La Giornata mondiale della gioventù nell’Anno santo del 2000 con Giovanni Paolo II

Tor Vergata, incontro
che incendia e benedice

 Tor Vergata, incontro che incendia e benedice  QUO-176
31 luglio 2025

di Daniele D’Elia

Estate romana, agosto 2000. Caldo feroce, cielo bianco, aria densa come fumo. A Tor Vergata non si andava per curiosità, ma per fame di senso, di fede, di parole vere. Fu un evento epocale, un terremoto per la Chiesa e la civiltà. La XV Giornata mondiale della gioventù fu Giubileo, Anno Santo, l’alba spavalda di un nuovo millennio. Con essa, la sfida più vera: credere, sperare, amare in un mondo che ha smesso di farlo, che ha paura di farlo e si vergogna persino di farlo.

Raccontare la Gmg di Roma 2000 con freddezza è impossibile. Ti trascina, ti afferra, ti scortica. È un vortice di numeri vertiginosi, di voci, di volti, di mani alzate al cielo, e soprattutto di speranze — nude, ostinate, infiammate. Due milioni e mezzo di giovani provenienti da 163 nazioni. Tor Vergata trasformata in un oceano di carne e preghiera. Un’invasione pacifica, una marea che non divideva, ma univa, che non distruggeva, ma costruiva. Una marea che scuoteva una società sempre più annegata nell’apatia e nel disincanto.

Il tema? «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1, 14). Non uno slogan, ma un grido. Un appello brutale a riconoscere nell’Incarnazione la verità più scandalosa della fede cristiana. In un’epoca che s’illudeva di salvarsi con la tecnica, Giovanni Paolo II affermava: non sarà il chip a redimere l’uomo. Sarà il cuore. Sarà la carne. Quel Dio fattosi bambino, servo, pane. Un Dio che non teme di sporcarsi i piedi.

Ricordo Karol Wojtyła. Il suo volto scavato dal dolore e dalla grazia. La voce roca. Lo sguardo che tagliava il buio. E quella frase, sentenza scolpita nel granito: «Se sarete quello che dovete essere, incendierete il mondo!». Non un incoraggiamento. Un ordigno. Una profezia. La fiamma lanciata nel crepuscolo dell’Occidente.

Non era solo entusiasmo giovanile. La Gmg fu un laboratorio di fede, un tribunale interiore. Una chiamata a giudizio: «Voi chi dite che io sia?». La domanda delle domande. Non c’è via di fuga, non c’è zona grigia: o si risponde o si svanisce. La fede non è folklore, né meditazione tiepida. È scelta brutale, vertigine, vita spezzata e poi rifatta nuova.

Poi la Veglia sulla spianata. La Croce dell’Anno Santo. Un cielo punteggiato di stelle e di cuori accesi. Il Papa che guardava, amava, sfidava. «È Gesù che cercate quando sognate la felicità». Smascherate la menzogna. La bellezza che vi brucia dentro ha un nome. La fame che vi rode ha un volto. E quel volto è il Suo.

Ma la Gmg non fu solo liturgia. Fu politica dell’anima. Giovanni Paolo II parlava ai cuori, ma gridava anche ai governi, alle coscienze, ai benpensanti. «Voi non vi rassegnerete a un mondo dove altri muoiono di fame, restano analfabeti, mancano di lavoro». Pugno sul tavolo della storia. No all’indifferenza, alla paralisi, al compromesso.

La Chiesa non è un club di privilegiati. È un corpo vivo. Una madre ferita, ma feconda. Una scuola di comunione, non di conformismo. Laici e consacrati si riconoscono, si rispettano, si sfidano nella verità.

Oggi c’è un altro Papa, Leone XIV, venuto dal Sud del mondo. Un Pontefice che conosce polvere, fango, lotta. Che parla con voce mite e autorevole, che non divide ma converte, che non impone ma benedice. Raccoglie, con mani provate ma fiere, il testimone di Giovanni Paolo II, di Benedetto XVI e di Francesco. Parla di pace. Di ponti. Di ascolto. Di un mondo da salvare. Non da stratega, ma da padre.

Il Giubileo del 2000 non è un monumento, ma un’eredità viva, carne pulsante. È l’inizio di un racconto che continua. Oggi si chiama Giubileo dei Giovani 2025, con un milione di ragazzi pronti a invadere Roma. A cercare. A gridare. A credere ancora.

E Leone, sulla soglia di San Pietro, li aspetta. Con lo sguardo largo di chi benedice non perché tutto va bene, ma perché tutto può ancora rinascere.

Sì, il mondo è cambiato. Ma le sue ferite sono le stesse. E i “Papaboys” di ieri — oggi madri, padri, professionisti, preti, ribelli, santi o smarriti — lo sanno: la fede non è rifugio, è arma. Non fuga, è lotta. Non consolazione, è rivoluzione.

Tor Vergata brucia ancora. Nel cuore. Nella storia. Quella croce non si è mai spenta. E oggi — proprio oggi — ci chiama ancora: «Voi chi dite che io sia?».

È la domanda che non lascia dormire. Che raddrizza la schiena. Che afferra e ribalta. Quella domanda farà del 2025, ancora una volta, un incendio di fede.

E Leone XIV sarà lì. Non per giudicare, ma per aprire le braccia, per benedire, per dire: «Andate. Camminate. Ricominciate». Perché la Chiesa non ha paura del futuro. E i giovani, se tornano a crederlo, incendieranno il mondo ancora.