Si fermi

«Sostegno e affetto» sono stati espressi stamattina da Papa Leone XIV «a tutta la comunità raccolta attorno alla parrocchia (della Sacra Famiglia di Gaza, n.d.r.) e a quanti soffrono per la violenza», oltre all’«intenzione di fare tutto il possibile perché si fermi l’inutile strage di innocenti». A comunicarlo la Sala stampa della Santa Sede attraverso il suo canale Telegram, riferendo della telefonata che il Pontefice ha rivolto al cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei latini, e al patriarca ortodosso di Gerusalemme, Teofilo III, poco prima che gli stessi — accompagnati da monsignor Nicola Di Ponzio, segretario della nunziatura in Israele e della delegazione apostolica a Gerusalemme e in Palestina — entrassero nella mattinata odierna a Gaza. La loro visita avviene nel giorno successivo all’attacco israeliano contro la chiesa della Sacra Famiglia, che ha causato per ora 3 morti e 10 feriti, tra cui il parroco, padre Gabriel Romanelli.
Nell’assicurare la sua preghiera e «il suo incessante impegno per la pace», il Papa «con il patriarca ha rivolto il pensiero a tutte le vittime innocenti, a quelle dell’attacco di ieri», ma anche «a tutte quelle di questo tempo di dolore in Terra Santa e in tutto il Medio Oriente». Leone XIV poi ha contattato anche il provinciale dell’Istituto del Verbo Incarnato, padre Carlos Ferrero, congregazione cui appartiene padre Romanelli, manifestando «la sua vicinanza anche a quanti della comunità, fedeli e religiosi, erano con lui».
Il cardinale Pizzaballa ha raccontato ai microfoni dei media vaticani l’emozione per la telefonata del Pontefice in un momento tanto drammatico, proprio mentre con il patriarca Teofilo si trovavano al confine con l’enclave palestinese. Il Papa ha manifestato «il suo supporto e anche la sua intenzione di fare tutto il possibile perché si arrivi non solo al cessate-il-fuoco, ma alla fine di questa tragedia», ripetendo più volte che «è ora di finire con questa strage». Perché quello che è accaduto «è ingiustificabile, e bisogna fare in modo che non ci siano più vittime», ha detto ancora il Papa a Pizzaballa.
I due patriarchi, parte di una delegazione ecclesiastica — ha scritto in una nota il patriarcato latino — con la loro visita nella Striscia hanno voluto manifestare «la comune sollecitudine pastorale delle Chiese di Terra Santa e la loro preoccupazione per la comunità di Gaza». Durante la loro permanenza nella parrocchia bombardata, si apprende ancora, essi incontreranno «i membri della comunità cristiana locale», porgendo «condoglianze e solidarietà», e saranno «al fianco di coloro che sono stati colpiti dai recenti eventi». Pizzaballa e Teofilo hanno anche portato un carico «di forniture di assistenza essenziale non solo alla comunità cristiana, ma al maggior numero possibile di famiglie», tra cui «centinaia di tonnellate di generi alimentari, kit di pronto soccorso e attrezzature mediche di urgente necessità», e il patriarcato, per parte sua, «ha garantito l’evacuazione delle persone ferite nell’attacco verso strutture mediche fuori Gaza, dove riceveranno le cure necessarie».
I funerali di due vittime del bombardamento di ieri mattina si sono svolti già nelle ore successive (troppo il caldo per poter conservare più a lungo i corpi) nell’altra chiesa di Gaza, quella ortodossa di San Porfirio. Ma proprio mentre si svolgevano le esequie di Saad Issa Kostandi Salameh, 60 anni, portinaio della Sacra Famiglia, e di Foumia Issa Latif Ayyad, 84, è arrivata la comunicazione del decesso anche di Najwa Abu Daoud, 69 anni, trasportata all’ospedale Al Ahli di Gaza City in condizioni già critiche. Si attendono invece ancora notizie della sorte del giovane collaboratore del nostro giornale, Suhail Abo Dawood, ferito gravemente da una scheggia che lo ha colpito alla schiena, e trasferito successivamente nel nosocomio israeliano di Ashdod.
Nella mattinata di oggi anche i patriarchi e i capi delle Chiese di Gerusalemme hanno voluto esprimere in uno statement «profonda solidarietà» al patriarcato latino di Gerusalemme e alle persone che ancora si rifugiano nella parrocchia della Sacra Famiglia — unico punto di riferimento cattolico nella Striscia — per il «brutale attacco dell’esercito israeliano», che si è giustificato adducendo «un errore di tiro». Dure le parole di condanna per «questo crimine»: i luoghi di culto — si legge nel comunicato — «sono luoghi sacri che dovrebbero essere protetti», perché tra l’altro «protetti dal diritto internazionale». Dunque, «prendere di mira una chiesa che ospita circa 600 rifugiati, tra cui bambini con bisogni speciali, costituisce una violazione di queste leggi», ed è anche «un affronto alla dignità umana, un calpestare la sacralità della vita umana e la profanazione di un luogo sacro». I patriarchi, infine, si sono rivolti «ai leader mondiali e alle agenzie delle Nazioni Unite» affinché si adoperino «per un cessate-il-fuoco immediato, che ponga fine a questa guerra», implorandoli di «garantire la protezione di tutti i siti religiosi e umanitari e di provvedere al sollievo delle masse affamate in tutta la Striscia», e «invocando giustizia, pace e la cessazione delle sofferenze che si sono abbattute sulla popolazione di Gaza».
«Ferma condanna» per «la tragedia e l’attacco a civili innocenti e a un luogo di culto» era stata espressa, a poche ore dal bombardamento, anche dal patriarcato latino, che aveva sottolineato come questa tragedia, tuttavia, non sia «più grave o più terribile delle tante altre che hanno colpito Gaza. Molti altri civili innocenti sono stati feriti, sfollati e uccisi. Morte, sofferenza e distruzione sono ovunque». Esprimendo costernazione «in quest’ora dolorosa, mentre seppelliscono i membri della comunità», la nota si concludeva con l’invito ai leader ad alzare la voce e fare «tutto il necessario per fermare questa tragedia, umanamente e moralmente ingiustificata». Una guerra «orribile» che «deve giungere alla fine, affinché possiamo dare inizio al lungo lavoro di ripristino della dignità umana».
Parole di riprovazione e un appello al rispetto del diritto internazionale e del diritto umanitario si sono levate dalla Caritas Internationalis. «Siamo devastati da quest’ultimo attacco contro persone che cercavano semplicemente di sopravvivere e si erano rifugiate in chiesa», ha dichiarato il segretario generale, Alistair Dutton, in una nota nella quale la confederazione che riunisce oltre 160 agenzie caritative della Chiesa chiede di «rispettare e proteggere i luoghi di culto e gli alloggi umanitari; garantire un accesso senza ostacoli agli aiuti umanitari, corridoi sicuri e supporto medico per i civili; cessare tutti gli attacchi contro i civili, in particolare coloro che cercano rifugio nelle chiese, in altri luoghi di culto e negli spazi umanitari chiaramente segnalati».
Nella serata di ieri il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, attraverso il suo ufficio aveva parlato del bombardamento come di «un errore», esprimendo «profondo rammarico per il fatto che una munizione vagante abbia colpito la chiesa della Sacra Famiglia di Gaza», e assicurando l’avvio di un’indagine sull’accaduto. La dichiarazione era arrivata solo dopo una telefonata con il presidente Usa, Donald Trump, che era intervenuto con l’alleato israeliano per chiedere spiegazioni sul raid. (roberto paglialonga)
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