Oltre 30 morti nelle proteste degli ultimi giorni contro il malgoverno, le tasse, la corruzione, le ingiustizie e la povertà. Inascoltate le richieste dei giovani. La testimonianza di un missionario

Kenya
Sangue e caos

epa12222997 A Kenyan protester waves the Kenyan flag during anti-government protests on Saba Saba ...
10 luglio 2025

di Patrizia Caiffa

«La protesta dei giovani non scomparirà presto. Ormai c’è una coscienza nuova in questa generazione e tutta la classe politica è totalmente scollegata. La loro bandiera è il cambiamento: vogliono la fine della corruzione»: a parlare è il missionario comboniano padre Kizito Sesana, 82 anni, profondo conoscitore del Kenya, dove vive da decenni e ha fondato diverse comunità e iniziative sociali nelle zone più disagiate della capitale Nairobi. Attualmente coordina la Comunità Koinonia, che accoglie un centinaio di bambini di strada tra la baraccopoli di Kibera e il quartiere Riruta Satellite, dove abita. Padre Kizito non si stanca di viaggiare tra il Kenya, lo Zambia e i Monti Nuba in Sudan, dove gestisce un progetto finanziato dall’8xmille della Conferenza episcopale italiana.

Queste settimane sono infuocate in Kenya. Continua la conta dei morti e feriti, gli arresti e le sparizioni dei giovani che protestano dal 25 luglio, ad un anno dalla manifestazione che causò 60 vittime. Assalti, incendi e saccheggi sono all’ordine del giorno. In quell’occasione le vittime sono state 19, più di 500 i feriti, con 626 arresti. Anche il 7 luglio, anniversario delle storiche proteste di Saba Saba del 1990 — quando iniziò la spinta verso la democrazia multipartitica —, sono state uccise altre 31 persone, con 107 feriti, due rapimenti e 500 persone arrestate. Le forze di sicurezza usano munizioni letali, proiettili di gomma, gas lacrimogeni e cannoni ad acqua per sedare le proteste. Perfino una dodicenne è morta mentre stava guardando la tv in casa, colpita mortalmente da un colpo di arma da fuoco.

I giovani protestano contro il malgoverno, le tasse, la corruzione, le ingiustizie e la povertà, le sparizioni forzate e la brutalità degli agenti. Tra i casi più recenti che hanno riacceso la miccia c’è la vicenda del giovane insegnante e blogger Albert Ojwang. Arrestato il 7 giugno, è stato trovato morto due giorni dopo in una cella della Central Police Station di Nairobi con gravi segni di violenza, contraddicendo la versione della polizia che parlava di suicidio.

«L’uccisione di Ojwang è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso», commenta padre Kizito, rivelando che a volte la violenza durante gli scontri «è provocata da agenti infiltrati, per giustificare una repressione brutale». Perfino la sede della Commissione per i diritti umani del Kenya (Khrc) è stata attaccata da una banda di uomini armati durante una conferenza stampa che denunciava “la fine immediata degli arresti arbitrari, delle sparizioni forzate e delle esecuzioni extragiudiziali”.

Prima del 7 luglio l’Associazione dei leader studenteschi del Kenya ha chiesto al presidente William Ruto di convocare un dialogo nazionale con i giovani. Eppure, la repressione continua. «Ormai si è creata una coscienza nei giovani nati dopo la nuova Costituzione del 2010, che hanno studiato a scuola — osserva il missionario italiano —. Questi ragazzi sanno cosa significa il rispetto dei diritti umani, la lotta contro le ingiustizie. E oggi esigono che la Costituzione sia rispettata, che venga garantito il diritto della gente a protestare pacificamente, a scrivere cose ragionevoli sui social media». «Un tempo — puntualizza — i politici riuscivano a manipolarli, li mandavano allo sbaraglio come “miliziani” contro l’altra parte. Ora non si fanno più usare per fini politici, tribali o etnici, non scendono in piazza sotto nessuna bandiera».

Ciò che scatena la rabbia «è vedere politici che si sono arricchiti in modo scandaloso, impuniti», che «ostentano in modo sfacciato la ricchezza accumulata». Molti confidano nelle elezioni del 2027. L’opinione pubblica, prosegue padre Kizito, «è orientata al cambiamento. Tutti sono stanchi e vorrebbero che il presidente si dimettesse. Ma in questo momento non si vede ancora una figura alternativa». Il problema è che «non esiste una vera opposizione: tutta la classe politica ha fallito. Ha alimentato la corruzione, il clientelismo, i gruppi di potere. E non ha la minima intenzione di cambiare». Il presidente, William Ruto, ha messo in guardia coloro che vogliono «rovesciare» il governo. «Siamo in un Paese democratico — ha detto —. Non potete dirci che volete seminare il caos e rovesciare il governo» prima del voto del 2027.

Anche Stephen Kituku, già direttore di Caritas Kenya, ora impiegato in una ong che opera nell’est del Paese, conferma che «i giovani hanno motivazioni molto legittime, ma la classe politica non li ascolta né agisce per affrontare i problemi sollevati. Proteste simili, o addirittura peggiori, potrebbero verificarsi in futuro, man mano che il Paese si avvicina al periodo elettorale».