Un mese fa il viaggio del Papa

La “trasfigurazione”
di Francesco
e del popolo di Dio in Africa

 La “trasfigurazione” di Francesco  e del popolo di Dio in Africa   QUO-051
02 marzo 2023

Riflettendo sul successo del viaggio  di Papa Francesco in Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan, il quarantesimo del pontificato e quinto nel continente, il  coordinatore della Rete panafricana di teologia e pastorale cattolica (Pactpan)  offre all’«Osservatore Romano» l’interessante saggio The Transfiguration of Pope Francis and God’s People in Africa. Sacerdote nigeriano della diocesi di Awgu, docente in vari atenei, fondatore di un’organizzazione umanitaria al servizio delle donne africane in situazioni di indigenza, l’autore prende spunto dal “sogno” realizzato vicendevolmente dal vescovo di Roma nel poter incontrare finalmente, dopo aver dovuto rimandare la visita per problemi fisici, i fedeli delle due nazioni, e viceversa di questi ultimi di poter abbracciare  l’atteso ospite. Un “sogno” che ha significato “gioia” reciproca, nel segno della riconciliazione. «Il suo messaggio — spiega — era particolarmente rivolto ai poveri e alle persone spaventate dall’ininterrotto ciclo di guerre, dittature, disastri ecologici e naturali che hanno tenuto questi due Paesi in perenne schiavitù». Papa Bergoglio «ha dato voce a tante persone che si sentono dimenticate e abbandonate nei gradini più bassi del progresso sociale ed economico. Si è messo nei panni dei nostri fratelli che abitano le periferie esistenziali in brutali guerre spesso dimenticate... La maggior parte delle persone in questa regione nelle ultime quattro generazioni non ha conosciuto pace, ma  sfollamenti, sofferenze e miseria». Ecco allora che il pellegrinaggio in terra africana può essere letto come un momento di “trasfigurazione” sia per il Papa sia per il popolo congolese e sud sudanese. Molti sono stati i segni di questa “trasfigurazione” individuati dall’autore. E per Francesco la visita compiuta dal 31 gennaio al 5 febbraio scorsi «è stata come salire sulla montagna». Pubblichiamo, in una nostra traduzione italiana, stralci dell’ultima parte del saggio, il cui testo completo in inglese è disponibile sul sito del nostro giornale.


Francesco sta attraversando un momento di passione sia fisica a causa del ginocchio dolorante, sia per le tensioni, contestazioni e polarizzazioni che stanno emergendo nel processo sinodale. Sebbene il papato non sia una gara di popolarità, molte persone in Congo e in Sud Sudan hanno viaggiato per centinaia di miglia per vedere il Papa. Sono venuti numerosi perché vedono in lui un segno della presenza di Dio in mezzo al popolo. Le grandi folle di fedeli si sono messe in fila per le strade per incontrarlo a Kinshasa e Juba, e i milioni che si sono radunati per le messe devono aver dato al Papa un grande impulso come i visitatori celesti di Gesù sul Monte della Trasfigurazione. Si spera che questa esperienza abbia offerto a Francesco una conferma interiore della validità della missione che Dio gli ha affidato quando è stato scelto per rivitalizzare le fiamme della riforma accese al Concilio. Deve aver ricevuto da questi milioni di persone che sono venuti a vederlo una nuova forza per realizzare per la Chiesa e per il mondo in questo momento della storia il sogno del Vaticano ii .

La visita è stata così ben pianificata per dare voce alle vittime di guerre, disastri naturali, violenza sessuale e abusi nella Chiesa, a organizzazioni di base, agenti pastorali e quanti servono i più vulnerabili della società. Nell’incontrare le voci di questi testimoni, Francesco ha ricevuto di nuovo dai loro racconti un messaggio chiaro come quello datogli dopo la sua elezione al pontificato dal defunto cardinale Hummes: «non dimenticare i poveri».

Ma la “trasfigurazione” di Francesco non è stata semplicemente la sua esperienza soggettiva; è stato anche un richiamo alla nostra comune esperienza ecclesiale di comunione, missione, solidarietà e partecipazione. Il Papa ha invitato il mondo a dare un altro sguardo all’Africa e a tutto ciò che essa rappresenta.

