, rende concretamente visibile il carisma. Infatti l’autonomia, perché sia autentica, deve riflettersi in ogni aspetto della vita comunitaria, in quanto strumento per custodire la comunione e non per accentuare l’indipendenza.

L’istruzione, avendo voluto richiamare la qualità della gestione della vita del monastero in tutte le sue dimensioni — vocazionale, formativa, governativa, relazionale, liturgica, economica...—, permette di verificare già in comunità, senza ulteriori interpretazioni individuali, se il monastero è vivo e vitale (cfr. co 18). Ciò presuppone una formazione che abiliti le contemplative, in vista del bene della comunità e della Chiesa, a scelte ponderate e sagge.

Una Chiesa particolare, infatti, che esprime il desiderio profondo di mantenere “a tutti i costi” la presenza del monastero nella propria diocesi, anche se non più significativo per la salute e per l’avanzamento dell’età della comunità, può essere aiutata ad accogliere anche la soppressione o la filiazione, grazie alla maturità di scelta delle stesse componenti, tese a custodire il carisma nella stessa Chiesa.

Attraverso l’analisi obiettiva dei processi insiti nel cammino di una comunità o di fraternità, le contemplative possono giungere, infatti, con maturità alla libera e, a volte, dolorosa decisione della chiusura del monastero in declino, per poter essere veramente significative nella Chiesa per il mondo, anche in un altro luogo o in una nuova fraternità: «Un monastero di monache che non riesce ad esprimere, secondo l’indole contemplativa e le finalità dell’Istituto, la particolare testimonianza pubblica a Cristo e alla Chiesa Sua Sposa, deve essere soppresso, tenuta presente l’utilità della Chiesa e dell’Istituto cui il monastero appartiene» (co 68).

Un altro tema importante nell’attuale legislazione per le contemplative è la normativa sulle federazioni. D’altra parte, in Cor orans si legge: «Coscienti che “nessuno costruisce il futuro isolandosi, né soltanto con le proprie forze, ma riconoscendosi nella verità di una comunione che sempre si apre all’incontro, al dialogo, all’ascolto, all’aiuto reciproco”,  abbiate cura di preservarvi “dalla malattia dell’autoreferenzialità”  e custodite il valore della comunione tra i diversi monasteri come cammino che apre al futuro, aggiornando e attualizzando in questo modo i valori permanenti e codificati della vostra autonomia (vdq 29)». A questo servono precisamente le federazioni e le associazioni: assicurare la comunione, l’aiuto e la collaborazione, particolarmente nel campo della formazione, tra i monasteri che la compongono (cfr. vdq 30).

La federazione non è una struttura di governo, come è invece la congregazione monastica, ma una struttura di comunione tra i monasteri che condividono il medesimo carisma, e favorisce un cammino che apre al futuro, aggiornando e attualizzando i valori permanenti e codificati dell’autonomia (cfr. vdq 29, co 86). La federazione — a servizio delle comunità federate — ha il compito di promuovere la vita contemplativa nei monasteri che ne fanno parte, secondo le esigenze del proprio carisma, di garantire l’aiuto nella formazione permanente e iniziale, di far maturare l’esperienza di prossimità tra i monasteri a diversi livelli (cfr. co 86), pur nel rispetto e nella custodia della vita contemplativa. La federazione, quindi, è un organismo finalizzato a favorire la comunione tra i singoli monasteri, perché ogni comunità sia sempre più fedele a ciò che ha promesso di vivere.

La federazione non toglie l’autonomia dei monasteri, rimangono nella condizione sui iuris. Infatti solo la Santa Sede può concederla (cfr. co 18) e, se la sottrae, è per l’assenza degli elementi base di una autonomia reale, o, nel caso, vengano affiliati ad altri monasteri (co 54-64). D’altra parte, la presidente federale non è, come invece è la presidente di una congregazione monastica, superiora maggiore (cfr. co 110), ma una sorella al servizio della comunione tra i monasteri e poiché è anche co-visitatrice (cfr. co 111), insieme all’ordinario, è anche link con la Civcsva in quanto deve inviare una relazione dopo ogni visita canonica.

