· Città del Vaticano ·

Un incontro (a distanza) con gli artisti che hanno scritto a Francesco organizzato dall’assocazione Arte e Spiritualità di Concesio

La grazia della creatività

Una scena del film «Nell’anno del Signore» di Luigi Magni (1969)
02 giugno 2020

«Tutto è iniziato quando mia suocera, dopo aver seguito la messa di quel lunedì su Tv2000, mi ha chiamato avvertendomi del fatto che Papa Francesco avesse pregato per tutti gli artisti». L’attore e regista Sergio Rubini rompe il silenzio di «Lettere d’arte – Dal Papa agli artisti, dagli artisti al Papa», la videoconferenza di venerdì 29 maggio, organizzata dall’associazione Arte e Spiritualità, che cura il museo d’arte moderna, la Collezione Paolo VI, di Concesio. Rubini, davanti a circa centocinquanta spettatori virtuali, svela, dunque, il particolare retroscena da cui quella che definisce «sinergia comunicativa e umana» tra loro, artisti, e Papa Francesco è nata.

«In un momento difficilissimo, a causa dell’emergenza sanitaria, pure per il mondo dello spettacolo e della cultura in generale, nei cui confronti nessun altro, fino a quel momento, aveva speso una parola, il Papa — prosegue Rubini — ha pregato per noi» («Preghiamo oggi per gli artisti, che hanno questa capacità di creatività molto grande, e per mezzo della strada della bellezza ci indicano la strada da seguire. Che il Signore ci dia a tutti la grazia della creatività in questo momento», ha detto il pontefice il 27 aprile scorso durante la liturgia mattutina a Santa Marta).

«E così, emozionati e commossi — continua Rubini — io, il produttore Marco Balsamo, il gruppo d’artisti qui presente e tanti altri amici ci siamo detti che, il Papa, avremmo dovuto assolutamente ringraziarlo».

Dopo qualche battuta ironica che non lascia indifferente la platea on line («Sei ingrassato in quarantena», chiosa uno degli artisti; mentre l’altro risponde: «Anche tu»), confermano la versione lo scrittore Sandro Veronesi, il fratello regista e sceneggiatore Giovanni e il pittore e scultore Mimmo Paladino, presenti, come Rubini, all’appuntamento web. Dalla piattaforma digitale, i quattro importanti protagonisti del panorama culturale contemporaneo raccontano cosa hanno provato ascoltando le parole del Papa e tengono anche a leggere il testo che, subito dopo, hanno deciso di indirizzargli.

Il 29 aprile scorso, infatti, sulle pagine del «Corriere della Sera», è apparsa la lettera di ringraziamento a Francesco, a firma di Sandro Veronesi che s’è fatto portavoce di ventisei altri artisti, e a cui Mimmo Paladino ha allegato l’omaggio di un ritratto rappresentativo di un Cristo in croce.

«Ne è nato — ha scritto nella lettera l’autore de Il colibrì — un gran subbuglio, caro Francesco, perché i miei amici artisti hanno desiderato fin da subito farti toccare la loro gratitudine, e sono per lo più attori, commedianti, parecchio sanguigni e inclini alla teatralità ma anche, purtroppo, quasi tutti pazzi, ignoranti, arruffoni, sfacciati, litigiosi, insolenti, maleducati, viziosi, incapaci di comunicare degnamente un proprio stato d’animo se non per il tramite di un grande poeta che metta loro in bocca, una a una, le parole. Allora diventano delicati, immensi, sublimi (…) La tua preghiera di lunedì, così semplice, così universale, autorizza a credere che anche tutti gli altri artisti del mondo siano in questo momento colmi di riconoscenza nei tuoi confronti (...). E non solo: sempre per il tramite dei miei amici, sono a rappresentarti la riconoscenza anche dei loro amici invisibili, i comprimari, gli assistenti, i tecnici, i lavoratori in genere che danno il loro necessario contributo affinché gli artisti possano indicare, come tu hai detto, la strada per la bellezza».

Poi, ancora, qualche giorno dopo, il 7 maggio, s’è avuta l’ulteriore risposta del Papa («Gli artisti ci fanno capire cosa è la bellezza, e senza il bello il Vangelo non si può capire»), con annessa benedizione agli artisti.

