· Città del Vaticano ·

Un volume su Domenico Tardini a cura di monsignor Sergio Pagano

Diario di un cardinale

Pio XII e il cardinale Tardini (1958)
21 aprile 2020

La Chiesa negli anni delle ideologie nazifascista e comunista


Domenico Tardini è stato una figura che ha segnato profondamente la politica vaticana nel corso del Novecento, una personalità che attraversa la storia della Chiesa, ne fu protagonista e testimone, lasciando il segno della sua presenza e del suo ruolo di primo piano. Alla fine della grande guerra, nel 1921 Benedetto XV lo nominò minutante della Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari. Nel 1929 fu, con Pio XI, sottosegretario della medesima Congregazione e nel dicembre del 1935 Sostituto della Segreteria di Stato e Segretario della Cifra. Nel dicembre 1937 entrò nel cuore della diplomazia vaticana come Segretario della Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari. Pio XII lo chiamò a ricoprire, assieme a monsignor Montini, la carica di pro Segretario di Stato. Nel 1958 Giovanni XXIII lo nominò cardinale e Segretario di Stato.

Sul piano storiografico la figura di Tardini ha trovato attenzione particolare in numerosi studi sulla storia della Chiesa nel Novecento, ad opera di studiosi quali Angelo Martini, Benny Lay, Andrea Riccardi, Jean-Dominique Durand, Giovanni Sale, Emma Fattorini, Lucia Ceci e molti altri. In particolare, vanno poi ricordati due studi di particolare interesse: la biografia di Tardini scritta da monsignor Giulio Nicolini, dal titolo Il Cardinale Domenico Tardini (Padova 1980) e il volume di Carlo Felice Casula, Domenico Tardini (1888-1961). L’azione della Santa Sede nella crisi fra le due guerre (Roma 1988), nel quale l’autore pubblicava il diario di Tardini relativo agli anni 1933-1936, da lui rintracciati nell’Archivio di Villa Nazareth. Per lunghi anni è stata vana la ricerca della parte successiva del Diario, fino a quando monsignor Sergio Pagano, Prefetto dell’Archivio Apostolico Vaticano, lavorando attorno alle carte del cardinale Antonio Samorè (che aveva collaborato a lungo con Tardini, divenendone esecutore testamentario), si imbatteva nella busta 6 dello Spoglio Samorè, nella quale rintracciava le carte di Tardini relative al periodo 1936-1944, la cui trascrizione era stata affidata a Federico Alessandrini, in vista di una eventuale pubblicazione, che in quel momento (1967) venne giudicata inopportuna. La recente apertura agli storici, da parte di Papa Francesco, delle carte dell’Archivio Vaticano relative agli anni 1939-58, rendeva possibile la pubblicazione di queste carte. Anzi, lo stesso Papa Francesco invitò monsignor Pagano a pubblicare quei documenti, che appaiono ora nel volume Domenico Tardini. Diario di un cardinale (1936-1944). La Chiesa negli anni delle ideologie nazifascista e comunista, a cura di Sergio Pagano (Cinisello Balsamo, San Paolo, 2020, pagine 246, euro 20).

Si tratta di documenti che a volte assumono il carattere di memorie, altre volte si tratta di vere e proprie pagine di diario. Ne esce un quadro quanto mai ricco e vivace, che monsignor Pagano ha curato con particolare cura, non solo corredando il volume con una ampia introduzione, che ripercorre le vicende archivistiche di queste carte e la biografia di Tardini, ma arricchendo il testo del Diario con un eccezionale apparato critico, che consente al lettore di avere informazioni, rinVII bibliografici, archivistici e puntualizzazioni storiche necessari per cogliere il significato di questi documenti. Da essi, monsignor Pagano coglie anche la fisionomia umana e religiosa di Domenico Tardini, scrivendo tra l’altro: «In questi fogli, con una forte coscienza della Chiesa immersa nella storia (la navicula Petri, che anche ai suoi tempi fu «in gran tempesta») egli raccoglie fatti e pensieri suoi, sul tema di un giorno, di un colloquio, di una meditazione più lunga, e non rare volte con dovizia di particolari, scrivendo, ma pure raccontando e di tanto in tanto lasciandosi prendere la mano dalla irrefrenabile sua ironia, schietta ed arguta, tipicamente romanesca, simpatica ma anche sferzante, sarcastica, che in brevi tratti dipingeva un ambiente, una persona, un interlocutore».

Negli anni che attraversano le pagine di questi documenti, l’Europa visse uno dei momenti più drammatici della sua storia. A partire dalla metà degli anni Trenta, assistiamo al consolidamento del regime sovietico in Russia, dispotico e persecutorio contro la Chiesa, e del totalitarismo fascista in Italia, la definitiva affermazione di Hitler e del nazismo in Germania, la crisi austriaca, la guerra civile spagnola, la guerra d’Etiopia, l’emergere in alcuni paesi di regimi totalitari ispirati da ideologie nazionaliste e razziste, il riarmo e lo scatenamento di una nuova guerra mondiale, destinata a travolgere e calpestare quei valori ispirati alla convivenza civile, al rispetto e alla fratellanza umana, invocati dalla Chiesa.

