
Venerdì 15
Come Maria |
Maria, che Cristo risorto ha portato con sé nella gloria in corpo e anima, risplende come icona di speranza per i suoi figli pellegrini nella storia. |
Questa verità della nostra fede è perfettamente intonata al tema del Giubileo che stiamo vivendo.
Il pellegrino ha bisogno della meta che orienti il suo viaggio: una meta bella, attraente, che guidi i suoi passi e lo rianimi quando è stanco, che ravvivi sempre nel suo cuore il desiderio e la speranza.
Nel cammino dell’esistenza questa meta è Dio, Amore infinito ed eterno, pienezza di vita, di pace, di gioia, di ogni bene.
Il cuore umano è attratto da tale bellezza e non è felice finché non la trova; e in effetti rischia di non trovarla se si perde in mezzo alla “selva oscura” del male e del peccato.
Dio ci è venuto incontro, ha assunto la nostra carne, fatta di terra, e l’ha portata con Sé, simbolicamente diciamo “in cielo”, cioè in Dio.
Mistero |
È il mistero di Gesù Cristo, incarnato, morto e risorto per la nostra salvezza; e, inseparabile da Lui, è anche il mistero di Maria, la donna da cui il Figlio di Dio ha preso carne, e della Chiesa, corpo mistico di Cristo. |
Un unico mistero d’amore, e dunque di libertà. Come Gesù ha detto “sì”, così Maria ha detto “sì”, ha creduto alla parola del Signore.
Tutta la sua vita è stata un pellegrinaggio di speranza insieme al Figlio di Dio e suo, un pellegrinaggio che, attraverso la Croce e la Risurrezione, l’ha fatta giungere in patria, nell’abbraccio di Dio.
Mentre siamo in cammino, come singoli, come famiglia, in comunità, specialmente quando vengono le nubi e la strada si fa incerta e difficile, alziamo lo sguardo, guardiamo a lei, la nostra Madre, e ritroveremo la speranza che non delude
(Angelus in Piazza della Libertà
a Castel Gandolfo)
Donare il pane materiale |
Contempliamo il nostro tempo, attraversato da molteplici sfide in campo economico, politico e culturale. Il dolore per l’ingiustizia e l’esclusione che affliggono tanti nostri fratelli spinge tutti noi battezzati a dare una risposta che, come Chiesa, deve corrispondere ai segni dei tempi dalle viscere del Vangelo. Urge la testimonianza dei santi di oggi, persone che rimangano unite al Signore, come i tralci alla vite. |
I santi non sono ornamenti di un passato barocco; nascono da una chiamata di Dio a costruire un futuro migliore.
Ogni azione sociale della Chiesa deve avere come centro e obiettivo l’annuncio del Vangelo di Cristo, in modo tale che, senza trascurare l’immediato, conserviamo sempre la consapevolezza della direzione propria e ultima del nostro servizio. Se non diamo Cristo integro, daremo sempre estremamente poco.
Non sono due amori, ma uno solo e unico, quello che ci spinge a donare sia il pane materiale sia il Pane della Parola che, a sua volta, per il suo stesso dinamismo, dovrà suscitare fame del Pane del cielo, quello che solo la Chiesa può dare, per mandato e volontà di Cristo, e che nessuna istituzione umana, per quanto ben intenzionata sia, può sostituire.
Non smettiamo di ricordare le parole dell’Apostolo delle genti: «Non stanchiamoci di fare il bene, perché se non ci stanchiamo, a tempo debito raccoglieremo».
(Ai partecipanti alla Settimana sociale
in Perú)
Scuola |
Nel solco di questi sei secoli, la vostra antica Famiglia religiosa, ispirata alla Regola del grande padre del monachesimo occidentale San Benedetto, è stata scuola di carità operosa, fonte di spiritualità e ideale d’offerta di sé a Cristo e alla Chiesa. |
Santa Francesca Romana, tanto amata dai fedeli, continua ad essere faro che illumina i credenti di ogni epoca, facendo ardere il fuoco dell’amore di Cristo nell’uomo d’oggi.
La nostra società urge di donne come Lei.
Ricordiamo tre risvolti della sua santità: lo zelo con cui si impegnò a generare Cristo nel mondo; la docilità alla guida degli Angeli, la cui presenza coltivava grazie alla fedeltà alla preghiera e alla meditazione della Parola di Dio; l’impegno per l’unità della Chiesa, con la preghiera e l’azione.
Di tutto questo è continuazione la vostra presenza di Monastero “aperto” nel cuore della Città Eterna, come lampada per la storia e il cammino di un popolo; numerosi, nei secoli trascorsi, sono stati i devoti della Santa che si sono recati in codesto luogo così sublime, ricco di arte e di spiritualità, per attingere la pace interiore e assaporare l’amore di Dio, e ancora oggi c’è tanto bisogno, in una società così frenetica ed opulenta, di oasi come questa.
