· Città del Vaticano ·

Frontiere Teologiche

Porto i miei studenti negli slum degli Intoccabili

Suor Shalini Mulackal durante una manfestazione (foto da lei fornita)
27 giugno 2020

Suor Shalini Mulackal, presidente del Centro di studi Dalit


L’India delle persone più povere, la prospettiva delle donne, l’apertura ad una teologia che abbia prima di tutto uno sguardo su chi viene quotidianamente dimenticato. La vocazione di suor Shalini Mulackal, prima donna a presiedere l’associazione nazionale dei teologi indiani, nasce sul confine tra la riflessione e l’azione, tra l’accademia e la vita quotidiana. Ed è tutta nell’immagine con cui racconta l’esperienza fatta con i suoi studenti di teologia, durante la visita agli slum: dalla cima di una collina guardano la povertà incarnata nella terribile lotta per il cibo tra animali e umani. E’ questa la frontiera in cui ogni giorno opera questa donna che vive il suo essere parte della Chiesa con una attenzione specifica alle minoranze del suo Paese.

Sono nata in una famiglia cattolica in Kerala appartenente al rito siro-malabarese, una delle tre Chiese rituali in India. Terza di dieci figli, cinque femmine e cinque maschi. Uno dei miei fratelli è sacerdote nell’eparchia/diocesi di Ujjain. Sono cresciuta in una famiglia unita, insieme ai nonni paterni. Mio nonno era un uomo pio e orientato alla spiritualità. Ogni sera guidava le preghiere in famiglia. Andava regolarmente a messa, e quando non poteva, recitava a casa le preghiere dell’Eucaristia. Ricordo che da bambina mi svegliavo presto e sentivo i miei nonni recitare il Rosario.

Mia madre aveva una profonda fede in Dio e una devozione per la Vergine Maria. Ha fatto in modo che tutti i suoi figli crescessero in questa fede. Durante l’Avvento e la Quaresima ci incoraggiava ad andare a messa tutti i giorni. Osservava il digiuno e l’astinenza il mercoledì e il sabato oltre che nel tempo di Avvento e di Quaresima. A noi figli ha inculcato i valori, specialmente quelli della verità e dell’onestà. È stata l’educazione ricevuta a darmi la gentilezza e la compassione per i poveri e i sofferenti. A 15 anni il mio obiettivo era diventare medico per servire i bisognosi e i sofferenti. Non avevo alcun desiderio di sposarmi e avere una famiglia. Ma non volevo nemmeno entrare in convento e farmi suora.

Sin da adolescente avevo una certa concezione della vita religiosa e ritenevo che molte religiose non vivessero conformemente alla loro vocazione. Avevo stretti contatti con alcune religiose, specialmente durante gli studi pre-universitari, e la loro vita e i loro valori non mi impressionavano affatto.

Era il disegno di Dio che scegliessi la vita religiosa così da avere più opportunità di servire i bisognosi. Quando conobbi il carisma e la missione della Congregazione della Presentazione della Beata Vergine Maria fondata dalla venerabile Nano Nagle fui certa di trovarmi nel posto giusto.

Primo presidente donna dei teologi. Sono membro dell’Associazione teologica Indiana (Ita) e ne sono stata il primo presidente donna dal 2014 al 2017. Pur essendo numerose le religiose che hanno svolto studi teologici fino a conseguire il dottorato, tante di loro non sono presenti nella scena pubblica. Quando vengono loro affidate responsabilità in seno al loro ordine, poche continuano a svolgere attività accademiche serie, a tenere conferenze, lezioni, scrivere articoli di ricerca... Tra i membri dell’Ita c’è qualche religiosa, ma poche partecipano regolarmente all’incontro e al seminario annuale. Pertanto, i contributi dalla prospettiva femminile o femminista sono scarsi nel nostro paese. Sono pochissime le donne laiche che hanno ricevuto una formazione teologica.

Essere femminista. Una femminista è colei che è consapevole della situazione oppressiva in cui vivono le donne e che fa qualcosa per cambiarla. È stato mentre prendevo la licenza in Teologia che mi sono resa conto del posto secondario che hanno le donne nella società indiana e delle atrocità compiute nei confronti delle ragazzine e delle donne. La maggior parte degli uomini e delle donne in India hanno interiorizzato i valori patriarcali e quindi hanno “normalizzato” l’oppressione e la sottomissione delle donne nella società e anche nella Chiesa. Attraverso il mio insegnamento e i miei scritti continuo a suscitare questa consapevolezza, specialmente tra quanti stanno stu diando per diventare sacerdoti e anche tra le religiose.