«A me la preghiera del Papa ha ispirato coraggio — dice Sandro Veronesi nel corso dell’incontro online — Nel rispondergli, nello scrivere la lettera di ringraziamento, ho chiuso gli occhi e ho immaginato un film, magari di Luigi Magni, ambientato nel Settecento, con una ciurma di artisti non eccelsi e di cui ogni cosa si può dire tranne che non vivano autenticamente la loro identità, la loro condizione. Del resto, il Papa nella sua preghiera non ha fatto distinzione tra grandi artisti e artisti da strada, li ha considerati tutti, dicendoci che tutti, indistintamente, indicano la strada della bellezza. Mi sono insomma fatto carico di questo entusiasmo — aggiunge Veronesi — pensando ai numerosi artisti che anche nei secoli scorsi avrebbero voluto dire qualcosa al Papa e allora gli ho dato del Tu, sono stato umile nel pensiero e persino ruffiano, citando, alla fine, la battuta di Troisi e Benigni in Non ci resta che piangere, come avrebbero fatto tutti quegli irregolari, quegli scorretti, quei viziosi che, però, in fondo, il loro contributo l’hanno dato, indicando, per l’appunto, la strada della bellezza».

Sulla bellezza, quando interviene al dibattito dal tono intimo e colloquiale, ragiona anche Giovanni Veronesi. «Non seguo le messe come la suocera di Rubini — scherza il regista — tuttavia ho sentito pronunciare dal Papa la parola bellezza accostata all’arte e allora ho capito che c’è ancora chi, l’arte, la reputa importante, chi gli dà il valore che dovrebbe avere nella società, chi sa che, se guardi un’opera solo per una volta, poi la bellezza ti entra dentro e non ti abbandona più. In un momento così amaro per i lavoratori dello spettacolo — dice ancora Veronesi — in una situazione così difficile per questa categoria che probabilmente, in termini economici, è tra le più colpite dal coronavirus, quando ancora ci sono persone che bistrattano l’arte e la cultura, le parole di Papa Francesco sono state le parole giuste, hanno dato la forza per andare avanti».

Lo ribadisce pure l’altro firmatario della lettera, autore, come ricordato, dell’omaggio al Pontefice e relatore dell’evento, Mimmo Paladino. «Papa Francesco è nostro fratello nella bellezza. Con la bellezza e l’arte, anche inconsapevolmente, ha a che fare: il 27 marzo scorso, in una piazza San Pietro completamente vuota, ha parlato a tutti tramite un’immagine potentissima, ci ha fatto capire che la bellezza esiste ed esiste anche nella sofferenza, nel dramma. Non la dimenticheremo quell’immagine, così come non dimenticheremo mai la sua preghiera. Ci ha profondamente emozionati».

Le parole dei quattro artisti, disarmanti e alternate con garbo, arrivano nelle case di chi le ascolta come un segnale di speranza. Lo dimostrano i commenti che s’illuminano sullo schermo del computer. «Grazie», «Grazie» e, ancora, «Grazie», scrive la platea virtuale, in cui figura, tra l’altro, chi lavora dietro le quinte del mondo dell’arte e della cultura. Come a dire, a pochi giorni di distanza dalle proteste che proprio questi lavoratori avrebbero portato avanti in diverse città italiane, «Grazie perché siete con noi, tra noi, perché state partecipando a questo evento».

Evento che, più in particolare, vuole sottolineare tutta l’attualità del messaggio di Paolo VI, il Pontefice esempio di santità a cui è appunto intitolato il museo d’arte contemporanea (Collezione Paolo VI), che ne è organizzatore e che raccoglie ed espone il patrimonio di settemila dipinti, stampe, medaglie e sculture del Novecento appartenute al Papa bresciano.

Lo spiega il direttore del museo, Paolo Sacchini, insieme al presidente Giovannimaria Seccamani Mazzoli, a inizio appuntamento: «In occasione della seconda festa di san Paolo VI, abbiamo voluto con noi Sandro, Giovanni, Sergio e Mimmo, tra i firmatari della lettera al Papa, per ricordare la sensibilità di Montini che, nella Cappella Sistina, il 7 maggio 1964, tenne il famoso discorso agli artisti e, nel messaggio a questi ultimi indirizzato, a conclusione del concilio Vaticano II, si espresse con queste parole: “Ora a voi tutti, artisti che siete innamorati della bellezza e che per essa lavorate: poeti e uomini di lettere, pittori, scultori, architetti, musicisti, uomini di teatro e di cinema... A voi tutti la Chiesa del Concilio dice con la nostra voce: se voi siete gli amici della vera arte, voi siete nostri amici”».

Pertanto, un appuntamento che è un modo per riflettere sul senso profondo della bellezza, lungo la cui strada il «credere» e il «creare» s’incontrano: sono due itinerari che portano alla trascendenza.

di Enrica Riera