A colloquio con il vescovo di Hiroshima, Alexis Mitsuru Shirahama

Una Chiesa consapevole di un dramma e di un’eredità

Crows fly around the top of the Atomic Bomb Dome on the eve of the 80th anniversary of the world's ...
06 agosto 2025

di Guglielmo Gallone

«La Chiesa cattolica nelle città bombardate ha il compito di pregare, alzare la voce e agire in risposta al desiderio dei sopravvissuti, ormai anziani»: il vescovo di Hiroshima, Alexis Mitsuru Shirahama, affida ai media vaticani un testo che raccoglie tutti i suoi auspici e tutte le sue riflessioni in un giorno tanto simbolico come quello dell’ottantesimo anniversario dei bombardamenti atomici sganciati dagli Stati Uniti su Hiroshima e Nagasaki. E dipinge l’immagine di una Chiesa consapevole sì di un dramma, ma anche di un’eredità: «Come comunità cristiana attiva nei luoghi colpiti dalla bomba — ci racconta — sentiamo profondamente questa responsabilità e continuiamo a interrogarci sulla nostra missione: la potenza distruttiva delle armi nucleari oggi supera di gran lunga quella delle bombe sganciate 80 anni fa. Il problema non riguarda più solo il numero di testate. Anche un solo ordigno nucleare avrebbe conseguenze devastanti inimmaginabili per l’umanità e per l’ambiente. Noi dobbiamo far conoscere al mondo le storie delle persone che hanno subìto danni durante la produzione e lo sviluppo delle armi nucleari e offrire loro sostegno».

Parole coraggiose di fronte al contesto geopolitico odierno che racconta l’erosione del regime di non proliferazione: nel 2024, per la prima volta, le spese delle nove potenze nucleari mondiali hanno superato la soglia dei cento miliardi di dollari, come rivelato dalla Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari. 3.169 dollari al secondo, 274 milioni di dollari al giorno e 1,9 miliardi di dollari a settimana: con spese simili si sarebbero potute sfamare, per quasi due anni, le 345 milioni di persone che affrontano i livelli più gravi di fame nel mondo. Di più, la crisi internazionale sembra riversarsi sull’opinione pubblica: il sondaggio ECFR dello scorso giugno ha rivelato che il 60 per cento dei polacchi, il 62 per cento dei portoghesi e il 54 per cento degli spagnoli appoggia l’idea di un deterrente nucleare nazionale. Se nel 2021 in Germania il 14 per cento era favorevole alla presenza del nucleare, ora il numero è salito al 39 per cento. In Italia, secondo il rapporto diffuso dal ministero dell’Ambiente nel 2023, sono presenti 32.663,1 metri cubi di rifiuti radioattivi, il 5 per cento in più rispetto al 2022.

E poi c’è un altro rischio, rimarcato da monsignor Shirahama: «Oltre ai cinque Stati in possesso di armi nucleari che sono parte del Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp), si stanno affermando altri Paesi dotati di questo strumento e un ulteriore disarmo si fa sempre più difficile. Di fronte alla teoria della deterrenza, che giustifica il possesso di armi nucleari, dobbiamo smascherare la disumana natura delle armi nucleari, pregare per la loro abolizione, dialogare e agire insieme».

Dalle parole ai fatti il passaggio è immediato e si basa su un cammino da compiere insieme: monsignor Shirahama ci racconta l’incontro svoltosi martedì 5 agosto cui hanno partecipato l’arcivescovo Francesco Escalante Molina, nunzio apostolico in Giappone, il cardinale Robert Walter McElroy, arcivescovo di Washington, il cardinale Blase Cupich, arcivescovo di Chicago, i vescovi di Incheon, Uijongbu e Chuncheon (Corea del Sud), il cardinale Tarcisius Isao Kikuchi, arcivescovo di Tokyo, e altri vescovi giapponesi. Soprattutto, erano presenti diversi hibakusha, “coloro che sono stati colpiti dal bombardamento”. Il pellegrinaggio, iniziato ieri presso la Cattedrale Memoriale della Pace Mondiale di Hiroshima, si concluderà il 10 agosto con un dialogo ecumenico e un simposio accademico nella Cattedrale di Urakami a Nagasaki. «Nel 2023 — dice monsignor Shirahama — abbiamo istituito l’Alleanza per un mondo senza armi nucleari (Pwnw) con l’arcidiocesi di Santa Fe e di Seattle, tra le più colpite negli Usa, e con l’arcidiocesi di Nagasaki, iniziando un cammino comune per un mondo senza armi nucleari». Nella dichiarazione congiunta letta ieri i firmatari hanno ribadito il rifiuto a «ogni giustificazione che presenti i bombardamenti atomici come mezzo per concludere una guerra», impegnandosi ad «allargare internazionalmente il cerchio della pace e della solidarietà».

Fondamentali in questo senso sono stati i messaggi dei pontefici che, nel corso degli ultimi decenni, hanno dedicato una crescente attenzione al destino dei luoghi colpiti e segnati nel profondo da atti tanto brutali: «Sia Papa Giovanni Paolo II, il 25 febbraio 1981, sia Papa Francesco, il 24 novembre 2019, visitarono Hiroshima lanciando forti appelli per l’abolizione delle armi nucleari e oggi Papa Leone XIV ci ha inviato un messaggio — prosegue monsignor Shirahama —. La nostra missione si basa sui tre comandamenti etici lanciati da Papa Francesco nel discorso al Parco della pace di Hiroshima il 24 novembre 2019: ricordare i danni del nucleare, camminare insieme per prevenire nuovi disastri e proteggere da minacce nucleari».

Un impegno tutt’altro che isolato, come dimostra la dichiarazione dei vescovi cattolici del Giappone sull’abolizione delle armi nucleari pubblicata lo scorso giugno: «Come seguaci del Vangelo di Cristo, scegliamo di ricercare la pace attraverso il dialogo e di garantire il rispetto della vita e della dignità di tutte le persone. Pertanto, chiediamo la completa abolizione delle armi nucleari», scrivono i vescovi, perché «il mondo dovrebbe poter scegliere una pace libera dalle armi nucleari».