Dal tramonto all’alba
L’amicizia
può cambiare la storia

 Dal tramonto all’alba  L’amicizia  può cambiare la storia  QUO-179
04 agosto 2025

di Andrea Monda

Oltre un milione di ragazzi e ragazze hanno riempito la distesa di Tor Vergata per stare insieme a Leone XIV per tutta la veglia del Giubileo dei giovani e per partecipare domenica mattina alla messa celebrata dal Pontefice.

Viene in mente la domanda, secca e diretta, di Gesù nel Vangelo di Matteo, quando riferendosi a Giovanni Battista e ai suoi discepoli chiede: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Che cosa dunque siete andati a vedere?» (Mt 11, 7). I giovani in tanti modi hanno risposto, ad esempio riempiendo con la loro energia festosa le strade, le piazze, i luoghi e i mezzi pubblici della Città Eterna: una gioia e un «chiasso» (per dirla con le parole di Giovanni Paolo II e Francesco) che rimarranno a lungo nella memoria dei romani. E hanno risposto anche lì, durante la Veglia, facendo domande, girando in qualche modo la domanda di Gesù al suo Vicario, rivolgendogli le loro domande, domande di senso.

E il Papa ha risposto, li ha abbracciati e accompagnati, non li ha lasciati soli. Ricordando loro quello che amava ripetere Benedetto XVI: chi crede non è mai solo. La religione è innanzitutto relazione.

Questo è stato uno dei temi centrali del dialogo durante la Veglia di sabato sera, 2 agosto: una conversazione al tramonto, un po’ come quella della sera di Emmaus, quando il giorno già volgeva al declino.

Da questo punto di vista il “commento” più efficace a questo momento così intenso di vita della Chiesa alla periferia di Roma è racchiuso nei versi della poesia Emmaus di David Maria Turoldo:

Mentre il sole già volge al declino,

sei ancora il viandante che spiega

le scritture e ci dona il ristoro

con il pane spezzato in silenzio.

Cuore e mente illumina ancora

perché vedano sempre il tuo volto

e comprendano come il tuo amore

ci raggiunge e ci spinge più al largo.

Tor Vergata come Emmaus. Dal tramonto all’alba, dal buio che scende a una nuova luce ricca di speranza. Papa Leone lo ha evidenziato anche nell’omelia della messa di domenica mattina, 3 agosto, sottolineando il passaggio nell’animo dei due discepoli dal timore e dalla disillusione alla gioia per la sorpresa di un incontro inaspettato e insperato, un incontro faccia a faccia.

Quella folla immensa di giovani è andata a Tor Vergata per vedere un volto. E così essere raggiunta da un amore. Non per «fare» qualcosa, ma per «stare». Non fare. Stare anche in silenzio. Non parlare. Semmai cantare. Stare in silenzio e cantare, insieme. Non da soli. Abitare da protagonisti le relazioni, riconoscendo che tutto è relazione.

Papa Leone lo ha detto con chiarezza rispondendo alle domande che i giovani gli hanno rivolto: «...tutti gli uomini e le donne del mondo nascono figli di qualcuno. La nostra vita inizia grazie a un legame ed è attraverso legami che noi cresciamo. [...] Cercando con passione la verità, noi non solo riceviamo una cultura, ma la trasformiamo attraverso scelte di vita. La verità, infatti, è un legame che unisce le parole alle cose, i nomi ai volti. La menzogna, invece, stacca questi aspetti, generando confusione ed equivoco». Anche la verità è dunque un legame, una relazione, che oggi vive una grande crisi nell’epoca del nichilismo (da nihil, cioè da ne-hilum: nessun filo, nessun legame).

Verità che non può mai essere disgiunta dall’amore, che è la relazione per eccellenza. Quando una persona dice di «avere una relazione» sta dicendo che ama qualcuno. Ancora una volta quando si tratta di amore non si tratta di «fare» qualcosa, ma di «stare», stare con qualcuno. Non c’è niente di più bello — i giovani soprattutto lo sanno — che «stare con», con il proprio amato, con i propri amici.

Quando si sta insieme il tempo sparisce, la sua catena si spezza, il krónos diventa kairós, un tempo ricco di promessa e di significato, di gioia piena, e il senso riprende il terreno perduto per il troppo fare e dover fare che occupano la vita quotidiana. L’esperienza gratuita dello stare in compagnia è già un anticipo di paradiso. Ecco perché Leone, citando il suo amato Agostino, ha centrato le sue parole sul tema dell’amicizia — dimensione che è il cuore dell’esistenza dei giovani — ai quali ha ricordato che anche il grande santo africano «è passato attraverso una giovinezza burrascosa: non si è però accontentato, non ha messo a tacere il grido del suo cuore. Cercava la verità che non illude, la bellezza che non passa. Come l’ha trovata? Come ha trovato un’amicizia sincera, un amore capace di dare speranza? Incontrando chi già lo stava cercando: Gesù Cristo. Come ha costruito il suo futuro? Seguendo Lui, suo amico da sempre».

E ha concluso con queste parole piene di speranza: «L’amicizia può veramente cambiare il mondo. L’amicizia è una strada verso la pace». Ecco l’amore che raggiunge e spinge più al largo. (andrea monda)