Tardini, nelle sue carte, testimonia le preoccupazioni del Pontefice per questo clima carico di tensioni e di pericoli. Evidenzia la tenace fermezza di Pio XI nel contrastare le leggi razziali e nel denunciare il vulnus al Concordato inferto in Italia, con il divieto del matrimonio tra ariani e non ariani, minacciando di «mandare a monte, se occorresse, anche il Concordato». Secondo il Papa il nazionalismo era una «eresia moderna», il razzismo feriva «il concetto cattolico della universalità della Chiesa, della uguaglianza e fratellanza umana». Tardini si sofferma anche sull’enciclica contro il nazismo, pubblicata poco dopo quella sul comunismo, ricordando come venne fatta pervenire segretamente ai vescovi tedeschi, perché fosse letta in tutte le Chiese, prima che ne fosse impedita la pubblicazione dal regime nazista. «Fu accolta con venerazione — scrive Tardini — fu accolta con profonda e sincera commozione. I buoni cattolici tedeschi si sentirono compresi e incoraggiati dal Padre comune». Nell’udienza tenuta a Castelgandolfo il 28 luglio 1938 ebbe ad affermare: «Ci si può chiedere come mai, disgraziatamente, l’Italia abbia avuto bisogno di andare ad imitare la Germania». Tardini si sofferma poi ad illustrare la preparazione dell’ultimo discorso natalizio di Pio XI, pronunciato il 24 dicembre 1938. Un discorso che il Papa volle preparare da sé, nel massimo segreto, nel quale definiva la croce uncinata «nemica della croce di Cristo». Una affermazione che molti gli avevano consigliato di evitare, per non provocare reazioni da parte tedesca. «Ma — scrive Tardini — tutto fu inutile, Pio XI tenne duro».

Secondo Tardini, Pio XI aveva maturato la convinzione che la perdita del potere temporale «era stata provvidenziale per i Papi; che il prestigio morale del pontificato ne aveva tratto immenso guadagno; che una restaurazione vera e propria di quel potere era umanamente assurda». Pur giudicando necessario «salvare il principio della sovranità anche civile e quindi territoriale del romano pontefice, ma spiritualizzò per così dire, anche lo Stato terreno, riducendolo al minimo, tanto quanto bastasse perché su un lembo di territorio il papa potesse essere e dirsi non suddito di un altro sovrano, ma sovrano egli stesso».

Alla luce di questi orientamenti, Pio XI giudicava quanto mai necessario celebrare il decennale dei Patti Lateranensi. Le memorie di Tardini si soffermano a lungo sulla preparazione di questo evento e sul discorso che il Papa avrebbe dovuto pronunciare nel corso di una solenne cerimonia, alla presenza dell’episcopato italiano. Com’è noto Pio XI non riuscì a realizzare questa iniziativa, alla quale teneva particolarmente, anche al fine di chiarire alcune questioni nei rapporti tra la Chiesa e il fascismo: dall’Azione Cattolica, al vulnus al Concordato, al problema dell’assistenza religiosa a militari e ai giovani inquadrati nella Gioventù italiana del Littorio. Il 1° febbraio a Tardini che gli riferiva un discorso che Hitler aveva pronunciato contro la Chiesa, con «tono molto aspro, con voce molto eccitata, (...) con rabbia», il Papa rispose: «E io parlerò con rabbia anche maggiore». Un discorso, tra l’altro, che si chiudeva con un vibrante appello alla pace, invocando «l’ordine, la tranquillità, la pace, la pace, la pace a tutto questo mondo, che, pur sembrando preso da una follia omicida e suicida di armamenti, la pace vuole e con noi dal Dio della pace la implora e spera d’averla. Così sia!». La morte di Pio XI, proprio alla vigilia di quell’evento da lui preparato con tanta passione, gli impedì di pronunciare il suo discorso e di confrontarsi con l’episcopato italiano.

L’attenzione di Tardini e il suo rapporto nei confronti di Pio XI si segnala anche per la familiarità e il rapporto cordiale da lui intrattenuto con il Papa, che lo porta ad affermare che «Pio XI era di una conversazione piacevolissima. Parlava lentamente e pareva si dilettasse nel raccontare e nel rievocare tante cose e tanti fatti. (...) Amava, più dei dialoghi, i monologhi. E questi monologhi erano spesso conditi di barzellette, di arguzie, da motti, da aneddoti spesso interessanti, sempre piacevoli». L’intensa e affettuosa sollecitudine di Tardini nei confronti di Pio XI, si evidenzia in particolare durante i due momenti nei quali il Papa vide aggravarsi le sue condizioni di salute. Tardini aveva vissuto la malattia del pontefice dal dicembre 1936 al gennaio 1937 con una costante preoccupazione, anche per le sofferenze che Pio XI gli confessava: «Sono dolori atroci, feroci che non hanno nome». Ma in quella occasione il Papa «guarì — osserva Tardini — perché volle guarire, visse perché volle vivere. E appena poté si mise alacremente al lavoro».

