In questi tempi di pandemia, molto spesso, attorno a noi riusciamo a vedere solo l’aridità delle nostre anime sofferenti dinanzi a una valle planetaria segnata dalla morte. Facciamo fatica a guardare avanti, specialmente per trovare cammini sicuri da percorrere, guide affidabili a cui ricorrere e orizzonti di speranza per sognare. Come direbbe il salmista, stiamo attraversando una valle di ombre e morte (cfr. Salmi, 23, 4).
La crisi ha accresciuto in noi, in modo inimmaginabile, la consapevolezza della nostra fragilità, e ora ci riconosciamo piccoli e deboli per ciò che stiamo vivendo. Ci sentiamo anche disorientati nel nostro anelito di vedere la vita tornare a essere quella di prima. Tuttavia, nel profondo del cuore, intuiamo che quel mondo si è dimostrato una costruzione fragile, che in realtà era più simile a un castello di carte conosciute di un mazzo che credevamo unico, che però è crollato al primo soffio di un virus microscopico.
Ci siamo resi conto di aver trascurato l’intima relazione esistente tra gli ecosistemi naturali ed economici della nostra casa comune. Ed è stato allora che il soffio della pandemia ha provocato la tempesta perfetta, che ha fatto sì che tutta quella fragile costruzione franasse, lasciando di fronte a noi solo distruzione, paura e morte.
Come curare il nostro mondo? Come ricostruire la nostra vita, le famiglie, le società e la nostra casa comune? Come riacquistare speranza? Dove cercare la forza per ripensare il futuro? Chi ci aiuterà a rendere nuove e migliori le fragili certezze che ci facevano sentire sicuri? Come immaginare un mondo veramente inclusivo fondato sull’ecologia integrale? Dove trovare la creatività e l’immaginazione per una nuova vita in comune? Come recuperare la nostra aspirazione a essere una nuova comunità mondiale di giustizia, pace, equità e amore? Possiamo nutrire la speranza che tutti questi interrogativi avranno risposta?
Viene allora subito in mente la visione simbolica, profetica e fiduciosa della ricostruzione della casa comune del popolo d’Israele che troviamo in Ezechiele, 35, 1-14. Vale la pena leggere il passaggio. «La mano del Signore fu sopra di me e il Signore mi portò fuori in spirito e mi depose nella pianura che era piena di ossa; mi fece passare tutt’intorno accanto ad esse. Vidi che erano in grandissima quantità sulla distesa della valle e tutte inaridite. Mi disse: “Figlio dell’uomo, potranno queste ossa rivivere?”. Io risposi: “Signore Dio, tu lo sai”. Egli mi replicò: “Profetizza su queste ossa e annunzia loro: ossa inaridite, udite la parola del Signore. Dice il Signore Dio a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete. Metterò su di voi i nervi e farò crescere su di voi la carne, su di voi stenderò la pelle e infonderò in voi lo spirito e rivivrete: Saprete che io sono il Signore”. Io profetizzai come mi era stato ordinato; mentre io profetizzavo, sentii un rumore e vidi un movimento fra le ossa, che si accostavano l’uno all’altro, ciascuno al suo corrispondente. Guardai ed ecco sopra di esse i nervi, la carne cresceva e la pelle le ricopriva, ma non c’era spirito in loro. Egli aggiunse: “Profetizza allo spirito, profetizza figlio dell’uomo e annunzia allo spirito: dice il Signore Dio: Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti, perché rivivano”. Io profetizzai come mi aveva comandato e lo spirito entrò in essi e ritornarono in vita e si alzarono in piedi; erano un esercito grande, sterminato. Mi disse: “Figlio dell'uomo, queste ossa sono tutta la gente d’Israele. Ecco, essi vanno dicendo: Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti. Perciò profetizza e annunzia loro: dice il Signore Dio: ecco, io apro i vostri sepolcri, vi risuscito dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nel paese d’Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi risusciterò dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nel vostro paese; saprete che io sono il Signore. L’ho detto e lo farò”. Oracolo del Signore Dio».
Tutti questi interrogativi si riassumono nella domanda che il Signore fa ad Ezechiele deposto nella valle di ossa inaridite: «Potranno queste ossa rivivere?». Il profeta è chiamato allora a utilizzare il linguaggio della speranza affinché lo aiuti a ricostruire, a partire da quella scena dantesca, una nuova umanità. Una nuova “casa d’Israele”, equivalente profetico e soteriologico di una “casa comune” ecumenicamente sana. Solo un rinnovato e potente vento dello Spirito produrrà il miracolo di una rigenerazione umana e comunitaria, ossia di una nuova umanità.
Dovrà essere un cammino di ricostruzione. In esso le ossa delle individualità dovranno riunirsi comunitariamente, i tendini della solidarietà dovranno sostenerle e la pelle che ricoprirà la carne nuova dovrà possedere una sensibilità che preferisce sentire il dolore altrui piuttosto che il proprio. Allora i quattro venti cardinali dello Spirito le dovranno conferire una spiritualità a 360 gradi, ossia un soffio penumatico planetario e comune. E la nuova casa comune planetaria, abitata da un’umanità nuova, richiederà a sua volta una spiritualità rinnovata. Una spiritualità basata sul soffio fresco e nuovo di Dio. Per questo è bene tornare al Salmo 23, guidati dal bastone del Signore, il grande e buon Pastore (cfr. Salmi, 23, 4). Lì ci attendono pascoli erbosi (v. 2) dove poter riposare e acque tranquille per recuperare le forze dopo la tempesta (vv. 2-3). Lì la bontà e l’amore saranno le nostre guide in una vita nuova (v. 6) e nella casa comune creata dal buon Pastore potremo vivere per sempre in pace e armonia integrale (v. 6). Così sia!
di Marcelo Figueroa