· Città del Vaticano ·

Identità tra patriarca e angelo

Marte Sonnet, «Un homme lutta avec lui»(1999, collezione privata)
15 luglio 2020

«E Giacobbe rimase da solo» (Genesi 32, 25). Giacobbe credeva di essere da solo. Un altro invece stava là, nascosto nell’ombra, vicino all’acqua. Un altro che si rivelò essere «suo altro», suo gemello, che lottò con lui nell’oscurità e l’elemento liquido del seno materno, un altro che più ancora si rivelò essere l’Altro, il Suo Altro, con il quale si era misurato vita natural durante: il Potente di Giacobbe che smembrò e ricompose il suo essere nello spazio di una notte.

L’opera di Marte Sonnet Un homme lutta avec lui è centrata sulla sorpresa iniziale, dove l’assalitore è totalmente altro, terrificante, informe e innominabile, più nero della notte. L’aggressore di Giacobbe gli salta addosso al punto di essere sospeso nello spazio aggrappato al corpo dell’uomo come una belva sulla sua preda. L’essere notturno gli impiglia i fianchi e, a quanto pare, gli afferra anche il sesso, all’altezza della coscia. La potenza del patriarca è superata da quella dell’Altro. Se Giacobbe ha la gamba piegata, è in una dolorosa contrazione? E perché l’Altro lo afferra al tallone, lui che aveva afferrato il tallone di suo fratello alla nascita?

«Un uomo lottò con lui» (Genesi 32, 25): un altro, dalla forma umana. Nel momento iniziale che Marte Sonnet scruta, solo Giacobbe ha una forma umana; il suo assalitore al momento è informe, talmente lo spavento del patriarca è grande. Chi si sofferma sull’opera scopre tuttavia che essa produce nella percezione quel che la scena racconta nel dramma: la messa in luce dell’essere di Giacobbe. L’essere notturno, nella sua opacità, valorizza l’identità di Giacobbe nel suo essere corporale, la sua venuta a se stesso e al nome che egli riceve, Israel, «egli lotta con Dio».

«Un uomo lottò con lui fino all’alzarsi dell’alba». Se si presta attenzione ai tratti di luce che illuminano il corpo di Giacobbe, lo spettatore vive una sorpresa: scopre che in realtà l’opera percorre tutta la notte di combattimento, dalla sorpresa iniziale nello spavento della notte al giorno nascente che “dipinge” un nuovo Giacobbe. «Il sole si alzava quando passò Penuel» (v. 32). Il paradosso è grande: la scena spesso viene descritta come il combattimento di Giacobbe con l’angelo. Nell’opera di Marte Sonnet è Giacobbe che diviene l’angelo, l’essere di luce. Sul suo torso illuminato si disegnano delle ali al punto che uno crede di vederlo contemporaneamente di fronte e di spalle. Non ci voleva nulla di meno per esprimere la radicalità dell’esperienza dello Iabbok.

Attraverso la sua opera scolpita e dipinta, Marte Sonnet ha sempre esplorato i limiti della figurazione umana. Che cosa fa in modo che una forma esprima una persona, la singolarità di un corpo, la presenza di uno sguardo? Mantenendosi su questo confine, interroga anche il gesto dell’artista e il rischio che prende per creare. All’apice della sua creazione egli si trova in effetti senza appoggio, qualunque sia il suo mestiere, qualunque sia la sua arte. Egli è sempre a un momento dove la propria maestria si tramuta in non maestria, uguale a quella di Giacobbe quando l’altro lo afferra.

di Jean-Pierre Sonnet