La morte di Papa Ratti, la mattina del 10 febbraio 1939 è descritta da Tardini in tutta la sua drammaticità, potremmo dire minuto per minuto, sino alle 5.31. Si tratta di un momento particolarmente delicato, su cui già Emma Fattorini si era soffermata: «Le carte ci restituiscono un clima frenetico, febbrile, teso, agitato: il papa sta sempre peggio, non bisogna dirlo e non bisogna dirglielo. Lui sembra voler resistere al male, nascondendo, minimizzando le sue condizioni, in un clima simile a quello che accompagna un anziano, un malato terminale, in una famiglia che lo rassicura, e lo protegge anche da se stesso» (Emma Fattorini, Pio XI, Hitler e Mussolini. La solitudine di un papa, Einaudi 2010).

La seconda parte dei documenti di Tardini pubblicati da monsignor Pagano riguardano i primi anni del Pontificato di Pio XII. Secondo Tardini l’elezione del cardinale Pacelli era stata in qualche modo preparata e suggerita dallo stesso Pio XI. Ricorda Tardini che nel corso di un suo colloquio con Pio XI, questi, accennando al cardinale Pacelli, aveva affermato: «Sarà un bel Papa!». Tardini descrive anche le sue impressioni, di fronte all’ascesa al soglio pontificale di Pio XII, del suo «lento distacco di un uomo da quello che era stato finora. I primi giorni di un Papa sono i più interessanti. Si direbbe che non ha ancora presa consapevolezza dell’altissima dignità che riveste. È confuso, umile, remissivo, indulgente... Poi col tempo il Papa diventa anche nel tratto esteriore... papa. Pio XI nei primi tempi era un agnellino, poi evolvendo diventò un leone. Non so se Pio XII diventerà... feroce. Ma certo che piano piano farà sempre più sentire la sua autorità e la sua personalità».

Le pagine di Diario relative ai primi mesi della guerra europea assumono un rilievo non trascurabile. Si tratta di puntuali annotazioni sui contatti intrattenuti non solo con gli ambienti ecclesiastici ma anche con la diplomazia internazionale accreditata presso la Santa Sede. Al tavolo di Tardini si susseguono diplomatici francesi, inglesi, polacchi, rumeni, spagnoli e di altri paesi. L’aggressione nazista e la concomitante invasione sovietica della Polonia è seguita con costante preoccupazione. Nel corso di questi colloqui vengono alla luce i problemi che in quei primi giorni di guerra venivano a turbare la convivenza europea. Si può affermare che queste pagine vengono a integrare la documentazione contenuta negli Actes et documents du Saint Siège relatifs à la seconde guerre mondiale. Nei suoi appunti Tardini non manca di esprimere anche alcune sue convinzioni, sugli sviluppi della guerra e sulla posizione che avrebbe assunto l’Italia. «Mai nella storia — scrive Tardini il 4 settembre 1939 — si è vista una unione come quella tra Hitler e Mussolini. Per me l’Italia ha un solo modo di guadagnare e molto: la neutralità (...) Ma Mussolini sarà tanto equilibrato da scegliere questa via? Non credo. Il suo temperamento lo porta a non restare passivo quando altri menano le mani. La sua dottrina fascista non conduce che alla guerra magnificata, esaltata, glorificata».

Questi documenti, relativi ai primi anni del pontificato di Pio XII, dallo scoppio della guerra sino alla liberazione di Roma, testimoniano anche l’impegno di Tardini nell’affrontare le delicate trattative per raggiungere, «quasi con l’energia della... disperazione», un accordo tra le parti belligeranti al fine di dichiarare Roma città aperta. Tardini si sofferma anche sui momenti drammatici dei bombardamenti di Roma del 19 luglio e del 13 agosto 1943, ricordando come la visita del Santo Padre sui luoghi del bombardamento «fu un trionfo». Saluta infine con emozione e speranza la liberazione di Roma, ricordando il ruolo e il peso che la Santa Sede e il Papa avevano svolto per la salvezza di Roma, sottolineando la straordinaria partecipazione popolare alla manifestazione del 5 giugno, che egli definisce «la più bella, la più commovente, la più grandiosa dimostrazione cui io abbia assistito». E aggiunge: «L’entusiasmo fu indescrivibile. Così si chiudeva, nella gioia e nel ringraziamento, un periodo di lavoro intenso e diuturno che se diede ansie e preoccupazioni, ci procurò anche una delle più grandi consolazioni della nostra vita di sacerdoti-impiegati».

di Francesco Malgeri