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Il progetto «Aperto per ferie» della Cei per le vacanze dei giovani in tempo di pandemia

Navigando on line tra le “isole” della fede

A young girl in a special education classroom reads a worksheet on synonyms uploaded by her teacher ...
22 maggio 2020

Le vacanze estive: il periodo da sempre più atteso dagli studenti dopo la chiusura delle scuole dove ritemprarsi e ricaricarsi per le prove future. Quest’anno però la pandemia di coronavirus ha cambiato ogni scenario, limitando spazi, chiudendo strutture e costringendo a rivedere ogni progetto di ritrovo e di svago. Come affrontare la lenta ripresa dopo il picco dell’emergenza e venire incontro alle esigenze non solo delle famiglie ma soprattutto dei giovani? Ad esempio con «Aperto per ferie», un progetto ideato dal Servizio nazionale per la pastorale giovanile della Conferenza episcopale italiana (Cei) i cui tratti essenziali sono stati illustrati a «L’Osservatore Romano» da don Michele Falabretti, responsabile dell’organismo. «Non è certo una novità questa iniziativa — spiega — perché la Chiesa non ha mai fatto mancare il suo impegno a favore di bambini e adolescenti durante l’estate. Quest’anno però la situazione imposta dal coronavirus ci ha spinto a interrogarci su come elaborare qualcosa di necessariamente diverso, per delimitare il campo di azione degli oratori in tempi di restrizioni e di distanziamento sociale e creare una piattaforma in cui essi possano interagire. Il tutto tenendo ben presenti le regole sanitarie a tutela della salute di tutti sapendo che certi comportamenti e abitudini non possono essere più seguiti e al contempo venendo incontro alle esigenze dei genitori, molti dei quali ritornati al lavoro, che hanno bisogno di qualcuno cui affidare i propri figli dopo il lungo tempo passato a casa anche per riequilibrarli psicologicamente». Due bisogni apparentemente in conflitto, osserva il sacerdote, ma in realtà conciliabili tramite un’attività di coordinamento tra educatori e animatori, soprattutto quelli adolescenti, «per un servizio che da bello e utile è ora diventato più che mai anche necessario». Un servizio che sta a testimoniare come la Chiesa non chiude in tempo di pandemia abbandonando i giovani a loro stessi ma anzi punta a formare nuovi animatori chiamati a reinventarsi per adattarsi alle nuove esigenze pastorali sorte dopo la diffusione del contagio.

Il progetto è stato condiviso con gli incaricati regionali di pastorale giovanile di tutte le regioni ecclesiastiche italiane ed è sostenuto, tra gli altri, da Salesiani don Bosco, Associazione guide e scouts cattolici italiani (Agesci) e Azione Cattolica italiana ragazzi (Acr), che hanno a cuore l’oratorio e partecipano a vario titolo al Forum degli oratori italiani, tavolo di lavoro permanente che fa riferimento al Servizio nazionale per la pastorale giovanile della Cei.

Si partirà dunque da proposte di attività gestite via web a successive attività all’aperto, puntando sempre su piccoli gruppi di otto o dieci persone e guidati da uno o due animatori adolescenti e da educatori giovani opportunamente formati. «Sono questi ultimi — ribadisce il responsabile — a rappresentare sempre di più il punto di riferimento per le attività estive degli oratori». Pur non essendo infatti ancora al livello di veri e propri educatori, ne rappresentano l’anima che muove le tante attività. «Hanno capacità tecnologiche, ancora più importanti in questo momento, unite a creatività e flessibilità che permette un atteggiamento di partenza che è di responsabilizzazione e di fiducia nei loro confronti. Poter tornare a offrire loro il richiamo di un tempo di impegno, il richiamo di un affidamento della comunità alla loro presenza e alla loro creatività, è un passaggio educativo importante». Soprattutto nel periodo estivo, in cui è fondamentale riprendere la “circolazione” del contatto umano in modo da aiutare la comunità a ritrovarsi, pur sapendo che non sarà più la stessa di prima e che non sarà possibile, almeno nell’immediato, fare le cose di sempre. «In tale contesto — sottolinea don Falabretti — una strategia d’azione ben coordinata tra i diversi oratori può veramente dare risultati interessanti e può costituire una reale opportunità di un laboratorio per scoprire il futuro, raccogliendo le indicazioni utili che possono emergere per non ritrovarci domani a viaggiare ancora a fari spenti».

Per raggiungere tali obiettivi, precisa il sacerdote, occorre però procedere secondo tappe stabilite, o meglio, fasi. «Innanzitutto bisogna partire dalla formazione dei primi gruppi, poi gestire on line le varie attività e infine, quando saranno tolte le ultime restrizioni relative agli assembramenti, ci sarà l’incontro “reale” con i partecipanti». La prima può essere definita “fase zero”, nella quale i giovani verranno suddivisi e assegnati a un animatore che provvederà a incontrarli a distanza, cominciando a utilizzare i dispositivi e le piattaforme web. «Quando sarà il momento l’attività estiva avrà un suo inizio ufficiale con una manifestazione condivisa, specchio del percorso intrapreso, a cui faranno seguito le tante iniziative decise dai vari educatori che indirizzeranno on line i ragazzi». Sono previsti infatti laboratori manuali ed espressivi, dove, insieme, è possibile creare, cantare, fare teatro, recitare fiabe o scene di film e ideare un giornale di comunità raccogliendo le notizie dal quartiere. Non mancherà il momento spirituale, con preghiere a inizio o fine giornata tra tutti coloro che sono collegati. «La tecnologia in queste situazioni di isolamento forzato fornisce un aiuto prezioso — puntualizza don Falabretti — perché per intercettare i giovani bisogna passare di lì. È importante anche la loro capacità di utilizzo, la loro mente elastica, insieme alle dovute accortezze quando si naviga on line. In questo senso mi auguro che si attui, dato che saranno molte le persone collegate su internet in quel periodo, un confronto con le istituzioni per la realizzazione di uno specifico protocollo di sicurezza».

Il ricco bagaglio di esperienze e conoscenze accumulato a distanza sarà poi oggetto di confronto al momento dell’incontro “fisico”. «Probabilmente non sarà ancora possibile vedersi in gran numero ma magari con la possibilità, chissà, di proseguire sulla strada dei piccoli gruppi, come un oratorio “arcipelago”, composto da tante realtà comunitarie diffuse sul territorio che si incontrano a rotazione di volta in volta, anche con la partecipazione di altri enti associativi in luoghi concordati con le amministrazioni locali: sarebbe un particolare ed edificante esempio di Chiesa in uscita».

di Rosario Capomasi