Una novità importante sulle federazioni è che tutti i monasteri devono formare parte di una federazione (cfr. vdq, art. 9, 1), salvo dispensa che soltanto la Santa Sede può concedere (cfr. co 93).

Per quanto riguarda la gestione della clausura, si fa appello alla maturità delle contemplative. Essa è finalizzata ad evocare quella  cella del cuore  in cui ciascuno è chiamato a vivere l’unione con il Signore, e a considerarla il luogo della comunione spirituale con Dio e il prossimo, dove la limitazione degli spazi e dei contatti opera a vantaggio dell’interiorizzazione dei valori evangelici e della contemplazione (cfr. vdq, 31; co 162).

È significativo che nell’istruzione la Chiesa riconosca la facoltà della dispensa dalla clausura unicamente alla superiora maggiore, alla quale ne spetta la custodia immediata (co 173), fino a quindici giorni e con il consenso del Consiglio per non più di un anno, sentito il vescovo diocesano o l’ordinario competente (cfr. co 175-176).

Una novità rilevante nella nuova legislazione è che ogni monastero è chiamato, tenendo conto della situazione reale e del proprio carisma, a discernere se fanno opzione per la clausura papale o costituzionale (cfr. vdq art. 10, 1; co 156-2218).

L’istruzione richiama che la formazione è il primo elemento da tener presente nella rivitalizzazione della vita contemplativa (cfr. vdq 13-15) e prevede per la formazione permanente e iniziale i corsi federali o interfederali (cfr. co 245). Si constata, infatti, che le giovani che entrano in monastero, fanno parte della nostra società e spesso dimostrano una mancanza di formazione umana e culturale (cfr. co 244) che va, quindi, consolidata, perché si possano inserire con più facilità nella nuova esperienza.

Tutto ciò sottolinea ancora una volta l’attenzione non solo alle fraternità, ma anche alla cura delle singole persone. È significativo che le sorelle candidate alla vita monastica vengano accompagnate dalla formatrice e dalla comunità contemplativa, prestando particolare attenzione alla dimensione umana (cfr. co 266): «Vengono iniziate alla sequela di Cristo, secondo un determinato carisma, assumendo e integrando progressivamente i loro particolari doni personali con i valori autentici e caratteristici della propria vocazione» (co 250) e sviluppando la propria personalità, sentendosi veramente responsabili della propria crescita umana, cristiana e carismatica (cfr. co 284).

Partendo dalla realtà attuale dalla quale provengono le candidate, la formazione iniziale deve durare almeno nove anni: uno di aspirantato, uno di postulato, due di noviziato e 5 di professione temporanea (cfr. co 250-289).

Un tema pressoché inedito per il mondo delle contemplative si riferisce all’uso dei mezzi di comunicazione, consapevoli del loro impatto nella società e nella Chiesa del nostro tempo. Uso gestito, però, con sobrietà e discrezione (cfr. vdq 34; co 168-171), «sapendo coglierne l’essenziale alla luce di Dio, per portarle nella preghiera in sintonia con il cuore di Cristo» (co 171).

Quanto detto, evidenzia la cura e la salvaguardia del raccoglimento, per vivere sempre in Dio e nel cuore dell’umanità, e del silenzio, per poter discernere la voce del Signore tra tante altre. Questa custodia aiuta a ruminare la Parola, ad acquisire uno sguardo di fede che permette di cogliere la presenza di Dio nella storia personale e in quella delle sorelle [...] e nelle vicende del mondo (cfr. co 168).

Da uno sguardo di insieme si nota che la nuova legislazione e particolarmente l’istruzione Cor orans, non sono state emanate per codificare scelte standardizzate, ma per aprire dei percorsi per le contemplative, attraverso i quali la Chiesa nutre verso di loro una grande stima. Se sono il cuore pulsante della Chiesa, nessuno intende fermare ciò che è il motore trainante nel popolo di Dio. La Chiesa sente il dovere di accompagnarle affinché la loro vita sia ogni giorno più significativa e profetica.

di José Rodriguez Carballo
Arcivescovo segretario della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica