L’intervento del cardinale segretario di Stato all’Assemblea generale dell’Onu

Per un futuro all’insegna della sicurezza e della pace

Vatican's Secretary of State Cardinal Pietro Parolin addresses the 77th Session of the United ...
26 settembre 2022

Si è concluso con l’invito a lavorare insieme per una pace che nasca dal dialogo, l’intervento tenuto il 24 settembre dal cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, al dibattito generale della Settimana di alto livello in apertura della 77ª sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Un appello che arriva dopo aver passato in rassegna i mali di un mondo percorso dalla pandemia in cui i conflitti armati hanno raggiunto «una misura che non si vedeva dal 1945, con circa due miliardi di persone che vivono in aree afflitte da conflitto e altri milioni di persone dislocate a forza ».

Il porporato ha sottolineato poi la tendenza di alcuni Stati a imporre politiche controverse nel campo dei diritti umani che invece «continuano a essere universali, oggettivi e saldamente radicati nella dignità divina della persona umana donata da Dio». Diritti come quello «alla vita, alla libertà di pensiero, di coscienza, di religione, di opinione e di espressione». Ricordando poi che il numero di persone che soffrono la fame nel mondo è salito a 828 milioni nel 2021, il cardinale Parolin afferma che è tempo di porre fine alla «ipocrisia ‘armamentista’», di «parlare di pace» e non vivere di armi. L’invito è a investire invece nell’educazione, «vettore primario di uno sviluppo umano integrale».

«È un imperativo — afferma il segretario di Stato — che si ritrovino presto largo accordo e autentico consenso in seno a questa Organizzazione, se vuole ritrovare la sua credibilità internazionale come vera famiglia di nazioni». Il processo, aggiunge, «deve estendersi oltre l’Assemblea Generale, alla riforma di quegli organi con effettiva capacità esecutiva, quali il Consiglio di sicurezza». Il porporato sottolinea ancora che soprattutto i membri permanenti hanno una responsabilità cruciale per il mantenimento della pace e dell’ordine nel mondo: «Quando non c’è una visione o una volontà politica comune per la pacifica coesistenza e gli stessi guardiani della pace ignorano le regole che affermano di sostenere, diventano essi stessi autori di gravi ingiustizie. Guidato da uno sfrenato interesse proprio e determinato dalla logica del potere, il sistema è fortemente danneggiato e in pericolo». Da qui l’appello a mettere il bene comune al di sopra degli interessi di parte per «un futuro sicuro e felice».

Il pensiero va poi all’Ucraina con la guerra che «ha esacerbato tendenze globali già preoccupanti, tra cui la crescita del prezzo del cibo e del carburante e l’aumento della dislocazione». «Il conflitto — afferma il cardinale Parolin — ha portato anche a una rinnovata attenzione alla sicurezza nucleare e al rischio di una escalation nucleare, un tema che per decenni è rimasto largamente al di fuori della consapevolezza pubblica». L’attenzione è ai poveri che «si troveranno davanti a una scelta esistenziale tra riscaldarsi o mangiare». Serve un’azione concertata e urgente perché «la guerra in Ucraina non solo mina il regime di non proliferazione nucleare, ma ci pone anche il pericolo di una devastazione nucleare causata da un’escalation o un incidente».

«Lo spettacolo di uno Stato dotato di armi nucleari in guerra con uno Stato che ha rinunciato al proprio arsenale nucleare in cambio di garanzie di sicurezza, che sono state spudoratamente ignorate, scoraggerà altri Stati che possiedono armi nucleari dal seguirne l’esempio, complicando il cammino verso un mondo libero da armi nucleari», afferma il segretario di Stato. «Ogni minaccia di uso delle armi nucleari — sottolinea — è ripugnante e merita una condanna inequivocabile».

