Presentato all’Urbaniana il documento “Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore. 1700° anniversario del Concilio ecumenico di Nicea”

Luce sul cammino
di comprensione della fede

 Luce sul cammino  di comprensione della fede  QUO-116
20 maggio 2025

di Federico Piana

«Nicea fu un concilio ecumenico pure nel senso originario del termine, a cui dovevano partecipare vescovi provenienti da tutte le parti del mondo. La scelta della città aveva un senso geografico, cioè di facile accesso. Nicea diventa allora una chiamata alla comunione interna, affinché l’unità nell’essenziale ci porti gioia e ci rafforzi». Il cardinale Víctor Manuel Fernández, prefetto del Dicastero per la dottrina della fede e presidente della Commissione teologica internazionale, nel suo intervento pronunciato in apertura della giornata di studio per la presentazione del documento “Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore. 1700° anniversario del concilio ecumenico di Nicea” che si è svolta oggi presso la Pontificia Università Urbaniana, ha voluto far riferimento in questo modo alla città dell’Asia Minore che proprio a partire dal 20 maggio del 325 ospitò il primo concilio ecumenico della storia.

Sul documento — redatto dopo diversi anni di lavoro dalla Commissione teologica internazionale non solo per celebrare i 1700 da quello straordinario evento ma anche per mettere in luce le risorse che il Credo, nato proprio in questo contesto, da allora e fino ad oggi, professa, custodisce e rilancia — si sono confrontati diversi esperti e teologi di caratura internazionale: da monsignor Piero Coda, segretario generale della Commissione teologica internazionale al vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di São Sebastião do Rio de Janeiro, monsignor Antônio Luiz Catelan Ferreira; da padre Philippe Vallin, dottore in teologia in Francia, a monsignor Mario Ángel Flores Ramos, sacerdote e teologo messicano; dalla professoressa austriaca di teologia Marianne Schlosser; a monsignor Etienne Emmanuel Vetö, vescovo ausiliare dell’arcidiocesi francese di Reims; dal teologo tedesco padre Karl-Heinz Menke a quello libanese, padre Gaby Alfred Hachem.

Riprendendo alcuni commenti che Papa Francesco fece al cardinale Fernández in merito al documento, il prefetto del Dicastero per la dottrina della fede ha ricordato che il primo motivo che aveva spinto il Pontefice a «voler intraprendere un viaggio a Nicea per la celebrazione anniversaria è che Nicea significa un momento ecumenico forte, un segno di unità per i cristiani delle più diverse confessioni, un patrimonio condiviso, che si fa presente ogni domenica quando si pronuncia la professione di fede che unisce tutti i cristiani. Sappiamo che anche Papa Leone XIV ci tiene fortemente a questo segno di comunione e ha confermato il viaggio papale a Nicea».

Il cardinale ha voluto mettere in evidenza che quest’anno, oltre all’anniversario di Nicea, si celebra anche il trentesimo anniversario della prima enciclica ecumenica intitolata Ut unum sint: «E tornando su questo punto Papa Francesco diceva che, sebbene non possiamo dire che con tutti i cristiani formiamo la stessa Chiesa, anche per rispetto a loro, ad ogni modo ci possiamo riscoprire come l’unica “Comunità dei discepoli di Cristo”. Nell’autocoscienza della Chiesa cattolica c’è la convinzione di essere la Chiesa originaria fondata da Cristo, che sussiste in essa. Ma questa convinzione non esclude che, da un altro punto di vista, possiamo parlare dell’unica “Comunità dei discepoli di Cristo” che formiamo insieme a tutti quelli che accettano e amano Lui come vero uomo e come il Figlio homoousios del Padre».

Fare memoria del concilio di Nicea in un contesto complesso dove le policrisi stanno mettendo a dura prova il mondo intero che spesso sembra imboccare strade senza ritorno, per la Chiesa rappresenta una grazia ed un appello, ha spiegato monsignor Piero Coda, segretario generale della Commissione teologica internazionale, durante il suo intervento: «Si accredita a tutto tondo, mano mano che vi fissiamo l’attenzione per scrutarne il significato e la portata, come il kairós di una chiamata: dare testimonianza e far tesoro con fedeltà creativa, con visione profetica, con incisività storica, a tutti i livelli — a partire dal “pensare” la realtà per assumerne la custodia —, di quella Luce che a Nicea ha acceso “il santissimo occhio dell’ecumene” come scrive San Gregorio il Teologo nella celebrazione del Concilio niceno prima e nella contrastata recezione del suo Simbolo, poi».

E il documento che è stato redatto dalla Commissione teologica internazionale offre un convinto contributo proprio in questa direzione, ha aggiunto, mettendo in evidenza che il testo propone «a partire dalla sua specifica competenza e mettendo in evidenza le straordinarie e imperdibili “risorse” concentrate nel Simbolo niceno-costantinopolitano, un indirizzo preciso di risposta alle tante sollecitazioni che da più parti vengono rivolte alla teologia in relazione a quanto l’umanità oggi si trova a vivere. Sollecitazioni che, in ultima istanza, si possono veder compendiate nel “desiderio” che Papa Francesco ha confidato ai partecipanti al Congresso internazionale sul futuro della teologia, lo scorso 9 dicembre, su iniziativa del Dicastero per la cultura e l’educazione: ossia che la teologia aiuti a ripensare il pensiero».

I lavori dell’intensa giornata di studio, il cui avvio era stato dato in mattinata da un breve saluto del professor Vincenzo Bonomo rettore magnifico della Pontificia università Urbaniana, si sono snodati tra diverse relazioni su tematiche che hanno generato profonda riflessione come quelle sull’approfondimento delle lettere inviate da Eusebio di Nicomedia ad Ario in merito a questioni di sinodalità nel contesto del concilio di Nicea, sull’attualità della teologia di Origene presente nella cristologia di Nicea e sulla protezione dell’autorivelazione kenotica del Dio di Gesù-Cristo nella protezione della fede dei piccoli, solo per citarne alcune.

Come recentemente la stessa Commissione teologica internazionale aveva avuto modo di ribadire, il documento presentato in questa giornata di studio «non vuole certo essere un semplice testo di teologia accademica ma si propone come una sintesi preziosa e tempestiva che può utilmente accompagnare l’approfondimento della fede e la sua testimonianza nella vita della comunità cristiana».

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