
«A me piace fare tutti gli anni quello che ha fatto Gesù il Giovedì santo, la lavanda dei piedi, in carcere. Quest’anno non posso farlo, ma posso e voglio essere vicino a voi. Prego per voi e per le vostre famiglie». Con flebile voce, resa ancor meno udibile dal rumoroso contesto, Papa Francesco ha voluto spiegare il senso della visita compiuta ieri pomeriggio, alla Casa circondariale di Regina Coeli. Trascorrendo circa mezz’ora nel penitenziario romano il Pontefice ancora convalescente dopo il lungo ricovero ospedaliero non ha potuto celebrarvi la Messa “in Coena Domini”, come fa tradizionalmente, rinnovando da vescovo di Roma una consuetudine iniziata a Buenos Aires. Però ha voluto ugualmente farsi compagno di strada di circa settanta detenuti di varie nazionalità che partecipano regolarmente alle attività e alle catechesi organizzate dal cappellano dell’istituto, il sacerdote francescano conventuale Vittorio Trani, incontrandoli nella rotonda principale; ma anche di tutti gli altri rimasti dietro le sbarre. Ha ascoltato confidenze, ha sfiorato o stretto mani, ha firmato vangeli e libri di preghiere, ha incoraggiato e benedetto, ha persino mandato baci.
Seguendo quello “stile di Dio” che tante volte ha indicato, fatto di vicinanza, compassione e tenerezza, Bergoglio continua a camminare insieme con il Santo popolo fedele, senza escludere o lasciare indietro nessuno. Attraverso quel magistero dei gesti caratteristico del suo pontificato, che sta assumendo un valore ancor più evidente in questo periodo di sofferenza fisica, si fa presente soprattutto accanto ai più emarginati dalla società, confermando, anzi rilanciando, un infaticabile dinamismo della prossimità per stare soprattutto con chi più ha bisogno della sua vicinanza.
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