(Alle Suore Oblate di Santa Francesca Romana)
Domenica 17
Il fuoco |
Ognuno di noi viene in chiesa con qualche stanchezza e paura e subito siamo meno soli, siamo insieme e troviamo la Parola e il Corpo di Cristo. |
Il nostro cuore riceve una vita che va oltre la morte: è lo Spirito Santo, lo Spirito del Risorto, a fare questo fra di noi e in noi, silenziosamente, domenica dopo domenica, giorno dopo giorno.
Ci troviamo in un antico Santuario le cui mura ci abbracciano: si chiama “Rotonda” e la forma circolare, come a Piazza San Pietro e in altre chiese antiche e nuove, ci fa sentire accolti nel grembo di Dio.
All’esterno la Chiesa, come ogni realtà umana, può apparirci spigolosa. La sua realtà divina si manifesta quando ne varchiamo la soglia e troviamo accoglienza.
La nostra povertà, la nostra vulnerabilità e i fallimenti per cui possiamo venire disprezzati e giudicati sono finalmente accolti nella dolce forza di Dio, un amore senza spigoli, un amore incondizionato.
Maria, la madre di Gesù, per noi è segno e anticipazione della maternità di Dio. In lei diventiamo una Chiesa madre, che genera e rigenera non in virtù di una potenza mondana, ma con la virtù della carità.
Avere |
Il mondo ci abitua a scambiare la pace con la comodità, il bene con la tranquillità. Qualcuno ci raccomanderà di non rischiare, di risparmiarci, perché importa stare tranquilli e gli altri non meritano di essere amati. Gesù invece si è immerso nella nostra umanità con coraggio. Il «battesimo» di cui parla è il battesimo della croce, un’immersione totale nei rischi che l’amore comporta. Noi quando “facciamo la comunione” ci alimentiamo di questo suo dono audace. La Messa nutre questa decisione di non vivere più per noi stessi, di portare il fuoco nel mondo. Non il fuoco delle armi, e nemmeno quello delle parole che inceneriscono gli altri, ma il fuoco dell’amore, che si abbassa e serve, che oppone all’indifferenza la cura e alla prepotenza la mitezza; il fuoco della bontà, che non costa come gli armamenti, ma gratuitamente rinnova il mondo. Può costare incomprensione, scherno, persino persecuzione, ma non c’è pace più grande di avere in sé la sua fiamma. Vi incoraggio a non distinguere tra chi assiste e chi è assistito, tra chi sembra dare e chi sembra ricevere, tra chi appare povero e chi sente di offrire tempo, competenze, aiuto. |
Essere doni per gli altri |
Siamo la Chiesa del Signore, una Chiesa di poveri, tutti preziosi, tutti soggetti, ognuno portatore di una Parola singolare di Dio. |
Ognuno è un dono per gli altri. Abbattiamo i muri.
Ringrazio chi opera in ogni comunità cristiana per facilitare l’incontro fra persone diverse per provenienza, per situazione economica, psichica, affettiva: solo insieme, solo diventando un unico Corpo in cui anche il più fragile partecipa in piena dignità, siamo il Corpo di Cristo, la Chiesa di Dio.
Aprire le porte al Signore |
Questo avviene quando il fuoco che Gesù è venuto a portare brucia i pregiudizi, le prudenze e le paure che emarginano ancora chi porta scritta la povertà di Cristo nella propria storia. |
Non lasciamo fuori il Signore dalle nostre chiese, dalle nostre case e dalla nostra vita. Nei poveri, invece, lasciamolo entrare e allora faremo pace anche con la nostra povertà, quella che temiamo e neghiamo quando cerchiamo a ogni costo tranquillità e sicurezza.
(Messa al Santuario di Santa Maria
della Rotonda di Albano)
Agire |
Gesù, con immagini forti e grande franchezza, dice ai discepoli che la sua missione, e anche quella di chi lo segue, non è tutta “rose e fiori”, ma è “segno di contraddizione”. |
Il Signore anticipa ciò che dovrà affrontare quando a Gerusalemme sarà osteggiato, arrestato, insultato, percosso, crocifisso; quando il suo messaggio, pur parlando d’amore e di giustizia, sarà rifiutato; quando i capi del popolo reagiranno con ferocia alla sua predicazione.
Tutto questo ci ricorda che non sempre il bene trova, attorno a sé, una risposta positiva.
Proprio perché la sua bellezza infastidisce quelli che non lo accolgono, chi lo compie finisce coll’incontrare dure opposizioni, fino a subire prepotenze e soprusi.
Agire nella verità costa, perché nel mondo c’è chi sceglie la menzogna, e perché il diavolo, approfittandone, spesso cerca di ostacolare l’agire dei buoni.
