· Città del Vaticano ·

In Mozambico un progetto della campagna «Dacci oggi il nostro pane quotidiano»

L’apicoltura per combattere fame e siccità

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12 settembre 2020

Le api volano incessantemente dentro e fuori il loro alveare nella foresta. Il loro andirivieni è frenetico. Devono produrre il miele per nutrirsi. Certamente non sanno che quello stesso miele può trasformarsi in una ricchezza anche per gli uomini, le donne, i bambini della Zambezia, nel Mozambico centrale. Un reddito che permetterà alle famiglie di affrontare meglio la siccità e le inondazioni provocate dai cambiamenti climatici che, negli ultimi anni, hanno ridotto le attività agricole e, soprattutto, impoverito gli abitanti dei distretti più poveri.

A scommettere sulle risorse prodotte dalle piccole api è un progetto messo in campo dalle ong Coordinamento delle organizzazioni per il servizio volontario, Cosv, e dal Centro laici per le missioni, Celim, (co-finanziato dall’Agenzia italiana per la cooperazione e lo sviluppo). Uno dei 62 progetti umanitari della campagna «Dacci oggi il nostro pane quotidiano», nata per iniziativa di Caritas italiana e Focsiv (Federazione delle ong cristiane) per aiutare le fasce di popolazione più vulnerabili e le persone più colpite dalle conseguenze della pandemia di covid-19.

La Zambezia è la seconda provincia del Mozambico e convive con un tasso di povertà pari al 55 per cento della popolazione e un’emergenza alimentare che tocca almeno 300.000 persone. Potenzialmente la regione sarebbe ricca. Dispone infatti di circa otto milioni di ettari coltivabili dei quali, però, solo il 18 per cento è attualmente utilizzato.

«L’intervento realizzato dalle ong — spiega Giulia Giavazzi di Celim, ong milanese — contribuisce alla valorizzazione di quest’area, con la promozione della diversificazione della produzione agricola e il rafforzamento della sicurezza alimentare nei distretti di Derre, Lugela, Namarroi e Gilé, favorendo nuove filiere agro-alimentari, sostenibili e resilienti. Infatti, la provincia della Zambezia è soggetta ciclicamente a forti calamità naturali che spazzano via interi raccolti lasciando le comunità residenti nelle zone rurali prive di cibo e fonti di reddito. Diversificare la produzione e introdurre nuove tecniche agricole climaticamente resilienti è diventato fondamentale per arginare gli effetti devastanti che le calamità naturali hanno sugli agricoltori. In questo contesto Celim ha deciso di investire sull’acquacoltura e di rafforzare la filiera produttiva del miele. È prevista inoltre la creazione di tre centri multiservizi forniti di trattori, motopompe, officina e negozio di attrezzi agricoli a servizio delle comunità per migliorare le tecniche agricole».

In Africa, l’apicoltura è ancora poco sviluppata. Anche se i presupposti per una crescita ci sono. Nel continente vive una specie di ape mellifera più aggressiva, ma anche più resistente, rispetto a quella europea. La maggior parte della popolazione, stimata in 310 milioni di colonie, è selvaggia e vive in cavità naturali, negli alberi o nel terreno. Recenti indagini sulla salute hanno indicato che le popolazioni di api africane godono di ottime condizioni. L’Africa potrebbe quindi trarre beneficio dagli errori commessi in Europa e Nord America, dove le popolazioni continuano a diminuire, prevenendo i problemi attraverso la protezione delle popolazioni di api. Prima che gli Stati stabiliscano regole e restrizioni, gli apicoltori svolgono un ruolo vitale. Possono aiutare a mantenere in salute le api africane e, da esse, i ricercatori e gli apicoltori possono imparare come conservare l’ape occidentale.

Attualmente in Mozambico la produzione è molto bassa (5 chilogrammi di miele per arnia) senza grandi differenze fra gli apicoltori. In base al numero di arnie ogni apicoltore è in grado di produrre fra i 40 e i 600 chili all’anno. Le potenzialità, però, ci sono. Nella provincia della Zambezia, il miele finora è stato prodotto con tecniche arcaiche ed è quindi di bassa qualità e difficilmente vendibile. A ciò si aggiunge il fatto che le nuove generazioni, che rappresentano oltre il 50 per cento della popolazione, non possiedono conoscenze adatte.

«L’apicoltura nel tempo è cambiata — osserva Semente, tecnico specializzato che collabora con Cosv e Celim — prima il miele veniva estratto nella foresta, con arnie fatte di corteccia e senza alcun strumento idoneo, usando semplicemente il fuoco per allontanare le api. Adesso c’è maggiore consapevolezza delle tecniche dell’apicoltura e delle potenzialità del miele come prodotto alimentare».

Il progetto prevede il rafforzamento dell’intera filiera produttiva: dalla formazione tecnica degli apicoltori, alla distribuzione di arnie e materiale apistico fino alla commercializzazione del prodotto con la costruzione di due centri per lavorare e filtrare il miele.

«Il progetto — continua Giulia Giavazzi — punta sullo sviluppo dell’apicoltura partendo dal basso e scommettendo sulla formazione e la crescita professionale dei contadini. Questo settore può offrire un contributo alla salvaguardia di una specie, l’ape, così fondamentale per l’ecosistema, ma può anche offrire un buon nutrimento, come il miele, e può rappresentare una buona fonte di entrate. La maggior parte del miele che si trova in Mozambico arriva dal Sud Africa e, dato il prezzo, è accessibile solo a una minoranza della popolazione che risiede nelle grandi città. La scommessa di Celim è di promuovere sul mercato locale un prodotto di qualità e accessibile a tutti (anche l’export ha grandi margini se consideriamo che il miele africano rappresenta solo lo 0,4 per cento del miele venduto nel mondo)».

Gli interventi si svolgeranno in gran parte nell’area del Monte Mabu, una delle ultime aree selvagge e incontaminate dell’Africa australe. Un’area scoperta, per caso, nel 2005 da uno scienziato britannico. Sono 70 chilometri quadrati di foresta pluviale di media altitudine, la più grande dell’Africa. Il paesaggio incantato è ricchissimo di specie animali e vegetali, tra cui alcune in pericolo di estinzione e altre mai catalogate. Tra queste, una nuova specie di camaleonte nano, un granchio di acqua dolce, pipistrelli, scorpioni e tre serpenti.

«È un ambiente ricco di biodiversità e incontaminato — conclude Giavazzi — il miele prodotto da api libere di volare in un habitat puro non può che essere di altissima qualità. Potrà così avere un buon riscontro sul mercato producendo benefici economici per tutta la comunità».

di Enrico Casale