Il viaggio è stato per molti non africani un’esperienza sorprendente per molte ragioni. Papa Francesco ha espresso questa piacevole sorpresa e gioia sui voli di ritorno a Roma sia nel 2015 da Bangui, sia nel 2023 da Giuba. La visita è stata per lui uno scambio di doni. La maggior parte delle persone che visitano l’Africa con una mente imparziale, come Francesco e altri Papi prima di lui, sperimentano una trasformazione delle prospettive sull’Africa, sul mondo, sulla prosperità umana e su se stessi. Questa trasformazione è sempre il risultato di una profonda cultura dell’incontro. Il mondo ha bisogno di vedere l’Africa come una terra di speranza e di risorse che richiede solidarietà, non compassione.

L’Africa è anche una terra di profonda fede dove il cristianesimo ha messo radici e ha portato frutti enormi... Tuttavia, questa Madre africana con i suoi figli e le sue figlie forti e pieni di fede continua a celebrare il dono della vita in mezzo a costanti fattori interni ed esterni che tolgono energia e risorse alla terra e alla gente.

Attraverso la visita di Francesco, la Chiesa ha rivolto il suo sguardo all’Africa; ma sarà uno sguardo permanente o semplicemente una distrazione temporanea che presto svanirà?

La forte sequela che Francesco ha sperimentato in Africa non è semplicemente il risultato della risposta di un popolo a Dio attraverso una fede “patologica” che rasenta la superstizione e la fuga dalla sofferenza. Piuttosto, è un’esperienza che è allo stesso tempo naturale per la comprensione della realtà e della storia che ha questa gente, e nasce dall’esperienza dell’incontro salvifico, risanante e liberatore con il Figlio di Dio.

Il cristianesimo si sta espandendo in Africa non perché gli africani siano superstiziosi o poveri, ma perché sono religiosi. Inoltre, il cattolicesimo cattura l’immaginario religioso-culturale. Questo perché gli africani trovano nella religione cristiana e nel Dio uno e trino una realizzazione dei desideri più profondi sepolti nel cuore delle loro culture.

Il cattolicesimo ha la capacità di trasformare l’Africa attraverso un nuovo livello di crescita non solo numerica ma anche spirituale e morale. Questa trasformazione, se sostenuta, è in grado di far nascere tradizioni intellettuali, sociali e spirituali cattoliche locali.

La speranza è che questa visita rinvigorisca il Papa nel suo programma di riforme. L’esperienza di “trasfigurazione” dovrebbe anche offrirgli qualche motivazione e slancio in più per continuare ad abbattere gli idoli del potere, del privilegio, dell’egocentrismo che a volte distolgono la Chiesa dalle priorità. Tali tendenze spesso intorpidiscono la capacità percettiva della Chiesa di vedere i segni dei tempi o di interpretarli correttamente e di rispondere ad essi nell’annunciare e mettere in atto il messaggio evangelico di Cristo.

D’altra parte, i cattolici africani dovrebbero rispondere all’incessante invito di Francesco a trovare soluzioni ai propri problemi sfruttando questo slancio in particolare nella conversazione sinodale continentale. Dovrebbero riflettere profondamente sulle speranze e le disperazioni del nostro popolo, sulla cosiddetta situazione africana che dura da anni e sulla promessa che attende il continente in questo momento. La sintesi continentale africana deve raccogliere le voci di quanti si trovano nelle periferie esistenziali e portare al tavolo sinodale l’agenda unica dell’Africa per la riforma e il rinnovamento della Chiesa in Africa, in modo che il cattolicesimo locale possa realizzare le enormi potenzialità nel continente.

I cattolici e i popoli africani hanno bisogno di vedere segni concreti del potere trasformativo del Vangelo che può portare l’Africa al giorno della salvezza e cancellare le tristi memorie e le storie dei tempi passati. Perché non serve a niente se dici a un bambino affamato che Dio lo ama, senza dargli da mangiare; o se predichi la misericordia di Dio a una donna malata, senza offrirle un sistema sanitario accessibile e affidabile; o assicurare alle persone un futuro migliore attraverso liturgie esuberanti, senza mostrare loro come una prassi di trasformazione sociale può mutare la loro speranza in realtà.

Il regno di Dio non inizia e finisce semplicemente con annunci e rivendicazioni o con visite papali. Tuttavia, una visita trasformativa come quella di Francesco mostra al popolo di Dio le orme che esso può seguire per assistere a uno scorcio di ciò che è possibile e di ciò che verrà, proprio come Gesù e i tre discepoli videro la futura vittoria sul monte della Trasfigurazione.

di Stan Chu Ilo

Testo completo in inglese


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