· Città del Vaticano ·

Messa di suffragio presieduta dal cardinale Krajewski che ha testimoniato la vicinanza spirituale di Francesco a tutto il popolo di Como

Nell’abbraccio del Papa il ricordo di don Malgesini

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19 settembre 2020

C’erano i poveri della città di Como — carcerati, profughi, vittime della tratta e senza tetto, «i fratelli e le sorelle ai quali egli ha voluto più bene» ha affermato il vescovo Oscar Cantoni — sabato mattina, 19 settembre, in cattedrale per la messa di suffragio del loro padre e amico don Roberto Malgesini, ucciso martedì scorso mentre stava servendo gli “ultimi”.

Francesco, in unione spirituale con loro, e anche con l’intera comunità di Como, ha voluto essere spiritualmente presente alla concelebrazione — con il vescovo diocesano c’erano altri sei presuli e numerosi sacerdoti — attraverso il cardinale elemosiniere Konrad Krajewski che, dopo aver presieduto la messa, è andato a consegnare personalmente ai genitori di don Roberto — con il gesto di baciare le loro mani — una corona del rosario, dono del Pontefice. Altre coroncine sono state portate dal porporato per «il ragazzo sfortunato che è in carcere», per i poveri e i volontari vicini a don Roberto.

In particolare, alla messa era presente il popolo delle parrocchie di Regoledo di Cosio (dove don Roberto è nato), Gravedona, Lipomo (lì è stato vicario) e i rappresentanti della comunità Beato Giovanbattista Scalabrini dove ha esercitato il suo ministero pastorale. Le offerte raccolte durante il rito — ma anche all’uscita della cattedrale e nelle piazze (sono stati allestiti tre maxischermi nelle piazze Grimoldi, Verdi e Cavour) — saranno destinate alla carità del Papa e ai poveri della diocesi.

«Vi porto un saluto e un abbraccio fraterno da parte del Santo Padre. Lui sta con noi. Si unisce a noi nella preghiera» ha detto il cardinale Krajewski. «Appena è giunta la notizia in Vaticano della morte di don Roberto — ha affermato — il Santo Padre, nell’udienza generale di mercoledì scorso, ha ripreso le parole del vostro vescovo che sono uscite dal cuore del buon pastore e ha affermato: “Rendo lode a Dio della testimonianza, cioè del martirio di don Roberto, testimone della carità verso i più poveri”».

«Papa Francesco sta con noi e si unisce al dolore e alla preghiera dei familiari di don Roberto, bacia proprio le loro mani», ha fatto presente il cardinale elemosiniere. E «si unisce ai fedeli della sua parrocchia, ai fratelli bisognosi che ha servito con tutto il cuore fino all’ultima mattina, e a tutta la comunità comasca».

La vicinanza del Papa è stata profondamente sentita da tutti: «Don Roberto è morto, quindi vive. L’amore non muore mai, neppure con la morte. La pagina del Vangelo che noi sacerdoti spesso leggiamo e che don Roberto ci ricorda proprio oggi, la pagina che non si può strappare mai dal Vangelo, ci ricorda: “Non c’è amore più grande di questo, dare la vita per i suoi amici”. Non si può essere cristiani fino in fondo se questa pagina non è fatta nostra. Perché questo è capitato a don Roberto e non a me? Non lo so. Lui nella sua vita ha incorporato la preghiera di Gesù: “Padre nostro, sia la tua volontà non la mia, sia santificato il tuo nome, non il mio, venga il tuo regno, non il mio”. Questa pagina si riferisce in particolare a noi sacerdoti, che dobbiamo vivere il puro Vangelo, che dobbiamo diffondere la fragranza di Gesù dovunque andiamo. È proprio la preghiera del cardinal Newman che madre Teresa raccomandava alle sue sorelle che ogni giorno escono a servire i poveri per rappresentare Gesù stesso: “Caro Gesù, / aiutami a diffondere la Tua fragranza ovunque vada, / inonda la mia anima con il Tuo Spirito e la Tua Vita. / Penetra e possiedi tutto il mio essere, / così completamente che la mia vita / non sia che un riflesso luminoso della Tua. / Risplendi attraverso di me, e sii così presente in me, / che ogni anima con cui vengo a contatto sperimenti / la Tua presenza nella mia anima. Che alzino gli occhi e vedano non più me, ma Gesù soltanto! Rimani con me, / e allora comincerò a risplendere / come Tu risplendi; / risplendere in modo da essere luce per gli altri. / La luce, o Gesù, proverrà tutta da Te; / niente di essa sarà mia. / Sarai Tu a risplendere sugli altri attraverso di me. / Fa’ che, così, io ti lodi nel modo che più ami: / risplendendo di luce su coloro che sono attorno a me. / Fa’ che ti annunci senza predicare, / non a parole, ma con l’esempio, / con una forza che trascina, / con l’influenza benevola di ciò che faccio, / con la pienezza tangibile dell’amore / che il mio cuore porta per Te. Amen”».

Proprio questa preghiera rende ancor più eloquente la testimonianza del vescovo di Como, che ha tratteggiato il profilo di don Roberto chiamandolo «martire della carità e della misericordia». Il suo segreto, ha aggiunto, era «la presenza di Dio in lui». Una consatazione che monsignor Cantoni aveva espresso anche, venerdì 18, celebrando in forma privata le esequie di don Roberto a Regoledo di Cesio. Il paese della Valtellina dove il sacerdote ha «imparato» la fede. «Ordinato presbitero nel 1998 — ha ricordato il vescovo — don Roberto si è sentito chiamato a sviluppare un dono che si sarebbe chiarito progressivamente e che ha coltivato come “una vocazione nella vocazione”: quella di condividere, a tempo pieno, in città di Como, la vita dei più poveri, dei senza dimora, dei profughi».

Don Roberto, ha proseguito monsignor Cantoni, «ha scelto, col consenso e in comunione col vescovo, di prendersi cura degli ultimi, singolarmente presi, di accettare anche le loro fragilità, offrendo in cambio accoglienza piena e amorevolezza, con una delicata “attenzione d’amore” ai singoli, subito attratti dalla sua singolare disponibilità ad accogliere tutti con gratuità e senza giudizio».

Il vescovo di Como ha concluso con un vero mandato missionario: «A noi tutti il compito di proseguire con l’affabilità e la tenerezza di don Roberto nei confronti dei bisognosi, dei poveri in particolare, riconosciuti e accolti come la vera “carne di Cristo”. Una nuova primavera di grazie ci prepara il Signore attraverso il martirio di don Roberto: non sciupiamo questa straordinaria, immeritata occasione e ciascuno faccia la sua parte!».