Elfriede Gaeng costruisce in Sidera Addere Caelo (Lanciano, Carabba editore, 2020, pagine 200, euro 16) un romanzo complesso per l’intreccio incalzante, avvincente e scorrevolissimo per il lettore. Una vicenda ambientata ai giorni nostri che però chiede di immergersi continuamente in quello splendore che fu Roma tra la fine del XV e inizi del XVI secolo, quando la città eterna vide un concentrato di artisti geniali di cui l’antesignano fu Raffaello, insieme a Bramante, Michelangelo, Sebastiano del Piombo, Baldassarre Peruzzi e tanti altri. La vicenda: in occasione dello svolgimento a Roma dei mondiali di calcio nel 1990 viene chiusa momentaneamente l’Accademia di San Luca. Questo luogo è il cuore del romanzo, insieme ai personaggi che vi gravitano: Ugo Zardi, segretario, uomo ambizioso e cinico, teso a fare carriera, Taddeo Dal Monte, custode dell’Accademia e fine conoscitore del prezioso patrimonio custodito nel palazzo Carpegna, Federica Santangelo, una biologa amica dall’infanzia di Zardi, Lora Altieri, storica dell’arte di vasta cultura e dotata di sensibilità e sensitività fuori dal comune. C’è anche l’anziano presidente dell’Accademia, Claudio Guerrera, che sta per cessare il lavoro e che ha mantenuto, negli anni, l’abitudine di scrivere un diario quotidiano. Questi suoi diari si riveleranno di enorme importanza per tanti colpi di scena, svelamenti e illuminazioni che, molti anni dopo, nel 2015, vedranno un aperto scioglimento delle vicende. Saranno nel frattempo entrati in scena Luca Zardi, figlio di Ugo, e Phillys White, una giovane americana giunta a Roma per uno studio sulle opere di Raffaello. Impossibile dire di più per non togliere al lettore il gusto di una lettura trascinante, un intreccio originalissimo che mescola suspence, fantasy, un po’ di thriller. Immergersi in questa storia significa anche e soprattutto percorrere in lungo e in largo le piazze, le strade, le dimore del centro storico di Roma e i Palazzi vaticani, immergersi in quell’età d’oro per Roma, grazie al mecenatismo dei Papi, al loro amore per la bellezza e per l’arte. Senza di loro il mondo sarebbe stato privo di quella fioritura che fu il Rinascimento romano che col divino Raffaello raggiunse il culmine. L’urbinate e la sua arte inimitabile aleggiano fin dall’inizio sulla vicenda narrata e hanno un ruolo inimmaginabile e centrale. Il romanzo di Elfriede Gaeng è anche il risultato di un lavoro di studio certosino dell’epoca e dei dipinti di Raffaello, l’autrice mostra capacità di immergersi nel tempo e, con una soluzione imprevedibile, di legare quel tempo a oggi.
di Giulia Alberico