Giubileo dei giovani
L’emozione e la commozione degli ucraini presenti nell’Urbe

Ambasciatori
di riconciliazione
per un futuro migliore

 Ambasciatori di riconciliazione per un futuro migliore   QUO-177
01 agosto 2025

di Svitlana Dukhovych

Tavole rotonde, musica, giochi, ma soprattutto la Divina liturgia presieduta dal vescovo Bryan Joseph Bayda, presidente della Commissione per i giovani della Chiesa greco-cattolica ucraina, con la partecipazione di altri vescovi e sacerdoti. Sono stati questi i diversi momenti che, nella giornata di ieri, giovedì 31 luglio, hanno animato la basilica greco-cattolica di Santa Sofia, a Roma, conosciuta in città come «la chiesa degli ucraini». L’occasione è stato l’incontro dei ragazzi ucraini nel contesto del Giubileo dei giovani.

I partecipanti provenivano sia dalle diverse regioni dell’Ucraina — comprese quelle vicine al fronte della guerra esplosa a febbraio 2022 —, sia dagli altri Paesi del mondo dove sono emigrati con i loro genitori. Tanya, 17 anni, è arrivata a Roma da Kharkiv, ma i suoi familiari vivono a Zolochiv, vicino al confine con la Federazione Russa. «La nostra città è quasi sempre sotto attacco — ha raccontato —. I miei genitori vivono lì e sono molto preoccupata per loro. Ma quella è la nostra casa e vogliamo restarci. Prego per loro e per la pace». «Sono davvero felice di partecipare al Giubileo — ha aggiunto —, innanzitutto perché è un pellegrinaggio e poi perché siamo ambasciatori del nostro Paese. È bello camminare per le strade di Roma con la nostra bandiera sulle spalle e vedere la gente avvicinarsi per esprimerci solidarietà». «Il Papa ha definito il 2025 come l’anno della speranza e io porto questa speranza nel cuore — ha concluso —: la speranza in un futuro migliore per il nostro Paese e per il mondo intero; la speranza nella pace e nell’unità».

«Sono venuto qui per vivere un’esperienza di fede — ha detto Natanaele, 24 anni, svizzero —. È veramente bello vedere i giovani ucraini indossare i loro abiti tradizionali. Pensando al loro Paese, si comprende lo sforzo che compiono per rimanere fedeli a Cristo dando valore alle piccole cose. Sono qua per celebrare Cristo anche in tempo di guerra. E questo mi commuove molto».

Sofia, 17 anni, vive a Roma, ma sua mamma è ucraina. La guerra, ha spiegato, «è un tema molto difficile di cui parlare. È un periodo drammatico anche per noi che abitiamo qui. La pace dovrebbe essere una cosa fondamentale per tutti, non solo per noi che viviamo in prima persona determinate difficoltà».

Infine, con la voce rotta dalla commozione, ha parlato Anastasia: ha 18 anni, è arrivata a Roma da Kherson, nel sud dell’Ucraina, capoluogo dell’omonima regione in parte occupata dai russi e costantemente sotto attacco. Solo una settimana fa, la giovane ha perso il suo patrigno, caduto al fronte. «La pace — ha detto, trattenendo a malapena le lacrime —, vuol dire che tutti possono vivere tranquilli insieme alle loro famiglie e sentirsi al sicuro».