· Città del Vaticano ·

Vizi e virtù dell’America in «Pioggia» di William Somerset Maugham

Tra ipocrisia e redenzione

Rita Hayworth in una scena dal film «Pioggia» diretto da Curtis Bernhardt nel 1953
06 giugno 2020

Nel 1920 lo scrittore inglese William Somerset Maugham fu chiamato a Hollywood per scrivere copioni dei film muti. Gli studios erano già molto ricchi e si potevano permettere di arruolare romanzieri europei o americani di grande fama e di grande cachet. Maugham, dal canto suo, pur ricevendo somme importanti e avendo all’attivo due successi che avrebbero venduto milioni di copie per decenni, Schiavo d’amore del 1915 e La luna e sei soldi del 1919, non riuscì a trovare la marcia giusta per la nuova arte. Tra le colline e le piscine della California, quindi, si rimise a lavorare ai suoi racconti in vista di una raccolta che avrebbe dato alle stampe l’anno successivo. Una sera, tra le palme e i bungalow moreschi dell’Hollywood Hotel, in cui alloggiava, gli si avvicinò un altro aspirante scrittore, John Colton, chiedendogli qualche consiglio di lettura poiché non aveva portato libri con sé. Maugham gli passò il manoscritto di un suo racconto intitolato Miss Thompson, che era stato costantemente rifiutato dalle riviste letterarie dell’epoca. Il mattino dopo Colton arrivò a colazione in un evidente stato di agitazione e chiese a Maugham il permesso di adattare il racconto per il teatro. Non credendoci più di tanto, lo scrittore cedette gratuitamente i diritti, chiedendo la metà degli eventuali introiti.

Inaspettatamente, nel giro di poche settimane tutto cambia: il racconto viene pubblicato nella rivista «The Smart Set», che aveva annoverato tra i collaboratori Theodore Dreiser ed Ezra Pound e la storia di Sadie Thompson, questa americana «dai facili costumi» che tenta di rifarsi una vita nei Mari del Sud, si trasforma in un attimo in una delle più longeve leggende della cultura del Novecento. Lo spettacolo teatrale — che da solo frutterà a Maugham più di un milione di dollari — rimase in scena per centinaia di repliche fino a quasi tutto il 1924 e il racconto, ribattezzato Pioggia, è uno dei testi che più immediatamente richiama il mondo di Maugham fatto di tropici, coppie in crisi, belle donne e marinai. Non solo: sebbene Maugham non si appassionò mai alla scrittura cinematografica, fu il cinema ad appassionarsi a lui. È l’autore con il maggior numero di testi trasformati in film di tutta la storia della letteratura, seguìto da presso solo dallo Sherlock Holmes di Conan Doyle, quest’ultimo con 93 adattamenti, Maugham con la cifra tonda di 100.

E Pioggia si prende una fetta importante di quei cento adattamenti, poiché è stato trasformato in film ben tre volte, nel 1928, nel 1932 e nel 1953. Il teatro non è da meno: oltre all’enorme successo degli anni Venti, lo spettacolo è stato ripreso varie volte e poi riscritto in musical nel 1944 e un’altra volta nel 2015. Nel 1997 diventa un’opera lirica del compositore americano Richard Owen, e poi fumetti, dipinti, balletto, satire e sketch hanno pescato a piene mani nel personaggio di Sadie e nella sua storia per anni. Questo interesse incessante merita uno sguardo in più. Secondo lo studioso Edward Gagey (Il teatro in America 1900-1950) il teatro negli anni Venti era il luogo in cui i cittadini si ritrovavano per affrontare temi scottanti della contemporaneità, compito che di lì a poco sarebbe stato assunto dalla radio e molto dopo dalla televisione. E questo dramma in particolare, avrebbe segnato il momento «necessario» in cui la figura dell’infallibile e severo pastore protestante veniva messa «finalmente» in dubbio.

È proprio una figura di questo tipo, infatti, ad affiancare Sadie nel racconto e nei vari adattamenti: i due si ritrovano bloccati nella stessa pensioncina trasandata di Pago Pago, nelle Samoa Americane, a causa di una epidemia di morbillo che mette in quarantena la nave che li dovrebbe portare nel proseguimento del loro viaggio. Ma il reverendo Davidson ben presto rivela che questa epidemia che li obbliga a un isolamento ha una controparte morale, l’epidemia di peccato che Sadie, cantante di locali notturni a Honolulu, probabilmente con un passato da meretrice, potrebbe spargere nelle isole che lui sta cristianizzando. Sotto una pioggia incessante, un po’ punizione divina un po’ emblema delle forze inarrestabili della natura, il reverendo inizia una guerra personale contro la bella americana (che al cinema sarebbe stata impersonata da Gloria Swanson, Joan Crawford e Rita Hayworth), desiderosa semplicemente di un nuovo inizio, quel new start così tipico della cultura americana, quel «domani è un altro giorno» che nel decennio successivo sarebbe diventato la bandiera della resilienza di Rossella O’Hara in Via col vento.

Sadie incontra un militare di stanza alle Samoa, che si innamora di lei e la vuole portare con sé in Australia, ma Davidson la tampina, la sfida e la tortura con un gusto che rasenta il sadismo, finché la donna si convince di dover espiare i suoi peccati precedenti tornando negli Stati Uniti, dove la aspettano tre anni di carcere. Quando tutto sembra risolto, e la donna accetta quello che secondo il reverendo è il suo destino, quest’ultimo viene colto da un impeto di incontrollato desiderio e tenta di possederla. Le cronache raccontano della prima a Broadway in cui il pubblico si alzò e fece il tifo per Sadie come in uno stadio. Fatto sta, che per un secolo il pubblico americano, e non solo, si è innamorato di questa figura di indomita vitalità che contrasta l’ipocrisia del reverendo. Come se Maugham avesse scritto un abbozzo, registi, sceneggiatori e autori successivi hanno di volta in volta rielaborato gli elementi di base di Pioggia: una sfida a due sullo sfondo di un mondo tropicale in cui la natura si esprime in modo esuberante. Il marine con cui Sadie decide, nell’happy ending, di salpare verso il Nuovissimo Mondo, come un tempo veniva definita l’Australia, nel racconto originale non c’è. La sua presenza dal teatro ai film successivi fornisce un paradigma che la cultura popolare apprezza sempre, ovvero il legame romantico, che Maugham, invece, non aveva inserito nel suo libro, notevolmente più aspro e cinico, nel raccontare l’estrema solitudine di una donna in capo al mondo.

E se Maugham l’aveva descritta come una ventisettenne «bella in un modo abbastanza volgare», il cinema l’ha reinventata grazie ad alcune tra le dive più belle del Novecento, con Rita Hayworth che resta nell’immaginario collettivo come la più famosa personificazione di Sadie. Ma a Maugham, tendenzialmente agnostico sebbene di famiglia cattolica (padre irlandese e madre francese) interessava meno esaltare il fascino della protagonista, quanto invece attaccare l’ipocrisia di un missionario protestante in lotta contro il peccato degli altri ma incapace di vedere il proprio.

di Alessandro Clericuzio