· Città del Vaticano ·

Risposte dell’arcivescovo di Milano ai “perché” dei cristiani disorientati dopo la crisi sanitaria

La sapienza che viene dall’alto

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15 luglio 2020

Si intitola Infonda Dio sapienza nel cuore. Si può evitare di essere stolti la proposta pastorale di monsignor Mario Delpini, arcivescovo di Milano, pubblicata in vista dell’anno pastorale 2020-2021 che inizierà ufficialmente il prossimo 8 settembre, festa della Natività della Beata Vergine Maria. Il testo, introdotto da un passo del «Memoriale ai milanesi» di san Carlo Borromeo e da un brano del discorso rivolto il 20 giugno scorso da Papa Francesco a medici, infermieri e operatori sanitari della Lombardia, contiene anche la prima delle quattro lettere alla Chiesa ambrosiana per il nuovo anno pastorale, che verrà diffusa l’8 settembre, mentre le altre tre usciranno all’inizio dell’Avvento, della Quaresima e del tempo di Pentecoste. Pubblichiamo un breve stralcio della proposta pastorale.

Nei momenti in cui il male si accanisce sulla vita di una persona o di un popolo, sorgono domande che assumono toni drammatici. Nei tempi dell’epidemia, quando il pericolo è imminente per tutti e ogni comunità, forse anche ogni casa, è visitata dalla malattia e dalla morte, le domande diventano pubbliche, ripetute, esasperate. Certo si raccolgono anche domande che rivelano una resistenza di fronte all’angoscia, intesa come una debolezza. Chi si sente forte, chi si ritiene al riparo dalla minaccia immediata si domanda: che cosa si può fare e che cosa non si può fare? Quando finirà? Che cosa comporta quello che sta succedendo per le attività ordinarie, la scuola, l’economia, le vacanze, la vita della comunità cristiana? Sono domande giuste, legittime, doverose anche. Ma hanno il tratto delle “domande facili”, anche se le risposte non sempre sono tanto semplici. Dall’abisso dell’angoscia, del pericolo estremo, dello strazio che trafigge l’anima sorgono invece grida più scomposte, meno decifrabili, e forse persino indisponibili a diventare discorso e a ricevere luce dalla sapienza. Sono domande che si possono definire “teologiche”: perché succede questo? Perché Dio non lo impedisce? Che cosa fa Dio in questa situazione? Perché Dio non ci ascolta?

Se si devono trovare parole per esprimere questi stati d’animo, si devono anche trovare cristiani che sanno ascoltare queste domande, cristiani, non solo teologi e preti, ma anche genitori, anche catechiste e catechisti. Si devono trovare cristiani che offrono anche risposte più cristiane dei luoghi comuni o dell’invito ad arrendersi al mistero.

Quali sarebbero le risposte cristiane? In primo luogo, a proposito di Dio, i cristiani si dichiarano incapaci di rispondere. Anche quelli che hanno letto tutti i libri, anche quelli che hanno insegnato tutta la teologia, anche quelli che hanno scritto intere biblioteche si onorano di rispondere confessando la loro incapacità, riconoscendosi nelle parole di Giovanni, “il teologo”: «Dio, nessuno lo ha mai visto» (Giovanni, 1, 18). In secondo luogo, i cristiani continuano a professare quello che ha scritto Giovanni, “il teologo”: «Il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato» (Giovanni, 1, 18). Perciò i cristiani, quando pensano a Dio, quando devono rispondere alle domande su Dio, non sanno dire altro che quello che il Figlio, Gesù, ha rivelato di Dio. Entrando quindi nelle domande che sorgono nel tempo dell’angoscia e della desolazione, i cristiani rispondono contemplando Gesù e seguendo Gesù e pregando come ha pregato Gesù. A loro è dato di vivere quanto hanno confidato i discepoli: «Il Verbo si fece carne [...] e noi abbiamo contemplato la sua gloria» (Giovanni, 1, 14). Dio si è manifestato nella carne di Gesù, la fragilità che ha subito il tradimento e la violenza, e in questo ha rivelato la gloria di Dio, cioè l’invincibile amore. L’onnipotenza di Dio si è rivelata non nel mandare dodici legioni di angeli a sbaragliare le potenze ostili che innalzavano sulla croce il Figlio, non nel prodigio preteso come sfida da coloro che provocavano Gesù a mostrare la sua regalità scendendo dalla croce. L’onnipotenza di Dio si è rivelata in Gesù che proprio nel consegnare la sua vita alla violenza ingiusta ha portato a compimento il suo amore, il più grande, quello che dà la vita per i suoi amici.

