· Città del Vaticano ·

A colloquio con il nuovo direttore Andrea Arcangeli

Per una sanità vaticana sempre più efficiente

Andrea Arcangeli
03 agosto 2020

Oltre duecentoventimila analisi di laboratorio, cinquantaduemila prestazioni di medicina interna e trentaduemila di specialistica in un anno. Sono solo alcuni dati dei servizi offerti dagli ambulatori della Direzione di sanità ed igiene dello Stato della Città del Vaticano. Una sanità snella, efficiente, che si occupa di tutti quanti vivono all’interno delle Mura leonine, oltre ai dipendenti e ai pensionati della Santa Sede. Una sanità che ha affrontato prontamente l’emergenza per la pandemia da covid-19 ed è preparata per una eventuale seconda ondata dell’infezione. Ne abbiamo parlato con il neo direttore, il professor Andrea Arcangeli, che il 1° agosto ha assunto l’incarico.

Lei opera in Vaticano dal 1999, qual è la caratteristica che contraddistingue la sanità all’interno di questa realtà?

La Direzione di sanità ed igiene si occupa della tutela e della salute dei residenti nella Città del Vaticano e di tutti i dipendenti della Santa Sede sia attivi, sia pensionati. La sua opera si attua attraverso un servizio che mette a disposizione degli assistiti sia un ambulatorio di medicina generale, aperto anche alle necessità urgenti, sia un poliambulatorio specialistico dove sono rappresentate le principali branche specialistiche. Inoltre, la Direzione è dotata di un servizio diagnostico di radiologia ed ecografia e di un laboratorio di analisi cliniche che permette l’esecuzione di tutti i principali esami. Oltre a questo, si occupa anche della gestione sanitaria degli eventi e delle udienze che si svolgono durante l’anno, sia in presenza del Papa, sia in altre occasioni. Ci sono alcuni raduni e incontri, in cui le persone coinvolte sono migliaia, come le udienze del mercoledì. Tutte le emergenze mediche che si verificano in piazza San Pietro vengono gestite dalla nostra Direzione che opera con medici e infermieri che dispongono di attrezzature di soccorso e ambulanze.

Come medico rianimatore ha fatto parte dell’équipe che ha curato Giovanni Paolo II dal febbraio all’aprile 2005. Cosa l’ha colpita di più in quei giorni dell’agonia e della morte del Pontefice?

Lo abbiamo seguito sia durante il ricovero al Policlinico Gemelli, sia nel periodo di permanenza nell’appartamento papale fino all’ultimo giorno in cui spirò. Ciò che mi è rimasto più impresso in quelle ore in cui fui a stretto contatto con lui, sono state la serenità con cui affrontò la malattia e la fiducia che aveva nei nostri confronti. Forse la cosa che ricordo meglio avvenne una notte in cui ero di turno: le suore che lo assistevano gli stavano leggendo un testo in polacco. Io non conoscendo la lingua non capivo. A un certo punto, le religiose pronunciarono dei termini scientifici che fui in grado di comprendere e mi resi conto che gli stavano leggendo qualche testo sulla fecondazione artificiale, argomento allora molto dibattuto. Mi accorsi così che anche in quel momento di malattia, Giovanni Paolo II continuava a svolgere efficacemente il suo ruolo di guida della Chiesa. A quel tempo ero medico rianimatore. E fino a un anno fa prestavo la mia attività nel Policlinico Gemelli come responsabile dell’unità operativa di Terapia intensiva post-operatoria.

Come nuovo direttore di sanità ed igiene in Vaticano quale realtà si trova a gestire? Può offrirci qualche dato?

La nostra attività si esplica in diversi settori. Posso fornire alcune cifre relative allo scorso anno. La struttura dispone di un organico composto da 33 persone impegnate nell’ambito sanitario non medico quali: infermieri, biologi, tecnici di radiologia e di laboratorio. Inoltre, la Direzione si avvale della collaborazione di circa 90 medici suddivisi tra internisti e specialisti nelle principali specialità. Il nostro ambulatorio lo scorso anno ha fornito 52.000 prestazioni di medicina interna e oltre 32.000 di medicina specialistica. Il numero degli esami di laboratorio è stato di oltre 220.000 analisi. Sono stati eseguiti anche 5.000 esami diagnostici con più di 3.000 ecografie di vario tipo. Senza dimenticare le oltre 35.000 prestazioni infermieristiche. Un servizio iniziato circa 4-5 anni fa per volere di Papa Francesco è rappresentato dall’assistenza presso l’eliporto del Vaticano. Il Papa ha inteso mettere a disposizione l’eliporto a beneficio dell’ospedale Bambino Gesù, che è molto vicino al Vaticano. Ogni volta che arriva un elicottero offriamo assistenza sanitaria al piccolo paziente. Durante l’anno ci sono circa 80-100 atterraggi di bambini che sono diretti al nosocomio pediatrico. Grazie a questa attività, gli accessi al pronto soccorso del Bambino Gesù sono nettamente aumentati. La Direzione offre anche il servizio di sicurezza e salute sul lavoro con oltre 5.000 prestazioni effettuate in un anno. Senza dimenticare il nuovo servizio di fisioterapia che viene fornito nell’ambulatorio da poco aperto e che conta un fisiatra e tre fisioterapisti.