Le ricerche sulle cattoliche dalit. Attualmente sono presidente del Centro di studi dalit (Cds) a Nuova Delhi. Il Centro ha funzionato molto bene fino alla morte del suo fondatore e primo direttore James Massey, pochi anni fa. Stiamo cercando di riprendere le attività, ma sono tanti gli ostacoli da affrontare. I Dalit sono coloro che un tempo erano detti gli intoccabili della società di caste indiana e sono circa 200 milioni. Ancora oggi la loro situazione è tragica. Vengono discriminati a ogni livello. Alcuni anni fa, Rohit Vemula, studente di Hyderabad, si è suicidato e nel biglietto che ha lasciato ha detto che la sua nascita era il suo destino. Il suo unico sbaglio era di essere nato Dalit. C’è stato un tempo in cui i Dalit si convertivano numerosi al cristianesimo. Poiché il cristianesimo non crede nel sistema delle caste e offre rispetto e dignità a ogni essere umano, era naturale che alcuni Dalit si convertissero al cristianesimo. Devo però ammettere che nemmeno i cristiani in India si sono liberati pienamente dalla mentalità delle caste e che in alcuni luoghi si fa sentire ai Dalit di appartenere a una categoria secondaria.

Ho fatto ricerche sulle donne cattoliche di origine Dalit nel distretto di Thiruvallur, nel Tamil Nadu. Ho studiato le loro pratiche religioso-culturali dalla prospettiva dell’empowerment. Accanto alle pratiche religiose cattoliche, compiono anche rituali culturali come celebrare le prime mestruazioni di una ragazza, la prima gravidanza, la vedovanza e così via. Alcuni di questi rituali aiutano la donna ad avere consapevolezza positiva del proprio corpo e contribuiscono a darle sicurezza di sé. Poiché come Dalit vengono private della loro dignità umana, c’è un forte desiderio di acquisire rispetto di sé. E per far questo, anche se la maggior parte di loro è povera, amano celebrare rituali spendendo tanti soldi presi in prestito.

Il Centro di studi Dalit sotto la guida del dottor James Massey intraprese il progetto di scrivere commenti biblici su tutti i libri della Bibbia, una serie di venti volumi che è stata completata. Io ho contribuito con due volumi (il volume 6 e il 20). Questa Dalit BibleCommentary è la prima del suo genere in India. Il fine era di leggere la Bibbia dalla prospettiva della realtà Dalit e di trovare modi per dar loro potere. Così mentre scrivevo il commento ai tre libri di Rut, Ester e Giuditta mi sono concentrata sulle donne Dalit e la loro situazione. Ho posto l’enfasi sull’azione delle donne Dalit, poiché si parla di tre donne bibliche che prendono l’iniziativa per salvare il loro popolo.

Con gli studenti negli slum. Il Vidyjyoti College of Theology, dove insegno dal 1999, dà importanza alla teologia contestuale. Il primo corso degli studenti del primo anno si chiama «Introduzione alla teologia e analisi socio-culturale». L’ho tenuto sin dall’inizio. All’interno, proponiamo ai nostri studenti programmi di contatto diretto a Delhi. Finora non abbiamo vissuto negli slum, ma ho condotto gli studenti negli slum di Delhi, specialmente tra le persone che si guadagnano da vivere nella discarica. Ci arrampichiamo sulla struttura a forma di collina, che non è altro che un mucchio di rifiuti. Quando arriviamo in cima, la cosa che colpisce di più è vedere animali e esseri umani che lottano e combattono per prendere tutto ciò che riescono ad afferrare quando il nuovo carico di rifiuti viene riversato dai camion. È una visione terribile. L’odore che sale dai rifiuti è insopportabile. Tuttavia si vedono uomini, donne e perfino bambini che restano tutto il giorno in quel luogo per guadagnarsi da vivere. Visitiamo anche alcune delle loro case situate ai piedi di quella collina. Non ci sono parole per descrivere la miseria nella quale vivono. L’esperienza lascia negli studenti un’impressione profonda della sofferenza dei poveri nel nostro paese. E questo diventa il punto di riferimento per la nostra riflessione teologica. Li porto anche a JantarMantar, un luogo, a Delhi, dove le persone si possono recare e protestare contro i diversi torti subiti. Gli studenti interagiscono con quelle persone, che possono rimanere lì anche settimane e mesi a esigere i loro legittimi diritti dal governo.

di Shalini Mulackal con Francesca Lozito