A chi mi chiede «Dov’è Dio in questo momento drammatico?», io rispondo: Dio è lì, nell’amore invincibile di Gesù, che continua ad amare anche quando è odiato. A chi mi chiede «Che cosa fa Dio per noi adesso che siamo malati e minacciati di morte?», io rispondo: Dio continua a fare per noi quello che ha fatto per Gesù, dona lo Spirito santo perché questa situazione diventi per noi che l’attraversiamo occasione per vivere, amare, morire come Gesù. Per questa via entriamo nella vita, la vita vera, la vita eterna, la vita di Dio. A chi mi chiede «Perché Dio non mi ascolta?», io rispondo: Dio ascolta sempre, Dio continua a mandare lo Spirito santo per renderci partecipi della vita di Gesù, la vita del Figlio di Dio. «E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò» (Giovanni, 14, 13). A chi mi chiede «Perché è capitato questo male? Di chi è la colpa?», io rispondo che non lo so. Il male è un enigma incomprensibile, non so da dove venga. So per certo che non è voluto da Dio.

Le vicende drammatiche che attraversiamo hanno forse predisposto un numero maggiore di uomini e donne ad affrontare domande inconsuete, a invocare risposte capaci di orientare un comportamento, a desiderare un dialogo senza preclusione di tempi e di culture per lasciarsi istruire a proposito della vita, niente di meno che la vita. Per chi è così predisposto è possibile condividere l’entusiasmo dello scriba che cerca la sapienza: «Egli ricerca la sapienza di tutti gli antichi e si dedica allo studio delle profezie. Conserva i detti degli uomini famosi e penetra le sottigliezze delle parabole, ricerca il senso recondito dei proverbi e si occupa degli enigmi delle parabole. Svolge il suo compito fra i grandi, lo si vede tra i capi, viaggia in terre di popoli stranieri, sperimentando il bene e il male in mezzo agli uomini» (Siracide, 39, 1-4).

La proposta pastorale dell’anno 2020-2021 suggerisce di mettersi alla scuola dell’anno liturgico e di lasciarsi condurre dalla celebrazione dei santi misteri a vivere la comunione con Gesù che lo Spirito santo rende possibile a coloro che lo ricevono e sono figli nel Figlio. L’esperienza drammatica dell’epidemia ha sconvolto le forme del vivere, del lavorare, del celebrare, del soffrire e del morire, del fare festa e del prendersi cura. Ha sconvolto la vita. Le fasi successive avviano le occupazioni e le manifestazioni ordinarie: saranno a poco a poco “come prima” o la vita sarà diversa? Saremo diversi? Non ho risposta. Propongo di cercare insieme, di invocare insieme «la sapienza che siede accanto a Dio in trono» (Sapienza, 9, 4), «la sapienza che viene dall’alto» (Giudici, 3, 17). Con questa intenzione propongo di vivere l’anno pastorale come un percorso sapienziale: attraversiamo i tempi con le nostre domande, con l’attenzione a cercare il senso e il criterio della vita ordinaria, delle sue pratiche, delle possibilità di bene e delle tentazioni del male. La vita ordinaria per certi aspetti è ripetitiva e prevedibile, è però anche sorprendente, sconcertante, angosciante. La sapienza che viene dall’alto è quell’attitudine ad affrontare il prevedibile e l’imprevisto, la sorpresa meravigliosa o l’irrompere dello spavento con l’animo del credente, con la condivisione della visione cristiana della vita che ci rende popolo, dentro una storia, in cammino verso il compimento.

di Mario Delpini