Guardando alla «più grande crisi di rifugiati europea dopo la seconda guerra mondiale», causata proprio dal conflitto in Ucraina, il cardinale Parolin ricorda che questa «non va che aggiungersi ai milioni di persone in Africa, Medio Oriente e Asia che sono state costrette a fuggire dal loro Paese d’origine a causa di conflitti e guerre, alla ricerca di un futuro migliore per loro stesse e per le loro famiglie». Un tema che rilancia la questione della protezione dei rifugiati, un sistema che richiederebbe «un sincero sforzo» di aggiornamento.

«La Santa Sede — afferma il porporato — non cessa di seguire con preoccupazione la questione palestinese e il conflitto che essa genera, e desidera esprimere la sua vicinanza al popolo palestinese per la sofferenza causata dall’uccisione della giornalista Shireen Abu Akleh nel corso del conflitto a fuoco tra l’esercito israeliano e alcuni palestinesi l’11 maggio a Jenin (Palestina), che la giornalista stava solo documentando». A preoccupare anche le tensioni avvenute al funerale.

Sul Libano, poi, si auspica che «il Paese, anche con le imminenti elezioni presidenziali, continui sul cammino della rinascita, mentre rimane fedele alla sua vocazione di essere una terra di pace». Per lo Yemen si esprime soddisfazione per la tregua mediata dall’Onu e rinnovata, con l’auspicio che «questo segno di speranza sia un passo definitivo verso la fine del sanguinoso conflitto che ha generato una delle peggiori crisi umanitarie al mondo». Un mondo più sicuro passa anche nella ripresa dei negoziati a Vienna sull’Accordo sul nucleare iraniano. Timori invece per lo stallo in Libia perché il Paese continua ad essere diviso, e per «il deteriorarsi della situazione umanitaria e di sicurezza nella regione del Sahel, che continua ad essere presa di mira da gruppi terroristici, e per l’espansione di questa violenza verso l’Africa Occidentale».

Il cardinale Parolin parla anche della Repubblica Democratica del Congo, dell’Etiopia, dell’attenzione alle transizioni politiche in Sudan, Ciad, Mali, Burkina Faso e Guinea. Non nasconde il peggioramento della situazione in Sud Sudan a causa delle inondazioni e dell’insicurezza alimentare che colpiscono soprattutto i bambini: «La Santa Sede, mentre continua a seguire da vicino la situazione nella nazione più giovane, continua a promuovere la riconciliazione attraverso il dialogo e la cooperazione sociale». Un cammino pacifico e rispettoso è l’augurio per il Nicaragua ma anche per Haiti, gravato dalla violenza e appesantito dalle precarie condizioni economiche e sociali. Infine la Santa Sede si dice rattristata per gli scontri tra Azerbaigian e Armenia, esortando le parti al rispetto del cessate il fuoco. Apprezzamento, invece, per il vaccino contro la malaria, principale causa di morte in Africa, che va reso accessibile a tutti.

Inoltre, di fronte a «gli effetti negativi degli impatti avversi del cambiamento climatico» che continuano a colpire gravemente «la nostra casa comune», il segretario di Stato denuncia la possibilità di cadere in «uno stato di indifferenza globalizzata». E guardando alla Cop27, la Conferenza delle parti sui cambiamenti climatici organizzata dall’Onu e in programma a Sharm El Sheikh, in Egitto, dal 7 al 18 novembre prossimi, il cardinale Parolin auspica che «vi sia la volontà politica di adottare decisioni più ferme e trasformative per proteggere l’ambiente accelerando l’azione globale per il clima». Infine, il porporato sottolinea le ricchezze e i pericoli del mondo digitale, in particolare per il traffico di esseri umani, la diffusione dell’odio e dell’estremismo e ribadisce l’impegno della Santa Sede nel Comitato ad hoc per l’elaborazione di una Convenzione internazionale globale per contrastare l’uso delle tecnologie a fini criminali e per affrontare il problema della criminalità transnazionale. «No — conclude quindi il segretario di Stato — a un mondo diviso tra potenze in conflitto; sì a un mondo unito tra popoli e civiltà che si rispettano».

di Benedetta Capelli
 

L'intervento del cardinale segretario di Stato