· Città del Vaticano ·

Una nuova convivialità per tornare umani

Mangio dunque sono

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07 novembre 2020

Pubblichiamo stralci dall’introduzione degli autori a «Venite a mangiare con me. Una nuova convivialità per tornare umani» (Milano, Vita e Pensiero, 2020, pagine 176, euro 16).

Attraverso l’atto del mangiare insieme si intrecciano nella nostra vita il sacro e il profano, gli eventi gioiosi e quelli tristi, le celebrazioni nel tempo e oltre il tempo. Mentre siamo colpiti dalla “tempesta”, che ci ha fatto sentire fragili e deboli, ma tutti importanti e necessari, tutti bisognosi di essere confortati, abbiamo voglia di ricominciare in modo nuovo, di ritrovare vita nell’essere umani, nel difendere la nostra piena umanità da ogni aggressione, di benedire la vita e di celebrarla, insieme.

Sentiamo il bisogno grande di una misericordia reciproca nelle nostre relazioni, dentro le quali ognuno possa serenamente essere se stesso, esporre le proprie ferite senza essere sempre obbligato a mostrarsi forte e potente. La misericordia non abbandona chi rimane indietro. Ora, mentre pensiamo a una lenta e faticosa ripresa dalla pandemia, dobbiamo temere proprio questo pericolo: dimenticare chi è rimasto indietro. Il rischio è che ci colpisca un virus ancora peggiore, quello dell’egoismo indifferente.

Questo virus si trasmette a partire dall’idea che la vita migliora se va meglio a me, che tutto andrà bene se andrà bene per me. Si parte da qui e si arriva a selezionare le persone, a scartare i poveri, a immolare chi sta indietro sull’altare del progresso. La pandemia ci ricorda, però, che non ci sono differenze e confini tra chi soffre, siamo tutti fragili, tutti uguali, tutti preziosi. Quello che è accaduto e che sta accadendo ci scuote dentro: è tempo di rimuovere le disuguaglianze, di risanare l’ingiustizia che mina alla radice la salute dell’intera umanità!

Una lettura troppo spiritualizzata e spiritualizzante di Gesù e del Vangelo ci ha resi forse poco sensibili agli aspetti profondamente umani e concreti della sua vita e del suo messaggio, che, invece, gli evangelisti non trascurano affatto. Singolare, per esempio, è la quantità di situazioni nelle quali Gesù si preoccupa del mangiare, o invita a mangiare, o partecipa a cene e banchetti. In questo gesto semplice e quotidiano, Egli riconosce e ci aiuta a riconoscere qualcosa di essenziale e caratteristico dell’uomo, non solo perché è un bisogno fondamentale, ma perché è un’esperienza di umanizzazione e di trascendenza, di redenzione della fraternità e della solidarietà.

Gesù presenta e vive il banchetto come immagine del Regno, accetta inviti o si fa invitare e con i suoi insegnamenti rivoluziona le ritualità convenzionali, offrendo insegnamenti che sorprendono, turbano, affascinano, coinvolgono e cambiano il senso del banchetto e della vita delle persone che vi partecipano.

Gesù valorizza e consacra il senso umano del mangiare insieme e lo trascende, invitando a viverlo come il luogo dell’umanità che celebra e ritrova le radici della fraternità, il simbolo dell’umanità rinnovata, quella fatta solo di figli e figlie, fratelli e sorelle: che è l’umanità nuova del Regno di Dio. Nell’ultimo banchetto con i suoi, sulla riva del lago, Gesù consegna ai discepoli di allora e di sempre la sintesi dei suoi insegnamenti. Alla fine della notte, «quando era già l’alba», Gesù, secondo il Vangelo di Giovanni, si preoccupa del mangiare dei suoi e poi li invita a preparare e condividere il pesce appena pescato.

In questo Vangelo, ogni indicazione di tempo è anche un’indicazione di senso. Quando si mangia insieme è finita la notte ed è già l’alba di un giorno nuovo: il giorno dell’umanità riconciliata, quando si è più vivi, più umani. Come più vera sentiamo questa necessità dopo che, attraversando la tempesta, ci siamo costretti a stare soli o isolati, ci siamo negati la gioia dello stare insieme, in compagnia, in amicizia; abbiamo dovuto rinunciare, per prudenza e precauzione, alla convivialità.

Venite a mangiare con me. Il titolo di questo libro prende le parole di Gesù in quell’alba sulla riva e ne fa la traccia del nostro cammino.

Dopo aver scritto di Giuseppe nel libro Giuseppe siamo noi, lui che ha fatto l’esperienza di eccedenza della vita e di attraversamento della notte, dando spazio a Gesù, e dopo aver tentato di scoprire nuovamente tutto questo nell’incontro fra desiderio e virtù nel nostro secondo libro, Più vivi, più umani, qui abbiamo raccolto la sfida di leggere nei banchetti di Gesù nel Vangelo l’indicazione del senso profondo dell’esistenza, che Egli suggerisce come compimento della propria umanità, al di là di ogni credenza, attraversando la vita nella sua bellezza e nella sua, anche drammatica, ricchezza.

Non si tratta di un’esegesi dei testi, che sarebbe da parte nostra un’azione presuntuosa, ma di un’ermeneutica partecipata, cioè, dell’impegno, nella fede, a farci interrogare dal testo e a interrogare il testo, rileggendolo nella nostra attualità, come abbiamo fatto nei nostri libri precedenti, perché pensiamo che la vita è una presenza incarnata di Cristo: ci interessa soprattutto la vita, perché lì dentro c’è Cristo.

di Mario Aldegani
e Johnny Dotti