· Città del Vaticano ·

Ufficio oggetti smarriti - Il passato imprevedibile

La tasca dei ricordi

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22 maggio 2020

La morte non può nulla contro l’incanto. Ce lo ricorda un capolavoro come Una gita scolastica (1983) di Pupi Avati. Ma l’incanto, tanto per cominciare, dove possiamo reperirlo? Andiamo per gradi e partiamo dalla trama. Laura è una signora ultraottantenne che una mattina, mentre si trova in banca, accusa un malore. Una volta a casa, in quel dormiveglia che precede la morte, rinviene una foto della sua classe in terza liceo. E rivive, attraverso i volti di quella foto, la sua gita scolastica del 1914. Un viaggio di tre giorni concesso in premio alla sua classe, la terza g, la migliore del liceo. I trenta allievi, maschi e femmine, guidati dal professor Balla (Carlo Delle Piane) di italiano e accompagnati dalla professoressa Stanza (Tiziana Pini) di disegno, attraverseranno a piedi l’appennino, da Bologna a Firenze. In quella gita i ragazzi e il corpo docente sono attesi da quanto, probabilmente, li attenderà nella vita stessa. Momenti di spensieratezza e felicità si alternano a dolori e delusioni, l’impulso naturale a vivere ed essere felici si misura con le misteriose asprezze del percorso umano, talvolta impervio e periglioso come quello dell’appennino. Il professor Balla, per esempio, avrà tre giorni di tempo per dichiarare il suo amore alla più giovane e più bella di lui professoressa Stanzani. Una donna bella ma non priva di tormenti, ad esempio l’infedeltà del marito. Balla le confida i suoi problemi con le donne, quel suo sentirsi inadatto ad essere amato, più un destino che una scelta. Lei gli rivela il dolore per i comportamenti del marito e quella folle idea di fargliela pagare, di tradirlo, proprio durante quella stessa gita scolastica. Il percorso assieme ai ragazzi rivelerà alla professoressa l’anima pura di Balla ma solo la città le svelerà il coraggio di quell’uomo. Non prima di averlo illuso e poi tradito concedendosi a un giovane invece che a lui. Le storie dei ragazzi sono intrise da un intreccio di risate e incomprensioni, di stupore e delusione, di canzoni e merende, sullo sfondo di questa esperienza collettiva la Monument Valley che Avati sceglie è la silenziosa grammatica dell’appennino, da Porretta Terme al Castello Manservisi, dal Santuario della Madonna del Faggio a Lizzano in Belvedere, dal Parco del Corno alle Scale al lago Scaffaiolo. Sentieri Selvaggi di John Ford lasciò alla Monument Valley quel ruolo di coprotagonista che Avati affida invece all’appennino. Una natura che diventa attore protagonista e silenziosa voce narrante, muta ma luccicante espressione di quell’incanto che il professor Balla invita i ragazzi a cogliere dal silenzio e a non perdere mai più. La gita scolastica diviene, consapevolmente o meno, occasione di crescita e confronto con tratti non del tutto dissimili da quei «fuochi di bivacco» scout cui il regista bolognese non ha mai mancato di sottolineare l’importanza. Credo — disse in un’intervista — di aver fatto, in quel mondo, esperienze che né la famiglia né la scuola ti possono offrire. Come i «fuochi di bivacco» prima di andare a dormire. Erano anche quelli momenti di socializzazione. Che potevano essere scherzosi, allegri, con scenette e barzellette. Ma anche molto seri: momenti in cui ci si confrontava, ci si raccontava (…) Se sono una persona che ha una certa facilità a raccontare sé stesso senza nascondere le proprie debolezze e i propri errori, lo devo a quei momenti lì... E Laura? Che è successo a Laura in quella gita? Come tutte le ragazze della classe, anche Laura era innamorata di Angelo, il più bello della classe. Per tutto il viaggio tenterà invano di conquistarlo ma si accontenterà, alla fine, di avere dal suo amato un’attenzione distratta, residuale (il regalo, da parte di Angelo, dell’orologio da tasca ereditato dal padre). Le basterà per godere dell’effimera felicità di chi sa mentire a sé stessa. Una volta tornati a Bologna, il Liceo Galvani (il classico realmente frequentato da Avati in giovinezza) espellerà la professoressa Stanzani dal proprio corpo docente a causa del suo comportamento improprio durante la gita. Il professor Balla deciderà di andarsene con lei e chissà, magari provare a fare della vita che li attende qualcosa di simile a quella gita. I ragazzi che li salutano dalla finestra sono la benedizione che ogni peccatore attende di vedere incarnata nel perdono da parte di chi amiamo. Di coloro per i quali diamo la vita. La vita di Laura termina con l’immagine dei ragazzi inghiotti da una nube a ridosso del lago, da quell’infilarsi della scolaresca nella grande tasca dei ricordi che, finalmente, possono riposare assieme a quella gita scolastica che, per usare le parole della voce narrante, può finalmente essere dimenticata. Laura chiude gli occhi mentre per l’ultima volta fa l’appello, con quegli stessi nomi e cognomi che la attendono nella nuova classe.

di Cristiano Governa