· Città del Vaticano ·

L’esortazione «Querida Amazonia» vale anche per le diocesi del vecchio continente

Tutti nella stessa barca

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07 aprile 2020

«Ariège bien-aimée: una lettura di Querida Amazonia»: questo è il titolo di un articolo scritto da monsignor Jean-Marc Eychenne, vescovo di Pamiers, Couserans et Mirepoix, una diocesi “di periferia”, situata nella regione Occitania, alle pendici dei Pirenei, a ottocento chilometri da Parigi. Sempre meno abitanti e sacerdoti, forte povertà, disoccupazione crescente, insomma — ne è convinto il suo pastore — una nuova terra di missione. «Leggendo l’ultima esortazione apostolica post-sinodale di Papa Francesco sull’Amazzonia — racconta il presule in un testo pubblicato sul sito Internet della sua diocesi — e osservando che molti punti sollevati potevano applicarsi, quasi alla lettera, alla situazione della nostra diocesi, mi è venuto in mente di provare a immaginare di sostituire la parola Amazzonia con la parola Ariège, con un risultato sorprendente: le parole del Santo Padre sembrano indirizzate proprio a noi!».

Sia ben chiaro, prosegue monsignor Eychenne, l’Ariège — cioè il dipartimento che comprende il territorio della diocesi, «non è l’Amazzonia e pensarlo, oltre che ad essere insulso, non sarebbe rispettoso né per la popolazione amazzonica né per quella della nostra diocesi». «Tuttavia, noi riteniamo che se il Papa ha scelto di indirizzare questa lettera non solo agli abitanti di questa regione del mondo, ma all’insieme del popolo di Dio e a tutte le persone di buona volontà, è proprio perché siamo tutti coinvolti. Non c’è dubbio che le grandi intuizioni antropologiche, teologiche e pastorali che il Santo Padre ha espresso fin dall’inizio del suo pontificato sono qui “incarnate” in una terra specifica. Però si possono applicare, mutatis mutandis, anche alla nostra realtà».

A «L’Osservatore Romano», il vescovo di Pamiers, Couserans et Mirepoix spiega il motivo della sua iniziativa: «L’idea di scrivere questo editoriale mi è venuta leggendo i passaggi dell’esortazione sulle sfide ecclesiastiche, anche se i passaggi consacrati alle sfide culturali sono particolarmente interessanti per il nostro territorio, che ha una grande diversità culturale, ricca di persone in ricerca di spiritualità e che non si ritrovano nelle Chiese cattoliche, protestanti o ortodosse. In particolare siamo estremamente sensibili all’invito di Papa Francesco a promuovere una Chiesa che si appoggia sul battesimo, quindi sui laici, come d’altronde lo abbiamo espresso in un piccolo documento a uso diocesano diffuso per suscitare un po’ dovunque nel dipartimento le “fraternità cristiane”. Quando il Pontefice chiede alla Chiesa in Amazzonia di riconoscere la necessità di rafforzare e ampliare gli spazi di partecipazione del laicato, possiamo considerare che questo appello viene anche rivolto alla nostra diocesi di Pamiers». «L’Ariège si aspetta dalla Chiesa uno sforzo particolare di presenza capillare sul territorio, che è realizzabile soltanto attribuendo ai laici un ruolo importante, una presenza in ogni villaggio», sottolinea il presule francese, che non manca di ricordare a ogni battezzato «che non abbiamo preti a sufficienza e che spetta perciò ai fedeli il compito di far riflettere il volto di Cristo sul territorio». Inoltre, spiega il vescovo, «questo lavoro di “trasposizione” del messaggio contenuto nell’esortazione mira a suscitare l’attenzione dei fedeli delle nostre terre di antica tradizione cristiana e incoraggiare le persone che si interrogano su come annunciare il Vangelo. Spontaneamente, a prima vista, l’esortazione, per fortuna accessibile a tutti grazie alla rete, non lascia pensare che si possano seguire qui da noi le piste suggerite da Papa Francesco (anche se la Guyana francese fa parte del territorio amazzonico), eppure è così».

