
Migliaia di persone dalle prime ore di questa mattina si sono radunate al cimitero memoriale di Potocari, alle porte di Srebrenica, per commemorare e rendere omaggio alle oltre 8.000 vittime del genocidio. Familiari, parenti, comuni cittadini in silenzio e tra le lacrime hanno sostato davanti alle tombe dei loro cari, nella sterminata spianata di stele bianche.
Già nella serata di ieri erano giunti al cimitero memoriale i circa 6.000 partecipanti alla Marcia per la Pace — la Marš mira — fra i quali numerosi giovani italiani, che hanno percorso a ritroso i 100 km coperti dalle migliaia di bosniaci musulmani in fuga verso Tuzla, dopo l’occupazione di Srebrenica nel luglio 1995 ad opera delle forze serbo-bosniache. Alle cerimonie commemorative per il 30.mo anniversario del genocidio sono presenti le autorità politiche e religiose della Bosnia ed Erzegovina e numerosi capi di Stato e di governo, ministri, alti funzionari di Paesi europei, rappresentanti di organizzazioni internazionali e delle istanze giudiziarie che hanno emesso condanne e continuano a perseguire i responsabili dei crimini perpetrati 30 anni fa. Quest’anno, tuttavia, non hanno preso parte alla cerimonia gli esponenti della Serbia e della Republika Srpska, l’entità a maggioranza serba della Bosnia ed Erzegovina, che non accettano la definizione di genocidio per i crimini di Srebrenica.
Il presidente serbo Aleksandar Vucic, ha ribadito il suo cordoglio ai familiari delle vittime bosniache, esprimendo la convinzione che un tale crimine non si ripeterà mai più, respingendo il termine genocidio per quello che ritiene, tuttavia, un «orribile crimine».
Una posizione fermamente criticata da tutti i leader europei e nei confronti della quale il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, oggi a Srebrenica ha dichiarato: «Non c’è spazio in Europa, né altrove, per la negazione del genocidio, il revisionismo o la glorificazione dei responsabili», sottolineando la necessità di percorrere insieme la strada verso la riconciliazione «impegnandoci a sostenere la Bosnia ed Erzegovina nel superare l’eredità del passato e costruire un futuro come membro dell’Ue».
Nel messaggio scritto in occasione dell’odierna commemorazione il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, condannando ogni forma di negazionismo o riduzionismo, mette in guardia contro la diffusione di sentimenti di odio: «Attribuire — afferma — disonore e infamia a intere popolazioni sarebbe errato. Al contrario, si tratta di perseguire in ogni sede, a partire da quelle dei tribunali internazionali, una rigorosa e puntuale giustizia che sia terreno fertile per la riconciliazione e per un presente e un futuro di pace e fratellanza».
Per il genocidio di Srebrenica e l’assedio di Sarajevo sono state emesse finora una cinquantina di condanne per oltre 700 anni di carcere a carico di ex militari, poliziotti e dirigenti dei servizi di sicurezza serbi. All’ergastolo sono stati condannati dal Tribunale dell’Aja per la ex-Yugoslavia i due principali responsabili: il generale Ratko Mladić (83 anni) e Radovan Karadžić (80 anni), rispettivamente capo militare e leader politico dei serbi di Bosnia. Entrambi in precarie condizioni di salute, sono detenuti il primo nel penitenziario del tribunale dell’Aja a Scheveningen, il secondo in un carcere dell’isola di Wight, nel sud della Gran Bretagna. (stefano leszczynski)