Quali sono state le misure adottate durante l’emergenza sanitaria a causa del covid-19?

Le autorità del Vaticano, in particolare la Segreteria di Stato, all’inizio della pandemia mi hanno nominato commissario speciale. In prima persona, quindi, con la collaborazione di tutta la Direzione, mi sono occupato della gestione dell’emergenza. Posso dire che per quanto riguarda il nostro settore, nelle fasi più acute della pandemia, marzo-aprile, abbiamo sospeso, come avvenuto negli altri Paesi, tutta l’attività ambulatoriale di routine e ci siamo dedicati ai servizi di urgenza. Abbiamo predisposto un percorso dedicato all’ingresso della Direzione per differenziare gli eventuali pazienti con sospetto di infezione covid-19, in modo da minimizzare la possibilità di diffusione del contagio. A tale scopo abbiamo anche adibito a questa specifica funzione un ambulatorio medico mobile, un camper che di solito si utilizza in occasione degli eventi con grandi afflussi di persone. Lo abbiamo usato per gestire i pazienti con sospetta malattia che presentavano uno stato febbrile o sintomi riconducibili all’infezione. Quando necessario abbiamo anche eseguito tamponi rino-faringei che abbiamo poi indirizzato al Policlinico Gemelli e all’ospedale Bambino Gesù. L’attività ambulatoriale è rimasta sospesa fino a metà maggio ed è poi ripresa con criteri diversi, cioè con appuntamenti più diradati per evitare eccessivi affollamenti nelle sale di aspetto. A questo scopo, abbiamo organizzato un’area di attesa all’esterno della Direzione, al fine di poter rispettare le norme sul distanziamento. Per fortuna non abbiamo osservato molti pazienti affetti da covid-19. Uno è stato un paziente venuto per effettuare la visita di assunzione, è il nostro primo caso. Siamo venuti successivamente a conoscenza che era affetto da covid-19 e abbiamo messo in atto tutte le misure di profilassi per chi era venuto a contatto con lui. Ci sono stati anche altri casi tra i dipendenti, ma sono stati gestiti negli ospedali e nei servizi territoriali italiani. Quando ci sono stati casi di positività abbiamo fatto analisi e tappeto. In questi giorni, stiamo facendo un’analisi sierologica alla ricerca degli anticorpi specifici a tutto il personale che si trova a diretto contatto con il pubblico, come gendarmi, guardie svizzere pontificie, addetti al magazzino del Governatorato e all’Annona e dipendenti dei Musei Vaticani. Per ora l’indagine ha dato esiti soddisfacenti, in quanto nessuno è risultato portatore di anticorpi.

La Città del Vaticano è pronta per affrontare dal punto di vista medico una eventuale recrudescenza del virus?

Certamente, come tutti i servizi sanitari siamo sicuramente più preparati a un’eventuale seconda ondata pandemica possibile per i mesi autunnali, con la speranza che non si verifichi. Prima di tutto le conoscenze della malattia sono migliorate e quindi tutti i medici sono più preparati. Inoltre, sono state individuate terapie più efficaci. Noi ovviamente siamo in grado di affrontare pazienti con sospetto di infezione. Abbiamo degli ospedali di riferimento, come il Policlinico Gemelli, dove inviare i pazienti, poiché non essendo un ospedale, ci limitiamo ad individuare i sospetti e poi li affidiamo alle autorità sanitarie italiane.

Come si diventa medici del Vaticano? Bisogna esserlo a tempo pieno o si può esercitare la professione anche all’esterno?

La politica della direzione è quella di avere dei medici che operano anche all’esterno. Questo ci permette di avere dei professionisti che hanno un’esperienza consolidata e ciò ci permette di mantenere alto il livello qualitativo delle prestazioni. Tutti i medici del Vaticano svolgono quindi un’attività esterna e la condividono con noi. Molti lavorano negli ospedali, altri nei servizi territoriali e durante le ore libere dai turni prestano la loro opera anche qui.

Prima parlava di sicurezza sul lavoro. Quali controlli effettuate?

Si tratta di un servizio che prestiamo attraverso un’entità autonoma composta da tecnici e specialisti delle materie antinfortunistiche. A coordinare la struttura c’è l’architetto Pier Paolo Di Mattia, che si occupa di tutto quanto riguarda le norme antinfortunistiche negli uffici e nei laboratori del Vaticano. Insieme con i vigili del fuoco predispongono i controlli sul rispetto delle norme e l’adeguatezza dei piani antincendio e di smaltimento dei rifiuti speciali. Durante la pandemia da covid-19 questo servizio si è occupato di recarsi nei vari luoghi di lavoro per la verifica del rispetto dei protocolli indicati dalle autorità vaticane, il tutto nell’ottica della prevenzione del contagio.

di Nicola Gori