
di Tiziana Campisi
e Isabella Piro
Arriva presto Leone XIV a Tor Vergata, come a voler stare vicino ai giovani il più possibile. Non sono nemmeno le 8 di domenica mattina quando —, sceso dall’elicottero che, come la sera prima, lo ha portato dal Vaticano alla spianata traboccante di folla — il Pontefice sale sulla jeep bianca scoperta e percorre lentamente i vari reparti. Le migliaia di ragazzi e ragazze che hanno trascorso la notte in sacchi a pelo e giacigli improvvisati lo accolgono con una gioia incontenibile, alzando le braccia, urlando il suo nome, sventolando bandiere, striscioni, cappellini e qualunque altra cosa a portata di mano possa far notare la propria presenza.
Oltre un milione, secondo le autorità, le persone riunite nella periferia est di Roma per la messa conclusiva del Giubileo dei giovani, alla quale si sono accreditati 850 operatori dell’informazione.
Dopo aver risposto — nella serata di sabato 2 agosto, durante la Veglia di preghiera presieduta nel medesimo luogo —, alle domande di tre ragazzi che si sono fatti portavoce di inquietudini, incertezze e dubbi delle nuove generazioni, nella sua omelia, pronunciata in italiano e in parte in spagnolo e inglese, il Papa inverte per un attimo i ruoli e pone lui stesso tre interrogativi. «Cos’è veramente la felicità? Qual è il vero gusto della vita? Cosa ci libera dagli stagni del non senso, della noia, della mediocrità?», chiede. E risponde riassumendo le «molte belle esperienze» fatte da tutti nelle scorse giornate giubilari.
Sul palco, coperto da un ampio arco, spicca una riproduzione dell’icona mariana Salus populi romani, mentre sulla sfondo c’è un grande crocifisso, uguale a quello più piccolo quotidianamente affidato ai pellegrini del Giubileo diretti alla Porta Santa della basilica Vaticana. All’orizzonte, svetta anche la grande croce in acciaio alta quasi 40 metri, simbolo dell’Anno Santo del 2000.
La messa è concelebrata da 20 cardinali, circa 450 tra arcivescovi e vescovi, e quasi 7.000 sacerdoti. Al momento della preghiera eucaristica, all’altare salgono il cardinale Marc Ouellet, dell’ordine dei vescovi, e l’arcivescovo Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione - Sezione per le questioni fondamentali dell’evangelizzazione nel mondo, al quale è affidata l’organizzazione del Giubileo 2025.
La liturgia della Parola si snoda attraverso la prima lettura, in inglese, tratta dal libro di Qoèlet (1, 2; 2, 21-23), il Salmo 89 «Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione», e la seconda lettura, in spagnolo: un passo della lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi (3, 1-5. 9-11). Il Vangelo, proclamato in italiano, è quello di Luca (12, 13-21), in cui Gesù narra la parabola del ricco stolto.
Dopo l’omelia del Pontefice, segue la professione di fede; quindi i lettori si alternano all’ambone per la preghiera dei fedeli in cinque lingue: francese, polacco, portoghese, coreano e tedesco. Intenzioni particolari vengono elevate per i giovani, affinché «il Dio della speranza li guidi nelle sfide del tempo presente» e «realizzino i desideri di bene che lo Spirito semina nel loro cuore»; per gli educatori e gli insegnanti, perché «sappiano ascoltare le aspirazioni dei ragazzi e li accompagnino nelle scelte fondamentali della vita»; e per la pace, così che «cessino le atrocità della guerra e si costruisca un mondo giusto e fraterno».
E proprio ai giovani di «ogni terra insanguinata dalle guerre», come la Striscia di Gaza e l’Ucraina, va il pensiero di Leone XIV durante la preghiera dell’Angelus, guidata poco prima di concludere la celebrazione. Poi — come già la sera precedente —, il ricordo commosso di «due giovani pellegrine, una spagnola e l’altra egiziana, che ci hanno lasciato in questi giorni». María Cobo, 20 anni, è morta il 30 luglio prima di giungere a Roma per motivi di salute. Dopo quattro anni di malattia, preghiera e silenzio condiviso, pochi giorni prima di andarsene, María aveva scritto queste parole: «Se mi chiedessero se ripeterei questi ultimi quattro anni, non esiterei a dire di sì. Ho veramente conosciuto l’amore di Dio. Se Cristo lo permette, è perché ciò che è nelle sue mani è enorme. Il suo scopo è magnifico».
L’egiziana Pascale Rafic, 18 anni, è deceduta invece per un attacco cardiaco mentre viaggiava in autobus verso la parrocchia di Artena, in provincia di Roma, dove si trovava per le celebrazioni del Giubileo. Sabato mattina, il Papa aveva ricevuto in Vaticano i compagni di viaggio della giovane, quale segno di consolazione e incoraggiamento.
Infine, a tutti i ragazzi il vescovo di Roma dà appuntamento a Seoul, in Corea del Sud, dal 3 all’8 agosto 2027, per la XLI Giornata mondiale della gioventù. L’entusiasmo esplode, in particolare tra i giovani di Seoul seduti tra le prime file e guidati dal loro arcivescovo, Peter Soon-taick Chung.
In proposito, il cardinale Kevin Farrell, prefetto del Dicastero per i Laici, la famiglia e la vita — promotore della Gmg — ha invitato i formatori, gli operatori di pastorale giovanile e i vescovi a percorrere insieme il cammino verso Seoul. «È la gioia della speranza, sperimentata in questo anno giubilare, che ci dona il coraggio per annunciare la vittoria del Risorto a tutto il mondo», ha dichiarato il porporato, aggiungendo che «tocca ai giovani farsi pellegrini di speranza per curare solitudini e povertà, e per diventare testimoni di pace in questo mondo dilaniato da divisioni, conflitti e guerre».
Ieri, intanto, in un incontro con la stampa, l’arcivescovo Fisichella ha tracciato un bilancio degli incontri giubilari dei ragazzi, sottolineando come Roma sentirà la mancanza del loro entusiasmo, dei loro sorrisi e volti «puliti», così diversi da quelli descritti dalla maggior parte della cronaca nera.
«È disarmante — ha detto — pensare che questi giovani siano venuti a Roma per pregare». Solo nella Giornata penitenziale del 1 agosto, al Circo Massimo «ci sono stati 28.000 ingressi, il che significa 28.000 confessioni».
«Questi ragazzi — ha aggiunto l’arcivescovo — ci hanno insegnato cosa significa ricercare anche il momento del perdono. Abbiamo dovuto interrompere le confessioni perché i mille sacerdoti che si erano susseguiti erano logicamente stanchi. Si era pensato di concludere alle 18, ma siamo andati avanti fino alle 20 circa».
Le nuove generazioni, ha concluso Fisichella, «porteranno nel cuore queste giornate romane come un momento memorabile della loro vita. Certamente Tor Vergata 2025 rimarrà nella loro memoria».