· Città del Vaticano ·

Il cardinale Ravasi e padre Sosa all’inaugurazione di un corso sul discernimento nella leadership organizzato dalla Compagnia di Gesù

Nessuno può affrontare da solo le sfide di oggi

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22 settembre 2020

«Le caratteristiche dell’orizzonte in cui entriamo non possono essere affrontate da una sola Chiesa singola, i cambi di paradigmi non possono essere risolti da una singola comunità. L’affrontare la cultura contemporanea deve essere un evento sinodale»: è quanto ha spiegato il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, intervenendo questa mattina alla lla prima sessione del corso in «Discerning leadership» presso la curia generalizia dei gesuiti a Roma. L’iniziativa intende combinare le migliori pratiche di direzione e di gestione contemporanea con le risorse della spiritualità cattolica.

Partendo da quattro episodi delle Sacre scritture — i 70 giudici-senatori di Mosè, il Concilio di Gerusalemme, le parole di san Paolo ai Corinzi e, infine, il Vangelo di Giovanni — per spiegare quanto il bisogno di sinodalità sia una tema che riguarda tutte le epoche, il porporato si è poi soffermato su alcuni temi che oggi «coinvolgono il nostro impegno». «L’atmosfera attuale che respiriamo presenta alcune caratteristiche che sono sempre più dominanti», ha indicato il porporato, evocando in particolare il secolarismo, la globalizzazione, la reazione alla globalizzazione, i localismi, i sovranismi, tutti «fenomeni epocali». «Pensiamo anche a cosa vuol dire il fenomeno dell’indifferenza etica — ha proseguito — a cosa significa per esempio non più la dominante dell’ateismo teorico, raffinato, ma quella dell’apateismo, una sorta di nebula nella quale tutti i valori sono dissolti». Altre sfide attuali per i cristiani sono la nuova rete della comunicazione, l’economia globale, il transumanesimo. «Viviamo in un’atmosfera del tutto inedita, con un cambiamento d’epoca, di fronte al quale le religioni si trovano tutte un po’ imbarazzate», ha commentato il cardinale Ravasi. In conclusione del suo discorso, il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura ha tenuto a sottolineare che «l’antropologia nostra attuale è sinodale per due ragioni». Da un lato conoscitiva: noi non conosciamo con un solo canale, ma con la filosofia, l’arte, la scienza… Dall’altro lato relazionale: l’uomo va verso l’alto, Dio, verso il basso, gli animali la terra, e orizzontalmente, in cammino con l’altro. «Insieme — ha esortato — dobbiamo inserirci nella piazza della modernità».

Ad introdurre il corso — al quale partecipano dirigenti delle istituzioni vaticane, superiori degli ordini religiosi femminili e maschili e leader laici cattolici — è stato il preposito generale dei gesuiti, padre Arturo Sosa Abascal, che si è espresso in particolare sul modo in cui esercitare una leadership di discernimento. Per diventare migliori, quelli che assumono ruoli di primo piano nella Chiesa o nella società civile sono chiamati «a partire dall’umiltà, ad essere autentici e ad imparare lo stile di leadership che, seguendo il modello che troviamo in Gesù di Nazaret, ci conduce a convertirci in servitori», capaci di «affrontare opzioni complesse con equanimità e attenti al grido dei poveri e degli abbandonati», ha affermato il padre gesuita, ritenendo che il mondo ha bisogno oggi di leader capaci di lavorare con gli altri, essendo «coscienti di avere una missione più grande di loro stessi, che non possono compiere da soli e che si dispongono a collaborare con altri per realizzarla nel miglior modo possibile». «Sappiamo — ha proseguito padre Sosa — che questo viaggio verso una maggiore umiltà e autenticità nel servizio è un lavoro che non finisce mai». Evocando la missione particolare della Chiesa, il preposito generale della Compagnia di Gesù ha spiegato che, a differenza del mondo dei guadagni e delle perdite, «il “bilancio finale” per noi non è mai chiaro, ordinato e definitivo». Il progresso di questa missione «non è facile da quantificare, in quanto cerca la conversione del cuore umano alla solidarietà, all’amore, alla compassione, al bene comune».

Nel suo discorso introduttivo padre Sosa ha individuato alcuni punti di riferimento e alcuni strumenti validi per dirigersi verso questa nuova leadership, sviluppati nel corso dei due millenni di storia della Chiesa: la dottrina sociale cattolica, la tradizione di preghiera e di contemplazione ma anche la spiritualità che porta al discernimento, un aspetto sul quale il religioso si è particolarmente soffermato. Ispirandosi all’esempio di sant’Ignazio di Loyola — ha detto — la cui conversione ha fatto nascere in lui una singolare capacità di «discernere gli spiriti che operano tanto dentro di lui come nel mondo in cui viveva», i dirigenti della Chiesa sono chiamati a sviluppare anche il loro senso di discernimento per servire e seguire Gesù e migliorare il servizio della Chiesa. Inoltre, ha ricordato padre Sosa, la passione cristiana — che sempre è stata anche una caratteristica del santo spagnolo — «è necessaria in questa epoca nella quale il cinismo ha guadagnato tanto terreno». Infine non è mancato nel discorso del preposito generale dei gesuiti un riferimento alla chiamata di Papa Franceso indirizzata a tutte le componenti della Chiesa ad una maggiore e più ricca sinodalità, condividendo i propri talenti e sogni, le proprie speranze ma anche paure e differenze.

Dal suo canto, il direttore del programma, padre David C. McCallum, ha sottolineato che Papa Francesco rappresenta un modello anche per i leader non religiosi, «proprio come alcuni dirigenti secolari possono essere un buon esempio per i dirigenti della Chiesa». «Mentre affrontiamo sfide da risolvere che vanno oltre la portata di una persona, gruppo o organizzazione, dobbiamo andare oltre l’epoca del visionario individuale o del “leader eroico”», commenta il gesuita. «Questi tempi — ha dichiarato padre McCallum — richiedono una leadership collettiva che lavori in modo collaborativo per discernere i percorsi da seguire. A livello individuale, il leader maturo è in grado di sostenere la complessità, comprendere come funzionano i sistemi, gestire le crisi in modo basato sui principi e apprendere e collaborare con diversi partner». Le persone con responsabilità di oggi non possono tirarsi indietro per paura dell’incertezza, ma «devono invece dimostrare uno spirito di curiosità, la volontà di innovare e sperimentare». Questa maturità di leadership richiede «che le persone abbiano umiltà e fiducia», una capacità di avvicinarsi all’esperienza della vita quotidiana, delle speranze e delle paure delle persone e di essere sufficientemente vulnerabili da sentirsi in empatia con loro. «E questa vulnerabilità — conclude il religioso — paradossalmente richiede coraggio, generosità e un attaccamento decrescente al proprio interesse personale. Vediamo queste qualità in Papa Francesco».

Il corso «Discerning leadership», della durata di una settimana fa parte di una serie di due moduli in spagnolo, il cui secondo modulo si terrà a dicembre. Quest’anno si terranno anche due moduli in inglese. Gli organizzatori intendono ampliare il programma per includere altre regioni, iniziando molto probabilmente in Asia, prima dell’Europa e dell’America. «In ogni regione — ha spiegato padre McCallum — lavoreremo con istituzioni e docenti locali che possono aiutarci a imparare come adattare culturalmente il programma, oltre a insegnarci la loro saggezza sulla leadership discernente».

di Charles de Pechpeyrou