Quella mancata
traversata a vela

 Quella mancata traversata a vela  QUO-152
06 luglio 2022

L’ho incontrato per la prima volta nei vecchi locali sotterranei adibiti alle interviste durante un Sinodo, nei primi anni 2000. Lui era arcivescovo di São Paulo, molto rispettato e anche un po’ “temuto” da me, giornalista alle prime armi. Appena introdussi la prima domanda, mi corresse sulla pronuncia del suo cognome. Però non mi scoraggiai. Aveva una grande fama, sapevo che era un “nome” in Brasile, non solo nella Chiesa, ma perché era stato a capo della Pastorale operaia a Santo André e sosteneva l’attività sindacale.

Mi ricordo come ieri quel mio primo contatto con Dom Cláudio. Da lì in avanti, ho cercato sempre altre occasioni per chiamarlo in arcidiocesi per un commento, una riflessione, una intervista da pubblicare. Lui aggiungeva sempre un concetto, una idea “in più”, era un “bonus” per i nostri programmi radiofonici e in seguito, per il portale di Radio vaticana e Vatican news. Spesso gli chiedevo anche di parlare in più lingue e lui senza titubare rispondeva in italiano, spagnolo, francese e anche tedesco. Era contento quando lo chiamavo, la sua segretaria ormai mi conosceva e me lo passava di corsa. Si sentiva il suo serio e sincero sorriso.

Abbiamo creato, negli anni, un rapporto di stima professionale e umana, divenuto ancora più stretto nel 2006, quando si è trasferito a Roma, come prefetto della Congregazione per il clero. Vivendo e lavorando vicini, siamo diventati veri amici. Lui era molto riservato, ma la sua levatura spirituale, credibilità ed eleganza raccontavano tutto. C’era fiducia tra noi, i suoi occhi trasbordavano fede, speranza, sicurezza. A tal punto che quando diceva “no” a una richiesta, c’era solo da accettare e capire. Il suo rifiuto era una lezione, per me. Tutto in lui era da imparare: umiltà, moderazione, semplicità, fermezza.

Con lui ho approcciato e cominciato ad appassionarmi alle tematiche ambientali. Nei tempi, con mio marito e i miei figli, si è interessato alle nostre traversate oceaniche a vela, dicevamo sempre che alla prossima sarebbe venuto anche lui, per sentire il silenzio tra il mare e il cielo e conoscere i colori del passare delle ore in balìa della natura.

Com’era felice dopo il Conclave del 2013! Con l’elezione di Papa Francesco è rinato. I poveri erano ancora di più al centro dell’attenzione della Chiesa e dei media.

Ha presentato l’Amazzonia al Vaticano con un Sinodo speciale! Ha fatto sapere al mondo che in quella parte del globo vivono popoli umiliati e sfruttati. Ha lottato per loro, fino alla fine.

La pandemia e l’isolamento lo hanno provato, la solitudine ha pesato troppo sulla malattia che lo ha colpito nel 2017. Mi ha chiamato e raccontato, con tutto il suo candore, che stava per iniziare la terapia. Coraggioso, malato, ha continuato a partecipare agli incontri virtuali per la creazione della Conferenza ecclesiale dell’Amazzonia fino alla sua rinuncia, negli ultimi giorni di marzo. Ero lì per salutarlo. Abbiamo mangiato una feijoada, con le due signore consacrate che lo assistevano. Mi ha regalato una piccola statuina di san Francesco, in argilla.

Ancora non ho realizzato la sua dipartita, credo che chiunque lo abbia conosciuto, da ieri si senta un po’ orfano.

di Cristiane Murray


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