· Città del Vaticano ·

La tavola rotonda promossa dalla Lumsa e dalla Pontificia Accademia Mariana Internazionale su «Il villaggio dell’educazione»

Il Patto educativo globale, speranza per il futuro

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14 ottobre 2020

Lo scorso 13 ottobre si è svolta presso la Pontificia Università Antonianum di Roma, la tavola rotonda «Il villaggio dell’educazione», che si inserisce nel dibattito sul Patto educativo globale promosso da Papa Francesco nel suo «Messaggio per il lancio del patto educativo» del 12 settembre 2019. La tavola rotonda, curata dall’università Lumsa e dalla Pontificia Accademia Mariana, ha visto fra i relatori: padre Cecchin, o.f.m., presidente della Pontificia Accademia Mariana Internazionale; padre Vidales, o.f.m, rettore della stessa università francescana; l’arcivescovo Zani, segretario della Congregazione per l’educazione cattolica; i ministri italiani Manfredi (Miur) e Bonetti (Pari opportunità e famiglia); De Palo (Forum famiglie); il dottor d’Andrea (Rondine - Cittadella della pace); il presidente del CdA della Lumsa, il cardinale Lajolo; il Segretario Generale della Grande Moschea di Roma di Roma, Abdlellah Redouane; l’imam della Grande Moschea di Roma, Nader Akkad e il sindaco di Roma, Raggi. A coordinare l’incontro, don Giovanni Emidio Palaia, docente di Teologia morale all’università Lumsa di Roma che al Patto educativo ha dedicato un interessante volume dal titolo The village of education / Il villaggio dell’educazione , (Roma, Lumsa — Assisi, Cittadella editrice). Proprio questo volume ha rappresentato la “partitura di fondo” della tavola rotonda.  

E, il tema del Patto educativo non può non intrecciarsi con la recente enciclica di Papa Francesco. Si può essere realmente “fratres omnes ” solo se vi è un’educazione alla fraternità: «Che cosa accade senza la fraternità consapevolmente coltivata, senza una volontà politica di fraternità, tradotta in un’educazione alla fraternità, al dialogo, alla scoperta della reciprocità e del mutuo arricchimento come valori?» (n. 103).

A termine del convegno, abbiamo posto alcune domande a don  Palaia sull’ultima lettera enciclica del Pontefice, per comprendere ancor meglio quanto sia importante il ruolo dell’educazione nella società. 

“Fratelli tutti”, parole da ricordare. E, soprattutto, da attuare nella società di oggi. Stiamo parlando di una società che il Papa auspica possa vedere ognuno in apertura di cuore verso ‘’tutti i fratelli’’. È, possibile tutto ciò?

Sì, come studioso di alcuni pensatori della Prima Repubblica Italiana’ concordo con quello che Francesco scrive in  Fratelli tutti : la storia sta dando segni di un ritorno all’indietro. Inoltre, la perdita del senso della storia e della memoria — penso ad esempio alla Shoah, Hiroshima e Nagasaki — ci conduce a una cultura decostruzionista, (cfr. Fratres omnes , n. 13). In effetti, Aldo Moro con il suo sogno di un’«Europa solidale», unita, e — prima ancora — Giorgio La Pira, già con il Convegno dei sindaci delle capitali del mondo (1954), mostravano la seria preoccupazione che quanto fosse avvenuto con le due grandi guerre dovesse  produrre solo cammini di integrazione e unità del mondo. In ambito sociologico, Zygmunt Bauman ha rilevato che le sfide degli uomini del mondo postmoderno presentano problemi nuovi, sconosciuti, sconosciuti alle generazioni passate o da esse ignorati. Ma, io direi — con grande convinzione — che oggi un’apertura di cuore verso ogni uomo è l’unica utopia possibile. Non abbiamo alternative. E parlo di utopia, riprendendo le parole dell’allora cardinale Bergoglio, «in senso positivo, come causa finale, come telos , come impegno personale e comunitario di tutti i «viandanti fatti della stessa carne umana» (Fratres omnes  , n. 8) che abitano questo mondo.
Ci troviamo sul «crinale apocalittico della storia» — per citare Thomas Merton — e abbiamo due sole alternative: c’è la distruzione della terra e dell’intera famiglia umana oppure, come diceva La Pira, «nell’altro versante, c’è la millenaria fioritura della terra: i governanti di tutta la terra sono oggi chiamati a fare questa scelta suprema».  È un inevitabile, scontro o incontro, insomma.

