«Effatà!» e la sfida
di aprirsi al mondo

 «Effatà!» e la sfida di aprirsi al mondo   QUO-175
30 luglio 2025

di Andrea Monda

Nella catechesi dell’udienza generale di oggi Papa Leone si è soffermato sulla parola di Gesù al sordomuto, «Effatà!»: «Questa parola, semplice e bellissima, contiene l’invito che Gesù rivolge a quest’uomo che ha smesso di ascoltare e di parlare. È come se Gesù gli dicesse: “Apriti a questo mondo che ti spaventa! Apriti alle relazioni che ti hanno deluso! Apriti alla vita che hai rinunciato ad affrontare!”. Chiudersi, infatti, non è mai una soluzione».

È vero, molte volte il mondo fa spavento. E ci si rinchiude come paralizzati in un atteggiamento rinunciatario e risentito. Questo vale per ogni persona, ma anche per ogni istituzione, anche per la Chiesa. A volte anche i cristiani non scelgono di agire nel mondo, ma di re-agire al mondo, al suo spettacolo spesso pieno di violenze e di brutture.

E questa reazione è di fuga dal mondo, di isolamento e anche di disprezzo del mondo, il contemptus mundi. Dimenticando però che il primo che apprezza il mondo è proprio Dio, il suo Creatore, che di fronte allo spettacolo del mondo lo ammira con una esclamazione ricca di gioia e meraviglia: «E Dio vide che era cosa buona». E lo fa di continuo, il racconto della Genesi ci tiene a sottolineare che Dio termina ogni giorno della Creazione con il suo stupito apprezzamento. Il disprezzo del mondo dimentica non solo il comportamento del Padre, ma anche quello del Figlio, mandato dal Padre «nel mondo non per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui» (Gv 3, 17). A sua volta Gesù, con lo stesso spirito, ha inviato i cristiani nel mondo a stare “in mezzo” al mondo, ad abitare il mondo, non a chiudersi in una roccaforte bella e protetta.

Quel grido, «Effatà! » è rivolto ad ogni “sordomuto” che oggi vive fuori e dentro la Chiesa perché non finisca per fare come quel George Gray di cui parla il poeta E. L. Masters, spaventato dalle insidie del mondo: «Perché l’amore mi si offrì e io mi ritrassi dal suo inganno; / il dolore bussò alla mia porta, e io ebbi paura; /l’ambizione mi chiamò, e io temetti gli imprevisti./ Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita. / E adesso so che bisogna alzare le vele / e prendere i venti del destino,/ dovunque spingano la barca». La barca di Pietro deve fare proprio come il pescatore di Cafarnao che vincendo ogni paura si getta nelle onde del mare impetuoso della storia fino a morire sul colle Vaticano accogliendo quella parola di Gesù, semplice e bellissima.