· Città del Vaticano ·

Nemmeno le torture fermarono la missione del gesuita Francesco Giuseppe Bressani

Un italiano fra gli Uroni

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04 luglio 2020

Gli italiani hanno lasciato spesso tracce del loro passaggio attraverso le pieghe della grande storia del mondo. Una l’ha sicuramente lasciata Francesco Giuseppe Bressani, nato a Roma il 6 maggio del 1612. Entrato nella Compagnia di Gesù il 15 agosto 1626, all’età di quattordici anni, dopo aver studiato a Roma (1626-1630), Bressani insegnò per tre anni letteratura, filosofia e matematica a Sezze e a Tivoli (1630-1633), per poi rientrare a Roma per i primi tre anni di teologia (1633-1636). Quasi tutti i gesuiti però avevano il sacro fuoco della missione e anche Bressani non sfuggì a tale richiamo. Manifestata la sua volontà di farsi missionario, nel 1636 riuscì a farsi mandare a Parigi, nel collegio di Clermont, per prepararsi all’attività missionaria nelle colonie francesi del Canada.

L’occasione si palesò finalmente nel 1642. Dopo un breve soggiorno a Dieppe, nel 1642 raggiunse finalmente la Nuova Francia. Il vascello approdò nella rada di Québec nel mese di luglio lasciando in terra canadese un uomo pieno di fervore missionario che nei seguenti due anni si calò nella realtà dei coloni francesi di Québec, in vista della sua prima spedizione tra i nativi. Il gesuita imparò la lingua algonchina e nel 1644 partì alla volta della piccola località di Trois-Rivières, ma sul fiume San Lorenzo, nella Georgian Bay, le canoe guidate dai sei indiani Huron e da un ragazzo francese si rovesciarono costringendo la piccola spedizione a un attracco fortunoso. A poche miglia da Fort Richelieu, padre Bressani e i suoi compagni furono attaccati e catturati da una banda di Irochesi, nemici acerrimi degli Huron, e vennero condotti da un villaggio all’altro della Nuova Olanda (l’attuale stato di New York). I continui trasferimenti si alternarono alle torture: a ogni tappa Bressani veniva infatti issato su una specie di palco e lì sottoposto, tra le altre cose, all’amputazione delle dita. La salvezza arrivò insperata grazie all’intervento degli olandesi, alleati commerciali di questa potente nazione pellerossa: padre Bressani venne riscattato da questi ultimi per pochi wampum (conchiglie equivalenti alla moneta). Terminato il calvario di quattro mesi, riuscì a inviare un drammatico resoconto della sua esperienza e ancora oggi è possibile leggere la sua relazione inviata dalla Nuova Olanda in data 3 luglio 1644.

Una volta libero, il missionario tornò in Francia per ristabilirsi dalle numerose ferite ma non perse tempo. Raggiunto il 15 novembre 1644 il porto di La Rochelle in Francia, ripartì di nuovo per il Canada per tornare tra i suoi Huron, trovandoli in uno stato di generale euforia guerriera, fomentata dall’abile strategia delle potenze inglesi e francesi sul suolo americano. Egli intuì il grave pericolo a cui si sottoponeva per la missione continuando però con coraggio l’opera di conversione religiosa.

Padre Bressani riprese il lavoro missionario tra gli Uroni nella regione dei grandi laghi nell’autunno del 1645. Raggiunta l’Uronia (sulle coste della Georgian Bay), avviò la predicazione e le sue cicatrici lo aiutarono a farsi accettare benevolmente presso i nativi. Egli visse in questo lembo di terra bellissima, coperta da foreste secolari e attraversata da innumerevoli torrenti e fiumi, fino alla primavera del 1648. La quotidiana realtà del padre gesuita era rappresentata dalla drammatica lotta per la sopravvivenza in una terra affascinante ma crudele. Il sacerdote romano fondò nuove missioni e cercò in tutti i modi di ottenere gli aiuti da Québec per i suoi Huron, continuamente attaccati dalle tribù delle nazioni confinanti.

Durante gli otto anni in cui rimase nei territori del Nord America, Bressani compì però anche importanti rilevazioni geografiche e di mappatura della regione. Fu il primo europeo a descrivere con dovizia di particolari le cascate del Niagara. Il gesuita approfondì le sue conoscenze astronomiche e le possibilità di osservazioni offerte dalle fredde notti invernali della regione, utilizzando un cannocchiale per l’analisi delle fasi lunari.

Nel 1648 i continui e sanguinosi attacchi da parte degli Irochesi portarono a gravi massacri e alla graduale decimazione della nazione Huron. Il missionario cercò di ottenere aiuto dai funzionari francesi, ma senza ottenere grandi risultati. Designato a guidare una delegazione di nativi fino ai territori coloniali francesi, si trovò ad affrontare nuovamente un attacco degli Irochesi ma questa volta il gruppo, guidato dal coraggio disperato del gesuita, uscì vittorioso dallo scontro e arrivò salvo a destinazione. Ferito con tre frecce alla testa, sull’isola di Saint Joseph, padre Bressani trovò in seguito rifugio con i superstiti della nazione Huron nella città di Québec nell’estate del 1650. Nel novembre dello stesso anno, lasciò definitivamente l’America per rientrare in Francia e quindi in Italia, nel 1651. Bressani si dedicò alla predicazione e all’apostolato, guadagnandosi fama diffusa come predicatore, a Firenze, Bologna, Modena e Roma, mostrando le mani mutilate a prova della propria fede. A Macerata, nel 1653, pubblicò il racconto delle sue esperienze missionarie nella Breve relatione d’alcune missioni de’ PP. della Compagnia di Giesù nella Nuova Francia.

Ritiratosi infine nel collegio di Firenze, vi morì il 9 settembre del 1672 ma sulla scia del suo fervore missionario altri gesuiti proseguiranno l’avventurosa avanzata verso l’interno del continente americano. Nell’Ottocento l’opera di Francesco Giuseppe Bressani fu riscoperta e tradotta in francese (Montréal, 1852; Parigi, 1853) e in inglese (Cleveland, 1899).

di Generoso D’Agnese