“Festa del Papa” presso la nunziatura a Città del Messico
Il discorso del segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali

Ascoltare le ferite
silenziose dell’umanità

 Ascoltare le ferite silenziose dell’umanità  QUO-172
26 luglio 2025

di Edoardo Giribaldi

«Papa Leone crede profondamente nel multilateralismo», non in una «burocrazia astratta». Il suo appello è a una diplomazia viva, capace di farsi carne, di chinarsi sulle «ferite silenziose dell’umanità» e di ascoltarle davvero. È lì, nella voce rotta degli «sfollati», negli occhi stanchi dei «migranti», nelle mani degli «sfruttati», che la politica può riscoprire il suo volto più autentico. Non «esercizio di potere», ma «atto di giustizia». È lì che, attraverso le crepe del mondo, si intravede «il volto di Cristo». È quanto affermato dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali, durante la «Festa del Papa» tenutasi ieri, 25 luglio, presso la nunziatura apostolica in Messico, a Città del Messico.

L’arcivescovo è giunto nel Paese latinoamericano il 24 luglio e vi resterà fino al 29 per partecipare all’Assemblea generale della Federazione internazionale delle università cattoliche, in programma a Guadalajara.

Nel suo discorso, Gallagher ha ringraziato il nunzio apostolico, monsignor Joseph Spiteri, per l’organizzazione dell’incontro, sottolineando come questa partecipazione testimoni «il ruolo unico e duraturo della Chiesa cattolica nel dialogo internazionale, nell’impegno umanitario e nella diplomazia morale». Ha quindi ripercorso alcune tappe fondamentali del cammino di fede del popolo messicano, segnato da «complessità, ma anche da un profondo affetto reciproco». Ricordando l’arrivo dei primi missionari all’inizio del XVI secolo Gallagher ha evidenziato come essi abbiano annunciato il Vangelo «non solo come dottrina astratta, ma come incontro con il Dio vivente e appello alla giustizia, alla misericordia e alla dignità umana».

Centrale, nel discorso, è stata anche l’apparizione di Nostra Signora di Guadalupe nel 1531, indicata come «una svolta» che ha innestato la fede cristiana nel cuore della cultura messicana. Oggi, la Vergine di Guadalupe continua a rappresentare un «ponte tra i popoli» e «il simbolo più potente di unità tra la Chiesa e il popolo messicano». Domenica 27 luglio, l’arcivescovo celebrerà la messa proprio nel Santuario dedicato alla patrona del Paese.

Gallagher ha poi ricordato il ruolo svolto nel percorso storico del Paese dalla Chiesa, che oggi resta presente nelle aule, negli ospedali, nelle campagne e nei quartieri, per ribadire «che ogni persona è fatta a immagine e somiglianza di Dio». Ha inoltre richiamato l’impegno costante della Santa Sede a collaborare con il popolo e il governo «sulla base del rispetto reciproco, dei valori condivisi e della ricerca comune della pace e dello sviluppo umano integrale».

Particolare attenzione è stata rivolta al ruolo del Messico nella promozione del dialogo e della pace in America Latina, soprattutto nei contesti di conflitto e migrazione. A nome di Papa Leone, il segretario per i Rapporti con gli Stati ha riaffermato la volontà della Chiesa di «camminare insieme» a fianco dei più vulnerabili: poveri, migranti, indigeni, vittime della violenza, e di tutti coloro che vivono ai margini della società.

Il Messico — ha affermato l’arcivescovo — conosce bene le «ferite silenziose dell’umanità»: la povertà, la violenza, la devastazione ecologica e la crisi della verità nel discorso pubblico. Ferite che si manifestano nel «crimine organizzato», nella «corruzione», nella «disuguaglianza economica». Ma che affronta con resilienza, accompagnato da una Chiesa «presente non per dominare, ma per servire; non per imporre, ma per accompagnare».

In questo quadro, la diplomazia assume un ruolo «fondamentale», capace di aprire «canali di pace e cooperazione» e prevenire le crisi «prima che si trasformino in catastrofi». «Papa Leone — ha ribadito Gallagher — crede profondamente nel multilateralismo, non come burocrazia astratta, ma come strumento per garantire che nessuna nazione, nessun popolo, nessun grido dei poveri venga ignorato». Infine, un appello alla responsabilità: «Ricordiamoci che la politica e la diplomazia, nella loro espressione più nobile, sono atti d’amore verso coloro che serviamo».