In un punto fondamentale dell’enciclica, Papa Francesco fa riferimento a un concetto che è ormai assai desueto ai giorni d’oggi: l’uscita di sé. Troviamo scritto: «Dall’intimo di ogni cuore, l’amore crea legami e tende ad allargare l’esistenza quando fa uscire la persona da sé stessa verso l’altro» (n. 88). Dunque, l’uscita da sé stessi: un percorso, per ognuno, non certo semplice. E in questo discorso potrebbe bene inserirsi quello dell’educazione. Non si può educare e né “imparare ” se non c’è questa “uscita” verso l’altro.

Sì, direi questa è in un certo senso un’esigenza umana è per me cruciale, come ho scritto nel volume che ho dedicato ai giovani, Che cosa ci fa lieti?  (Tau Editrice - Lumsa, 2020),  dobbiamo nuovamente educarci a vivere una vita piena e ricca di gioia e per farlo è necessario «iniziare un cammino di uscita da sé, smettere di cercare unicamente i propri bisogni, per accogliere l’amore», come sottolineo nel volume. Scrive Papa Francesco: «Tutti siamo molto concentrati sulle nostre necessità, vedere che qualcuno soffre ci dà fastidio, ci disturba, perché non vogliamo perdere tempo per colpa dei problemi altrui», (Fratres omnes , n. 65). Questa “uscita da sé” è inscritta nella nostra carne, la cultura dell’incontro non è una moda di questo pontificato, come non lo è neppure la fraternità, infatti «siamo fatti per la pienezza che si raggiunge solo nell’amore», (Fratres omnes , n. 68). In una dedica personale, l’indimenticato cardinale Tomáš Špidlík mi scrisse queste brevi e rivelatrici parole: «La vita è un incontro». L’uomo è chiamato all’incontro, alla comunione, alla vita con Dio, non può vivere senza relazioni, senza amore.

Il titolo del suo recente libro è «The Village of Education». Papa Francesco, aveva espresso questo pensiero: «Un proverbio africano recita che “per educare un bambino, serve un intero villaggio”. Tuttavia, dobbiamo costruirlo questo villaggio come condizione per educare». Come poter costruire questo villaggio?

Il “Villaggio dell’educazione ” è un volume a servizio del Global CompactGlobal Compact on  Education, nato da alcuni dialoghi e lavori con gli studenti e dall’incontro con docenti di diverse culture e religioni, come ad esempio l’arcivescovo Zani, il  rabbino Momigliano,  ed è pensato per creare tavole rotonde o come lei ha visto, veri e propri laboratori sull’educazione in cui nascono interessanti impegni che gli studenti propongono. Costruire un nuovo villaggio dell’educazione significa investire ogni risorsa per creare un «concetto di educazione che abbracci l’ampia gamma di esperienze di vita e di processi di adempimento e che consenta ai giovani, individualmente e collettivamente, di sviluppare le loro personalità», ha detto Papa Francesco. Per la ricostruzione del Patto educativo è necessaria una nuova educazione fra culture, civiltà e religioni che abbia come ideale l’unità della famiglia umana e la pace, e per questo serve una buona politica che creda nella strada del negoziato e del dialogo.
 Dialogo fra culture, civiltà, e fra religioni è l’altro tema che la tavola rotonda ha voluto fortemente sottolineare.  E, ora che l’emergenza covid — inevitabilmente — sta ponendo degli steccati, può esserci il rischio di far alzare ancor più i muri verso l’altro, ormai visto addirittura come “minaccia”. Su questo delicato tema, don Giuliano Savina (Ufficio nazionale per l’ecumenismo della Cei), ha voluto porre l’accento su come possa facilmente essere presente il pericolo «del sospetto verso l’altro. Mentre è necessario passare dal sospetto alla fiducia».    Il cardinale Giovanni Lajolo ha ricordato che spetta ai giovani il delicato compito di abbattere gli steccati, perché in loro troviamo riposte «le aspettative per il nostro futuro». Presenti, infatti, alla tavola rotonda anche le  testimonianze e le domande di alcuni studenti universitari che hanno dialogato, a fine convegno, con don Palaia, Laurent Basanese, professore della Pontificia Università Gregoriana e l’Imam Nader Akkad. Colpisce — fra tutte — la testimonianza del giovane  Domenico Chiorazzo — studente di Scienze Sociali — che, ricordando l’incontro del Pontefice con il Grande Imam di Al—Azhar del 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi, ha evidenziato quanto sia fondamentale «per crescere nell’incontro e dialogo fra le culture, per imparare a respirare un clima di dialogo fra le diverse civiltà che oggi abitiamo nella stessa città diventa importantissimo porre molti sforzi nel campo dell’educazione e quindi nell’università».

di Antonio Tarallo