Ma quali sono concretamente i punti comuni tra il piccolo dipartimento dell’Ariège e l’immensità della foresta amazzonica? Vi si possono realizzare i quattro sogni — sociale, culturale, ecologico ed ecclesiale — che l’Amazzonia ispira al Santo Padre? «Sogno un’Amazzonia che lotti per i diritti dei più poveri, dei popoli originari, degli ultimi, dove la loro voce sia ascoltata e la loro dignità sia promossa», dice il Papa. «Con oltre il venti per cento della popolazione che vive sotto la soglia della povertà, anche gli abitanti della nostra regione sono colpiti da questo fenomeno, spesso accompagnato da problemi di salute o legati alla vecchiaia, alla solitudine, all'immigrazione», risponde il presule francese. «Sogno un’Amazzonia che difenda la ricchezza culturale che la distingue, dove risplende in forme tanto varie la bellezza umana», prosegue il Santo Padre nella sua esortazione apostolica. Basta trascorrere qualche settimana nell’Ariège per scoprire che vi è una grande avversione alla mondializzazione, fattore di livellamento culturale, gli fa eco monsignor Eychenne. All’Amazzonia che custodisce «gelosamente l’irresistibile bellezza naturale che l’adorna, la vita traboccante che riempie i suoi fiumi e le sue foreste», poi, il vescovo paragona il suo territorio che «ha cercato di resistere all’industrializzazione dell’agricoltura, e che da qualche anno accoglie nuove persone in cerca di un ambiente più naturale, una vita più genuina». Ecco perché — nota — una delle sfide per la Chiesa in Ariège consiste nel continuare a essere vicina alla popolazione locale tradizionale, che spesso pratica una religiosità popolare, e anche ai “neo contadini”, in cerca di spiritualità, generalmente più attratti dalle spiritualità asiatiche o orientali e che non si ritrovano nella grandi istituzioni cattoliche o protestanti. Quando, infine, il Papa sogna «comunità cristiane capaci di impegnarsi e di incarnarsi in Amazzonia, fino al punto di donare alla Chiesa nuovi volti con tratti amazzonici», il presule francese invita anche lui i fedeli della sua diocesi, «un tempo contraddistinta da una forte presenza di preti e comunità religiose, che davano una forte visibilità alla Chiesa, a cercare altri modi di diffondere il volto del Cristo». Riguardo a quest’ultimo capitolo dell’esortazione, dedicato al “sogno ecclesiale”, un passaggio in particolare ha richiamato l’attenzione del presule francese, quando il Papa auspica un maggior sviluppo «di un necessario processo di inculturazione». «Come l’Amazzonia, anche l’Ariège — prosegue nel parallelo monsignor Eychenne — ha bisogno di inculturazione: abbiamo una cultura locale molto particolare, legata alla nostra storia, alla distanza geografica e politica dalla capitale, al nostro territorio di montagna che ha forgiato la nostra tempra. Da noi si parla ancora l’occitano, ci sono vari dialetti, e ci vuol tempo per scoprire le usanze e il modo di vivere locali, dunque è necessario un vero lavoro di inculturazione per far sì che il Vangelo sia spogliato dai suoi apparati culturali per essere trasmesso nella sua essenza».

«Anche se si deve tener conto di culture lontane l’una dall’altra, di territori con caratteristiche così diverse — conclude monsignor Eychenne — appare molto evidente che il mondo è un villaggio e che per la nostra Chiesa le difficoltà da affrontare sono dovunque le stesse. Di fronte alle sfide del mondo contemporaneo siamo tutti nella stessa barca, dobbiamo adattarci alle nuove esigenze, pur restando fedeli all’essenziale della tradizione».

di Charles de Pechpeyrou