La carezza del Papa ai più bisognosi
La cronaca

Come in famiglia

 Come in famiglia  QUO-188
18 agosto 2025

di Daniele Piccini
e Tiziana Campisi

Si va a messa la domenica insieme, si prende un caffè al bar e poi a casa a pranzare: proprio così, come una famiglia, hanno trascorso la giornata di ieri, domenica 17 agosto, Leone XIV e centodieci assistiti dalla Caritas diocesana di Albano.

«È una giornata importante — commenta ai media vaticani il sindaco di Albano, Massimiliano Borelli, mentre aspetta l’arrivo del Papa, prima delle ore 9, all’inizio di via della Rotonda, nella cittadina di Albano Laziale — per il significato di forte vicinanza che il Pontefice vuole esprimere nei confronti dei più fragili, economicamente e socialmente».

Un affetto che la gente sente e vuole ricambiare. All’arrivo del Pontefice — giunto in auto da Villa Barberini a Castel Gandolfo, dove è arrivato nel pomeriggio del 13 agosto e rimarrà fino a domani, martedì 19 — centinaia di fedeli dietro le transenne disposte lungo i marciapiedi lo salutano gridando più volte «Evviva il Papa!». Lui sorride, stringe mani, benedice. Percorre pochi metri prima di raggiungere il santuario di Santa Maria della Rotonda dove, alle 9.30, nella XX domenica del Tempo ordinario, presiede l’Eucaristia, animata e partecipata proprio dagli assistiti dell’organismo caritativo diocesano.

Sul sagrato della chiesa — consacrata nell’XI secolo e che custodisce un’icona mariana di epoca antecedente portata da alcune monache greche nel periodo delle persecuzioni iconoclaste —, ad accogliere il Pontefice è il rettore, monsignor Adriano Gibellini. Con lui anche il direttore della Caritas di Albano, Alessio Rossi, che guida il Papa sotto il portico per illustragli la mostra fotografica itinerante intitolata “Segni di speranza”: tredici pannelli che raccontano storie vere, emozioni, numeri, impegno quotidiano al fianco di ultimi e bisognosi, per far capire che ciascuno può offrire aiuto, attenzione e amore agli altri. Tra i pannelli, ce n’è anche uno dedicato al messaggio di Leone XIV per la Giornata mondiale dei poveri che si celebrerà il 16 novembre prossimo sul tema «Sei tu, mio Signore, la mia speranza (Sal 71, 5)».

Quindi, il Pontefice entra nel santuario e, prima di dare inizio alla celebrazione, si raccoglie per un breve momento in adorazione davanti al Santissimo Sacramento. Oltre un centinaio quanti siedono ai banchi, mentre fuori altri seguono la liturgia grazie a un maxischermo.

Alla liturgia della Parola le letture sono tratte dal libro del profeta Geremia (38, 4-6. 8-10) e dalla lettera agli Ebrei (12, 1-4). Il Salmo intonato è il 39, «Signore, vieni presto in mio aiuto». Il Vangelo proclamato è quello di Luca (12, 49-53). Insieme al vescovo di Roma concelebrano, tra gli altri, il vescovo di Albano, monsignor Vincenzo Viva, e monsignor Gibellini.

Durante la preghiera dei fedeli, si elevano intenzioni in particolare per i governanti affinché, liberi da «interessi personali e di parte», possano favorire «la promozione del bene di ogni persona»; e per coloro che vivono nel bisogno, perché il Signore doni loro la certezza della Sua presenza e accresca in tutti «una solidarietà attenta e generosa».

All’offertorio, a portare i doni per la mensa eucaristica sono alcuni ospiti dei Centri di accoglienza della diocesi di Albano, tra cui una famiglia originaria del Perú — dove l’allora vescovo Prevost è stato per tanti anni missionario — e operatori della Caritas. Al termine del rito, il saluto di Leone XIV ai poveri e ai volontari presenti alla messa e il ringraziamento a tutti per la calorosa accoglienza ricevuta, la quale «è sempre un segnale — spiega —, un gesto che manifesta che lì c’è una comunità autenticamente cristiana. E mi sento molto ben accolto... Che Dio benedica tutti voi e vi aiuti a crescere sempre nella fede e nella comunione».

