· Città del Vaticano ·

Il vangelo della XXX Domenica del tempo ordinario (Matteo 22, 34-40)

Il paradosso della fede

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20 ottobre 2020

«Qual è il grande comandamento?». Il cuore della Toràh  è lo Shemà , che Gesù cita dal Deuteronomio (Deut  6, 4ss) e che ogni pio ebreo recita più volte al giorno; la risposta è scontata.

Ma Gesù va fuori dallo schema connettendo lo Shemà  con un altro precetto, preso dal Levitico (Lv  19, 18), e lo dichiara «simile a quello».
Che vuol dire? Sono analoghi? Si somigliano? Il termine, in questo caso, indica che sono di pari valore e il senso è: obbedire al primo è simile ad obbedire al secondo. Non si possono scindere.
Non si può separare l’amore verso Dio da quello verso il prossimo: è il paradosso della nostra fede che naviga sempre in equilibrio fra due estremi; Gesù opera l’ennesima de-assolutizzazione, connettendo due opposti.
Quanto è importante questo equilibrio!
C’è chi pretende di Amare Dio, curando per bene il rapporto con Lui ma dimenticando chi ha intorno; è la perdita del contesto, il proclamare Dio Padre ma poi non riconoscersi fratelli, l’assurda tentazione del liturgismo clericale, l’angelismo senza carne e senza relazioni orizzontali. Così la Chiesa diventa setta, piccola sezione del mondo dedicata a Dio e disinteressata al resto, e ben che vada si scivola nel teorico, nell’astratto, nell’esatto ma irreale.
Ma si può anche pretendere di amare il prossimo tagliando fuori l’invisibile, il verticale, restando in una sorta di positivismo vagamente ispirato al Vangelo, letto in chiave tutta terrena. Un amore razionale, organizzato orizzontalmente, senza Padre Celeste, senza Provvidenza, che obbedisce solo alla pianificazione. Piccolo quanto il nostro cervello.
Se nel primo caso scivoliamo nell’astrazione, nel secondo il nostro destino è la mediocrità, perché il bene fatto è svilito, privo di eternità, occasionale, evanescente. Non resta. E quindi non è amore. È solo buonismo.
La preghiera senza amore è falsa. L’amore senza preghiera è minuscolo. È importante sapersi inginocchiare davanti a Dio, ma è vitale sapersi inginocchiare anche davanti all’uomo. Non uno senza l’altro.

di Fabio Rosini