· Città del Vaticano ·

Effetti musicali

Un oggetto impalpabile e potente

Hydria attica di Phintias che ritrae lezioni di musica nell’antichità
14 luglio 2020

Il bisogno costante di una melodia


Quand’è che la musica ha avuto inizio? E perché? Per capire l’importanza di questa strana abitudine dell’uomo ad organizzare i suoni in maniera piacevole, occorrerebbe dare risposta a queste domande. Molti studiosi ci hanno provato e molti, ancora oggi, vanno a caccia di documenti, suggestioni, tracce capaci di sciogliere questo mistero.

I ritrovamenti di antichi frammenti di strumenti musicali, come quelli rinvenuti nella Germania sud-occidentale, a Geissenklosterle, e in Slovenia, a Divje Babe, risalenti a circa 40.000 anni fa, ci suggeriscono come già gli uomini di Neanderthal e i primi Homo Sapiens facessero musica. Lo strumento che i ricercatori si sono trovati tra le mani scavando in questi siti archeologici è un flauto. In avorio nel caso di Geissenklosterle; ricavato dal femore di un orso in quello di Divje Babe.

Altri ritrovamenti hanno portato alla luce frammenti di xilofoni, costruiti con lamine di selce. I nostri antenati è probabile costruissero anche strumenti in legno o con materiali più facili da lavorare ma più sensibili all’usura del tempo, per questo non abbiamo reperti di quei periodi storici che possano dimostrarlo.

Con ogni probabilità, però, non fu il flauto il primo strumento musicale utilizzato dall’uomo. La musica ha avuto inizio, quasi certamente, con il canto, il più intimo degli strumenti. E l’uomo si è scoperto, in maniera naturale e innata, compositore. Ha sentito cioè l’esigenza di mettere in ordine i suoni, di organizzarli in melodie, di riempire le parole di ritmi e altezze, di modulare la propria voce in maniera diversa dal semplice parlare.

Perché lo ha fatto? Quale necessità lo ha mosso in questa direzione? Perché la comparsa della musica è tra le primissime scoperte dell’uomo, quando ancora combatteva ogni giorno per la sussistenza? Fosse stata un’attività non necessaria, sarebbe nata più tardi, dopo aver risposto all’urgenza quotidiana dell’aver salva la vita.

«Per quanto rudimentale possa essere, questo canto permea tutta la vita dell’uomo primitivo. Comunica la sua poesia, diverte nel riposo e nelle occupazioni pacifiche, esalta e distende; conduce in una trance ipnotica quelli che curano i malati e lottano per l’affermazione e per la vita in un magico incantesimo, risveglia i muscoli dei danzatori quando stanno per cedere, inebria i combattenti e porta le donne all’estasi». Seguendo la parole del grande musicologo Curt Sachs, possiamo capire come la musica permei, fin da subito, vari ambiti della vita dell’uomo primitivo. Non era una semplice colonna sonora, era qualcosa di più, che accompagnava i momenti più importanti e delicati della sua vita.

Per capire questo aspetto fondamentale, vale la pena chiederci quali siano state le prime forme di composizione musicale. Ovvero, per quali occasioni l’uomo codificava canti e melodie? Non si tratta di composizioni scritte sul pentagramma — i primi rudimentali sistemi di notazione musicale arriveranno solo intorno al VII secolo prima di Cristo — ma di creazioni guidate dall’istinto e dalla consuetudine. Né si può parlare di arte, se per arte intendiamo un processo creativo “cosciente”.

Ancor oggi, il bambino ha il suo primo contatto diretto con la musica grazie alla ninna nanna. Le mamme sono state senza dubbio tra i primi compositori che la storia dell’uomo abbia conosciuto. Si sono accorte ben presto che, attraverso la capacità di modulare il tono della propria voce, potevano entrare in un contatto più profondo con il loro piccolo. Nello specifico, la ninna nanna, aveva la funzione di rasserenare e addormentare il bimbo. Costruite su melodie semplici e ripetitive, sono sempre accompagnate dal contatto fisico, dal lento cullare dell’abbraccio materno al ritmo di un canto sussurrato che scioglie ogni tensione. In questo caso la musica rafforza il legame relazionale tra madre e figlio, infonde serenità attraverso il surplus emotivo che, unita al contatto fisico, è in grado di fornire. L’invenzione melodica, in questo caso, entra in gioco in uno degli ambiti più delicati dell’esperienza umana: quello della vita nascente.

Gli uomini primitivi, dal canto loro, mentre le donne si scoprivano creatrici di ninna nanne, avevano il compito, fondamentale, di andare a caccia. Quest’attività, per nulla priva di pericoli, avveniva in gruppo e i cacciatori utilizzavano il canto in varie occasioni. Danze e canti, ritmicamente impetuosi, servivano a infondere coraggio, sconfiggere la paura e impressionare le prede cha avrebbero conquistato. Servivano anche per comunicare tra loro messaggi particolari, qualora si fossero trovati distanti gli uni dagli altri. Messaggi di allerta e di avvenuta conquista della preda.

Capita anche oggi, soprattutto in ambiente sportivo, di vedere questo utilizzo del canto. Quando ad esempio, a inizio partita, la squadra si riunisce e scandisce con forza il proprio motto o quando, come accade per gli All Blacks, la nazionale di rugby neozelandese, si organizzano vere e proprio antiche danze rituali per infondere coraggio e impressionare l’avversario.

Ancora, questo tipo di composizioni musicali, le ritroviamo nei corpi militari dove la musica serve a creare senso di appartenenza e ad esaltare il valore e la forza del proprio esercito. Anche in questo caso, la musica entra in gioco in uno dei momenti più delicati della vita di un uomo: quando, cioè, serve per esorcizzare la paura della morte e infondere quel coraggio necessario ad affrontare un’azione potenzialmente rischiosa.

Le comunità primitive, inoltre, avevano un rapporto diretto con la divinità. Ben delimitato era lo spazio del sacro, per propiziare, per ringraziare, per supplicare. Per dialogare con le divinità l’uomo crea danze e canti rituali. Questi avevano la funzione di gettare un ponte verso il sovrannaturale, creare un momento propizio di contatto tra l’uomo e Dio. Servivano ad offrire sacrifici, ad ingraziarsi gli dei, ad attribuire valore sacro agli eventi che colpivano i singoli e la comunità. Anche in questo caso, la musica entrava da protagonista in uno degli ambiti più importanti della vita sociale, quello del rapporto con il sacro, quasi fosse la chiave per entrare in contatto con ciò che è invisibile agli occhi.

Questi aspetti ci permettono di dire che la musica, fin dalle sue origini, ha avuto a che fare con i momenti più profondi e importanti della vita dell’uomo: la nascita di una vita, la paura della morte e il rapporto con la divinità. Ai nostri occhi contemporanei la musica appare come sottofondo, intrattenimento, svago, esercizio intellettuale. Nella sua natura misteriosa è molto altro, un oggetto misterioso ed impalpabile che accompagna le domande più importanti della vita.

di Cristian Carrara