Poi per il Pontefice un nuovo bagno di folla lungo via della Rotonda, prima di fare rientro in automobile a Castel Gandolfo, per la recita dell’Angelus in piazza della Libertà, davanti al Palazzo apostolico, dove lo attendono circa 2.500 fedeli.

Intanto, sopra Albano inizia a cadere una pioggia fitta. Alla sede della Caritas — dove tutti gli ospiti del pranzo sono riuniti prima di partire per la Ville Pontificie — ci si ripara come si può. «Il Papa ha usato parole perfette durante l’omelia, descrivendo proprio tutto quello che dovrebbe essere il nostro servizio — commenta Clara Borri, psicologa del Centro d’ascolto della Caritas di Albano —: ha spiegato che la Chiesa deve essere rotonda, senza spigoli, accogliente. E proprio questa deve essere l’opera della Caritas. Lui per primo dà l’esempio, accogliendo, invitando, facendosi prossimo agli ultimi».

Poco dopo, smette di piovere e gli invitati al pranzo con il Papa, a bordo di alcuni pulmini, iniziano a raggiungere il piazzale del Padiglione del riposo, nel Borgo Laudato si’ delle Ville Pontificie di Castel Gandolfo. Qui, sotto un gazebo a forma di grande L, è stato allestito un lungo tavolo i cui lati convergono verso una tavola rotonda. Proprio lì c’è il posto del Pontefice: non con le autorità religiose e civili, ma con tre assistiti dalla Caritas di Albano.

«Non mi era mai capitata una cosa così: noi che di solito siamo emarginati, oggi pranziamo con il Papa», dice Massimiliano Teriaca, senzatetto di 57 anni, che, emozionatissimo, è collocato alla destra di Leone XIV. L’uomo, che dorme alla Stazione ferroviaria di Velletri, da circa un anno frequenta la sede Caritas di Albano in piazza Vescovile, dove riceve pasti e assistenza medico-sanitaria. «Non è tanto un’organizzazione caritativa, ma una famiglia ed è proprio questo che mi piace», spiega prima di essere interrotto dal brusio crescente.

Il Papa è arrivato, procede verso gli ospiti alzatisi in piedi, stringe mani, saluta i bambini e poi prende posto. Il cardinale scalabriniano Fabio Baggio, direttore generale del Centro di Alta formazione Laudato si’ e sottosegretario del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, gli porge il benvenuto: «Questa, Santo Padre, è casa sua e noi siamo la sua famiglia».

E infatti, come tutti i pranzi domenicali che si rispettino, anche questo inizia con un breve discorso del “capofamiglia”. «Essere qui riuniti — dice Leone XIV — significa vivere insieme a Dio, nella comunione e nella fraternità. Grazie e buon appetito!».

Alle ore 15.30 gli ospiti escono dal cancello delle Ville Pontificie che si affaccia su piazza Pia. Tra loro c’è anche Teriaca, visibilmente felice. «È stata una giornata bellissima — racconta commosso —, ho avuto la possibilità di pranzare allo stesso tavolo con il Papa. Abbiamo avuto un buon dialogo. Ha voluto sapere della mia vita, gli ho detto che vivo per strada. Ha chiesto se qui ad Albano c’è un dormitorio: gli ho detto di no, ma che la diocesi si sta attivando per costruirlo. Mi sono sentito ascoltato, sono sicuro che farà molto per noi poveri. È una persona squisita. Sembrava di stare a casa, come quando ero piccolo».

«Abbiamo vissuto una giornata storica — dice monsignor Viva —, ma quello che è accaduto oggi, cioè essersi ritrovati attorno alla mensa eucaristica, a messa, e poi attorno a un tavolo, a pranzo con i poveri, è quello che accade tutti i giorni nei nostri Centri di ascolto, nella nostra Caritas diocesana. Tuttavia, ciò che accade tutti i giorni non ha tanta visibilità, anche perché viviamo in una società che non vuole vedere i poveri e gli emarginati». «Il Papa — prosegue — ha dato visibilità a una realtà centrale della Chiesa di Albano, ovvero il servizio agli ultimi. E per i poveri incontrare il Papa è stata una restituzione di giustizia: il successore di Pietro ha dato attenzione proprio a loro».