Fedeli |
Gesù ci invita, con il suo aiuto, a non arrenderci e a non omologarci a questa mentalità, ma a continuare ad agire per il bene nostro e di tutti, anche di chi ci fa soffrire. A non rispondere alla prepotenza con la vendetta, ma a rimanere fedeli alla verità nella carità. I martiri ne danno testimonianza spargendo il sangue per la fede, ma anche noi, in circostanze e con modalità diverse, possiamo imitarli. Pensiamo al prezzo che deve pagare un buon genitore, se vuole educare bene i suoi figli, secondo principi sani: prima o poi dovrà saper dire qualche “no”, fare qualche correzione, e questo gli costerà sofferenza. Lo stesso vale per un insegnante che desideri formare correttamente i suoi alunni, per un professionista, un religioso, un politico, che si propongano di svolgere onestamente la loro missione, e per chiunque si sforzi di esercitare con coerenza, secondo gli insegnamenti del Vangelo, le proprie responsabilità. (Angelus in Piazza della Libertà a Castel Gandolfo) |
Mercoledì 20
Il perdono |
Ci soffermiamo su uno dei gesti più sconvolgenti e luminosi del Vangelo: il momento in cui Gesù, durante l’ultima cena, porge il boccone a colui che sta per tradirlo. Non è solo un gesto di condivisione, è molto di più: è l’ultimo tentativo dell’amore di non arrendersi. |
Amare fino alla fine: ecco la chiave per comprendere il cuore di Cristo. Un amore che non si arresta davanti al rifiuto, alla delusione, neppure all’ingratitudine.
Gesù conosce l’ora, ma non la subisce: la sceglie, riconosce il momento in cui il suo amore dovrà passare attraverso la ferita più dolorosa, quella del tradimento.
Invece di ritrarsi, di accusare, di difendersi… continua ad amare: lava i piedi, intinge il pane e lo porge.
Ha compreso che la libertà dell’altro, anche quando si smarrisce nel male, può ancora essere raggiunta dalla luce di un gesto mite. Sa che il vero perdono non aspetta il pentimento, ma si offre per primo, come dono gratuito, ancor prima di essere accolto.
Giuda, purtroppo, non comprende.
Dio fa di tutto — proprio tutto — per raggiungerci, anche nell’ora in cui noi lo respingiamo.
È qui che il perdono si rivela in tutta la sua potenza e manifesta il volto concreto della speranza. Non è dimenticanza, non è debolezza. È la capacità di lasciare libero l’altro, pur amandolo fino alla fine.
L’amore di Gesù non nega la verità del dolore, ma non permette che il male sia l’ultima parola. Questo è il mistero che Gesù compie per noi, al quale anche noi, a volte, siamo chiamati a partecipare.
Quante relazioni si spezzano, quante storie si complicano, quante parole non dette restano sospese.
C’è sempre |
Il Vangelo ci mostra che c’è sempre un modo per continuare ad amare, anche quando tutto sembra irrimediabilmente compromesso. Perdonare non significa negare il male, ma impedirgli di generare altro male. Non è dire che non è successo nulla, ma fare tutto il possibile perché non sia il rancore a decidere il futuro. La notte è ancora lì, ma una luce ha già cominciato a brillare: brilla perché Cristo rimane fedele fino alla fine, e così il suo amore è più forte dell’odio. Anche noi viviamo notti dolorose e faticose. Notti dell’anima, notti della delusione, notti in cui qualcuno ci ha ferito o tradito. In quei momenti, la tentazione è chiuderci, proteggerci, restituire il colpo. Il Signore ci mostra la speranza che esiste, esiste sempre un’altra via. Ci insegna che si può offrire un boccone anche a chi ci volta le spalle, che si può rispondere con il silenzio della fiducia e si può andare avanti con dignità, senza rinunciare all’amore. Chiediamo oggi la grazia di saper perdonare, anche quando non ci sentiamo compresi, anche quando ci sentiamo abbandonati. È proprio in quelle ore che l’amore può giungere al suo vertice. Come ci insegna Gesù, amare significa lasciare l’altro libero — anche di tradire — senza mai smettere di credere che persino quella libertà, ferita e smarrita, possa essere strappata all’inganno delle tenebre e riconsegnata alla luce del bene. |
Il perdono |
Quando la luce del perdono riesce a filtrare tra le crepe più profonde del cuore, capiamo che non è mai inutile. Anche se l’altro non lo accoglie, anche se sembra vano, il perdono libera chi lo dona: scioglie il risentimento, restituisce pace, ci riconsegna a noi stessi. Gesù, con il gesto semplice del pane offerto, mostra che ogni tradimento può diventare occasione di salvezza, se scelto come spazio per un amore più grande. Non cede al male, ma lo vince con il bene, impedendogli di spegnere ciò che in noi è più vero: la capacità di amare. (Udienza generale in Aula Paolo VI) |