Dalla Terra Santa il cardinale Aveline incoraggia a sostenere i cristiani locali

Pellegrinaggi di speranza
e solidarietà

 Pellegrinaggi di speranza e solidarietà  QUO-190
20 agosto 2025

di Delphine Allaire

Tanto a Taybeh, nel corso della messa domenicale celebrata al fianco dei tre parroci di questo villaggio a maggioranza cristiana in un territorio controllato dai coloni, quanto a Betlemme, nella basilica della Natività deserta, e ancora presso la comunità monastica benedettina di Abu Gosh, il cardinale Jean-Marc Aveline, arcivescovo di Marsiglia e presidente della Conferenza episcopale francese, in pellegrinaggio dal 16 al 20 agosto in Terra Santa con un gruppo di presuli, ha incontrato i fedeli locali per testimoniare il proprio sostegno spirituale, materiale e fraterno. Come raccomandato da Papa Leone XIV in un breve messaggio, si è trattato di un viaggio che ha voluto essere «una forte testimonianza di vicinanza e misericordia» in un momento di dolore e incertezza che lo stesso Pontefice ha accompagnato con lo spirito e la preghiera.

«Non siamo venuti per parlare ma per ascoltare e comprendere», ha spiegato il cardinale Aveline ai giornalisti nella sede del patriarcato di Gerusalemme dei Latini. Accompagnato dai due vice presidenti della Conferenza episcopale, monsignor Benoît Bertrand e monsignor Vincent Jordy, e dall’ausiliare di Gerusalemme dei Latini, William Hanna Shomali, l’arcivescovo di Marsiglia ha parlato dell’angoscia e della desolazione vissuta negli ultimi giorni: «È difficile vivere in questi luoghi sapendo ciò che sta accadendo qui vicino, a Gaza. Situazione che abbiamo costantemente in mente e nel cuore. Conosciamo la gravità di quanto succede». Nel corso di una telefonata nella mattinata di ieri, 19 agosto, con il parroco Gabriel Romanelli, il porporato è stato informato delle operazioni di evacuazione nel quartiere dove si trova la chiesa della Sacra Famiglia. Aveline, che stasera lascerà la Terra Santa, ha definito padre Romanelli un simbolo «di forza interiore» e «fede in Dio in ogni circostanza» aggiungendo che al suo rientro avrà «molto da dire alle Chiese di Francia e d’Europa».

È necessario — ha messo in evidenza il presidente della Conferenza episcopale francese — incoraggiare un ritorno progressivo dei pellegrini in piccoli gruppi e con una nuova mentalità capace di interessarsi realmente ai cristiani e agli altri che vivono in queste terre: «Un pellegrino che sappia comprendere che ci sono dei cristiani in questo paese che non possono intraprendere il medesimo pellegrinaggio che lui stesso sta compiendo. Un pellegrinaggio che non abbia lo scopo di migliorare il rapporto con la propria fede ma di vivere un sentimento di solidarietà ecclesiale profonda, e cioè una conversione del pellegrino». Si tratta di una questione di responsabilità di tutta la Chiesa di fronte alla Chiesa madre di Gerusalemme: «La chiave di lettura principale è politica ma c’è anche una chiave di lettura spirituale e applicarla è una responsabilità dei cristiani. Questa riguarda il mistero della Chiesa e della Passione», spiega Aveline, che di questo ha discusso a Taybeh con il patriarca emerito di Gerusalemme dei Latini, Michel Sabbah, il quale gli ha a sua volta confidato: «Stiamo vivendo qualcosa di simile al perpetrarsi della Passione del Cristo». Il porporato ha poi evocato il mistero del giudaismo, riflettendo sul legame «vitale, profondo ed esistenziale» tra ebrei e cristiani: «In che modo riuscire a vivere la fede ebraica come una radice per noi e per loro, come un frutto? Specialmente in un momento come quello attuale caratterizzato dalle scelte politiche del governo israeliano e il rifiuto di ogni critica, che viene tacciata di antisemitismo, abbiamo certamente bisogno di un confronto», ha osservato evocando il «grave» antisemitismo che è tornato a crescere in Europa.

L’arcivescovo di Marsiglia ha inoltre espresso la sua ammirazione per il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini, capace di dare prova «di pazienza, di coraggio e di desiderio di dire la verità», senza mai ledere la dignità di chicchessia, ovunque si trovi. Uno degli scopi della visita, ha precisato, «è proprio quello di volerlo aiutare nella sua missione». Nonostante i temi politici e spirituali complessi, il presidente dei vescovi francesi ha evidenziato la profonda gioia del Vangelo di cui la povertà è parte e che lui stesso ha potuto percepire nei luoghi santi: «Non si tratta di un entusiasmo superficiale ma di una gioia profonda in quanto legata alla speranza. Quando tutti i motivi di speranza scompaiono, sola resta nel cuore la speranza di quanti credono in Cristo e nella Resurrezione». E citando una definizione della speranza data dal monaco trappista André Louf, ha concluso: «Dio sa fare dei capolavori con le macerie dei nostri sogni. Qui si sono infranti molti sogni ma ecco la speranza che siamo venuti a condividere».