· Città del Vaticano ·

A un anno dalla morte pubblicato l’ultimo libro scritto dal teologo Giordano Frosini sul tema della divinizzazione

Al di là delle tentazioni

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05 settembre 2020

Pubblichiamo alcuni stralci della prefazione al libro di Giordano Frosini e Andrea Vaccaro, «Admirabile Commercium. La divinizzazione nei Padri della Chiesa» (Le Lettere Editrice, Firenze, 2020, pagine 364, euro 24).

Il 2 settembre dello scorso anno ha lasciato questa vita l’indimenticato e indimenticabile collega e amico Giordano Frosini. Ora è in quell’oltre, in cui credeva profondamente e in nome del quale ha esercitato il suo ministero teologico, con stile spesso ruvido e scostante, immediato e coinvolgente, che non gli impediva, anzi favoriva, la modalità raffinata e colta con cui affrontava le diverse problematiche teologiche, sociali, politiche e culturali del suo e del nostro tempo, sia nella ricerca come nella divulgazione. E proprio il tratto riservato del suo carattere gli consentiva di prendere le distanze da forme di devozione bigotte e moralistiche, spesso dominanti fra il clero e la gente che frequenta le sacrestie piuttosto che la chiesa. Una riserva escatologica che dovrebbe metterci in guardia dalle tentazioni del clericalismo (frequente anche in molti laici, politicamente corretti, a volte più che nel clero) e dal carrierismo. Rischi che il Nostro ha certamente evitato nel corso della sua esistenza terrena.

Abbiamo tra le mani uno dei lasciti della feconda produzione teologica del Frosini. Fino all’ultimo ha lavorato e scritto e l’inedito incompiuto che ora si pubblica testimonia la sua laboriosa passione speculativa ed educativa. La fatica è dedicata a una tematica rischiosa e allo stesso tempo affascinante della divinizzazione (“parola magica”), ma «dove aumenta il pericolo, cresce ciò che salva» (F. Hölderlin). La lettura consentirà a molti di imparare molto su un termine spesso utilizzato, anche dai teologi, senza adeguata documentazione e approfondimento. Allo scavo storico e storiografico si accompagna la riflessione teoretica, che attraversa tutto il libro e che qui non è il caso di riassumere. Mi limito pertanto a segnalare due motivi di cogente e rischiosa attualità, che un tema così vasto non manca di proporre alla fede in prima e alla teologia in seconda (se si vuole secondaria) battuta. Vorrei solo, inserendomi in qualcuno degli interstizi di questo saggio, introdurne la riflessione, come segno di gratitudine per l’invito rivoltomi a scriverne qualche riga di presentazione.

«Eritis sicut Deus» (Genesi, 3, 5) è la tentazione del serpente, che W. Goethe pone sulle labbra di Mefistofele: «Studiate pure, uomini, approfondite la scienza, divenite dotti e sarete come dei: conoscerete il bene e il male», e, allo studente che gli cita il versetto biblico: «Segui pure il detto antico del mio cugino serpente. Un giorno la tua somiglianza con Dio ti farà paura» (Faust i, 2048-2050). Il consiglio/tentazione segue l’invito a studiare la metafisica prima di qualunque cosa, per cercare di comprendere fino in fondo «quel che la mente umana non penetra»: «Per quel che vi entra e per quel che non vi entra c’è sempre pronto un bellissimo termine» (Faust i, 1947-1954). Ofiti post litteram, mentre abitiamo quel paradiso perduto, che ci pervade di nostalgia. La metafisica del serpente, che Nicolas Malebranche attribuiva ad Aristotele è alla base di quella “tentazione gnostica”, descritta da Giovanni Filoramo come desiderio di “diventare Dio”. In questo senso Papa Francesco coglie tutte le occasioni possibili per indurci a recitare il “non ci abbandonare nella tentazione”! rispetto al risveglio dello gnosticismo, che ai suoi occhi assume la forma dell’intellettualismo. In ogni caso il tema della divinizzazione è mistero metafisico, certo non in senso aristotelico, ma, come qui si mostra ampiamente, stoico e platonico, prima ancora che propriamente teologico. E il mistero ci rimanda all’“uno e tutto” presocratico e ad Empedocle con la leggenda della sua morte cantata dal poeta.

Ma il serpente ha due volti ed è protagonista di diverse vicende. Oltre quella della Genesi, che l’Apocalisse evoca, le antiche scritture attestano la figura del “serpente di bronzo” (Numeri, 21, 4-9), che nel suo affresco di palazzo vecchio il Bronzino, meno fedele al testo veterotestamentario rispetto a Michelangelo, ha intrecciato alla croce. E così la gnosi, se non intendiamo banalizzarla, si può dire in diversi modi. La scuola di Alessandria, qui efficacemente evocata, descrive la figura dell’autentico gnostico, che è il cristiano, proprio in quanto legge il proprio destino nella prospettiva della divinizzazione. Un luogo di Clemente (che parla di “gnosi divina”), che ritroviamo nel volume, risulta particolarmente suggestivo e significativo a questo proposito: «Questa è dunque l’attività del perfetto gnostico: essere vicino a Dio attraverso il gran sacerdote, assimilandosi per quanto si può al Signore mediante tutto il culto dedicato a Dio: esso ha per scopo la salvezza degli uomini, attraverso una sollecita benevolenza nei nostri riguardi, attraverso la sacra “liturgia” e l’insegnamento della dottrina e la pratica del bene. Anzi, oltre ad edificare e costruire sé stesso, lo gnostico forma anche chi lo ascolta assimilandosi a Dio, cioè cercando più che può di assimilare a Colui che è per natura senza passioni la sua vita che per effetto di ascesi si riduce ad assenza di passioni: e questo (ottiene) con l’unirsi e il convivere “con il Signore senza distrazioni” (1 Corinti, 7, 35)». Non si vede come questa vera gnosi possa confliggere con il magistero cattolico, che ci ricorda, per esempio nella Dei Filius del Vaticano i, che «l’uomo è creato per un fine soprannaturale».

Oriente e occidente sono chiamati entrambi a misurarsi nel dialogo che questo libro può suscitare, ove mancasse, e alimentarlo, ove già avviato, anche perché l’ultima volta che ho incontrato Giordano Frosini è stato l’11 febbraio del 2017, avendomi egli invitato ad un dibattito, organizzato dall’Istituto Maritain a Pistoia, cui ha partecipato come interlocutore il collega Lothar Vogel della Facoltà teologica valdese. Un’esperienza davvero stimolante e coinvolgente, che partiva dalla domanda se ormai si fosse raggiunta la pace fra cattolici e luterani, in seguito alla visita di Papa Francesco a Lund. Il Nostro seguì con grande attenzione la disputa e intervenne con arguzia e profonda intelligenza nel dibattito.

Il suo lascito non sarebbe vitale se consistesse solo in materiale cartaceo o informatico. Frosini ha lasciato soprattutto un gruppo di intellettuali e ormai adulti discepoli, che in modi necessariamente diversificati, ne proseguono il lavoro e ne mantengono viva la presenza, sempre e comunque con lo spirito critico che caratterizzava il maestro. Dobbiamo a uno di loro, il professore Andrea Vaccaro, la possibilità di leggere questo materiale e alla sua cura l’integrazione e l’ulteriore documentazione presente in queste pagine. La gratitudine, merce rara soprattutto negli ambienti accademici ed ecclesiastici, non può e non deve mancare in occasioni come questa. E speriamo abbia ad esprimersi anche con la lettura e lo studio di questo bel libro, con tutti i rischi che tale operazione comporta.

di Giuseppe Lorizio