· Città del Vaticano ·

Per comunicare, da cristiani

Saggezza e responsabilità nell’informazione

Pope Francis during the Angelus, traditional Sunday's prayer, in St. Peter's Square, Vatican City, ...
12 novembre 2020

Il testo dell’enciclica Fratelli tutti pubblicata lo scorso 4 ottobre, grazie alla lettura prolungata nel tempo, necessaria anche per la sua lunghezza e la sua densità, può essere paragonato a una vera miniera ricca di tesori da scoprire, conoscere, gustare.

C’è un paragrafo nel primo capitolo che non può lasciare indifferente chi opera nel mondo della comunicazione e dell’informazione, si tratta del brano intitolato L’illusione della comunicazione che si sviluppa dal punto 42 al punto 50. È un paragrafo che colpisce per il realismo della riflessione e la lucidità dello sguardo con cui Papa Francesco affronta questo tema, a lui molto caro, della comunicazione. Bisogna considerare che questa riflessione è inserita nel contesto del primo capitolo dell’enciclica, intitolato Le ombre di un mondo chiuso, dedicato appunto a descrivere le ombre che avvolgono l’attuale società contemporanea che è diventata sorda all’istanza della fraternità, da qui lo sguardo severo che non fa sconti nell’esame dei limiti di una comunicazione che può rivelarsi appunto una “illusione”. Proprio nel primo punto, il 42, il Papa mette in allarme sul rischio che «Tutto diventa una specie di spettacolo che può essere spiato, vigilato, e la vita viene esposta a un controllo costante. Nella comunicazione digitale si vuole mostrare tutto ed ogni individuo diventa oggetto di sguardi che frugano, denudano e divulgano, spesso in maniera anonima. Il rispetto verso l’altro si sgretola e in tal modo, nello stesso tempo in cui lo sposto, lo ignoro e lo tengo a distanza, senza alcun pudore posso invadere la sua vita fino all’estremo». L’approccio verso l’altro essere umano diventa strumentale, non è all’altezza della dignità di ogni persona, ma si trasforma in un terribile atto di violenza dal quale è praticamente impossibile difendersi.

È questa la suggestione che spinse, meno di un anno fa, il 29 novembre 2019, questo giornale a organizzare una tavola rotonda intitolata «Liberi perché responsabili» sul tema della responsabilità dei giornalisti e di tutti gli operatori della comunicazione. L’intenzione era di farlo diventare un appuntamento annuale in cui il mondo dell’informazione, sempre pronto a rivendicare, giustamente, la propria libertà e i propri diritti, si fermasse per un momento a riflettere sui propri limiti e i rischi di esercitare quei diritti e quella libertà in modo non degno dell’umano. Quest’anno, data la straordinaria e drammatica situazione mondiale legata alla diffusione della pandemia di covid-19, sarà difficile replicare l’esperienza dello scorso anno, con tanti direttori di giornali intorno alla stessa tavola, e proprio per questo è ancora più gradita la “venuta in soccorso” del testo del Papa, inserito all’interno della Fratelli tutti e dedicata al delicato e cruciale nodo della comunicazione.

I punti sollevati dalla riflessione del sommo Pontefice sono molti: dalla perdita del contatto con l’altro a causa della “smaterializzazione” che il mondo digitale porta con sé, dall’aggressività sociale spesso provocata o strumentalizzata da «giganteschi interessi economici» (n.45), dal rischio di confondere la quantità dell’informazione con la qualità, per cui si perde di vista la saggezza: «Il cumulo opprimente di informazioni che ci inonda non equivale a maggior saggezza. La saggezza non si fabbrica con impazienti ricerche in internet, e non è una sommatoria di informazioni la cui veracità non è assicurata. In questo modo non si matura nell’incontro con la verità. Le conversazioni alla fine ruotano intorno agli ultimi dati, sono meramente orizzontali e cumulative» (n.50).

Su questi e altri temi è giusto soffermarsi, da comunicatori e ancora di più da comunicatori cristiani. Lo facciamo già oggi con un “primo piano” nelle pagine all’interno di questo giornale riportando una intensa riflessione di padre Giulio Albanese che medita su come spesso l’informazione sia drogata, strabica, per cui seleziona le notizie solo in base a criteri politico-economici tralasciando così intere zone del mondo che vivono vicende drammatiche quasi mai raccontate dai principali mezzi di comunicazioni. A fianco a questa riflessione vogliamo invece, grazie all’articolo di Gianluca Biccini, raccontare una storia di buona comunicazione, di una comunicazione che non crea illusioni ma genera, ri-genera vita.

È questo il compito di chi, da cristiano, opera nel mondo della comunicazione, offrire una parola feconda contro le chiacchiere mortifere che soffocano e inquinano l’aria che tutti noi, quotidianamente, respiriamo.

di Andrea Monda