· Città del Vaticano ·

Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale - Commissione vaticana covid-19

Congelare la produzione e il commercio di armi

A member of the Ukrainian State Border Guard Service wearing a protective mask is seen at the ...
07 luglio 2020

A quarantott’ore dal nuovo appello di Papa Francesco per un cessate-il-fuoco globale, il cardinale prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale e due membri della Commissione vaticana covid-19 hanno incontrato i giornalisti nella mattina di martedì 7 luglio, nella Sala stampa della Santa Sede. «Preparare il futuro, costruire la pace al tempo del covid-19» è stato il tema degli interventi (che pubblichiamo integralmente) del porporato, della religiosa delle Figlie di Maria ausiliatrice, che insegna Economia politica alla Pontificia facoltà di Scienze dell’educazione Auxilium e coordina la task force per l’economia della Commissione, e dell’officiale del Dicastero che coordina la task force per la sicurezza.

Come tutti sappiamo, stiamo affrontando una delle peggiori crisi umanitarie dalla seconda guerra mondiale. Mentre il mondo adotta misure di emergenza per affrontare una pandemia globale e una recessione economica globale, entrambe sostenute da un’emergenza climatica globale, dobbiamo anche considerare le implicazioni per la pace di queste crisi interconnesse. La Commissione covid-19 del Vaticano, in particolare attraverso le task force per la sicurezza e per l’economia, ha analizzato alcune di queste implicazioni. Permettetemi di evidenziare i seguenti punti.

Mentre oggi si destinano somme senza precedenti alle spese militari (compresi i più grandi programmi di modernizzazione nucleare), i malati, i poveri, gli emarginati e le vittime dei conflitti sono colpiti in modo sproporzionato dalla crisi attuale. Finora, le crisi interconnesse (sanitaria, socio-economica ed ecologica) stanno allargando il divario non solo tra ricchi e poveri, ma anche tra le zone di pace, di prosperità e di giustizia ambientale e le zone di conflitto, di privazione e di devastazione ecologica.

Non ci può essere guarigione senza pace. La riduzione dei conflitti è l’unica possibilità di ridurre le ingiustizie e le disuguaglianze. La violenza armata, i conflitti e la povertà sono infatti collegati in un ciclo che impedisce la pace, favorisce le violazioni dei diritti umani e ostacola lo sviluppo.

Personalmente, accolgo con favore la recente approvazione da parte del Consiglio di sicurezza dell’Onu di un cessate-il-fuoco globale. Non possiamo combattere la pandemia se ci combattiamo o ci stiamo preparando a combattere l’uno contro l’altro. Accolgo inoltre con favore l’approvazione, da parte di 170 Paesi, dell’appello delle Nazioni Unite a mettere a tacere le armi! Ma una cosa è chiamare o approvare una dichiarazione di cessate-il-fuoco, un’altra cosa è metterla in pratica. Per farlo, dobbiamo congelare la produzione e il commercio di armi.

Le attuali crisi interconnesse di cui ho parlato (sanitaria, socio-economica ed ecologica) dimostrano l’urgente necessità di una globalizzazione della solidarietà che rifletta la nostra interdipendenza globale. Negli ultimi due decenni, la stabilità e la sicurezza internazionale si sono deteriorate. Sembra che l’amicizia politica e la concordia internazionale cessino sempre più di essere il bene supremo che le nazioni desiderano e per il quale sono pronte a impegnarsi. Purtroppo, invece di essere uniti per il bene comune contro una minaccia comune che non conosce confini, molti leader stanno approfondendo le divisioni internazionali e interne. In questo senso, la pandemia, attraverso morti e complicazioni sanitarie, recessione economica e conflitti, rappresenta la tempesta perfetta! Abbiamo bisogno di una leadership globale che possa ricostruire legami di unità, rifiutando al contempo il capro espiatorio, la recriminazione reciproca, il nazionalismo sciovinista, l’isolazionismo e altre forme di egoismo. Come ha detto Papa Francesco lo scorso novembre a Nagasaki, dobbiamo «rompere il clima di sfiducia» e prevenire «l’erosione del multilateralismo». Nell’interesse della costruzione di una pace sostenibile, dobbiamo promuovere una «cultura dell’incontro» in cui uomini e donne si scoprano l’un l’altro come membri di una stessa famiglia umana, condividano lo stesso credo. Solidarietà. Fiducia. Incontro. Bene comune. Non-violenza. Noi crediamo che questi siano i fondamenti della sicurezza umana.

La Chiesa sostiene con forza i progetti di costruzione della pace che sono essenziali per le comunità in conflitto e post-conflitto per rispondere al covid-19. Senza il controllo delle armi, è impossibile garantire la sicurezza. Senza sicurezza, le risposte alla pandemia non sono complete.

La pandemia dovuta al covid-19, la recessione economica e il cambiamento climatico rendono sempre più chiara la necessità di dare priorità alla pace positiva rispetto a concetti ristretti di sicurezza nazionale. San Giovanni XXIII segnalò già oltre cinquant’anni fa la necessità di questa trasformazione ridefinendo la pace in termini di riconoscimento, rispetto, salvaguardia e promozione dei diritti della persona umana (Pacem in terris, 139). Ora più che mai è giunto il momento che le nazioni del mondo passino dalla sicurezza nazionale con mezzi militari alla sicurezza umana come preoccupazione primaria della politica e delle relazioni internazionali. Ora è il momento che la comunità internazionale e la Chiesa sviluppino piani audaci e fantasiosi per un’azione collettiva commisurata alla portata di questa crisi. Ora è il momento di costruire un mondo che rifletta meglio un approccio veramente integrale alla pace, allo sviluppo umano e all’ecologia.

di Peter Kodwo Appiah Turkson