Pellegrinaggio giubilare della diocesi di Pinerolo

Ripartenza
speranza e penitenza

 Ripartenza  speranza e penitenza  QUO-156
08 luglio 2025

di Donatella Coalova

Ripartenza, speranza, penitenza: queste tre parole chiave sintetizzano l’esperienza spirituale dei partecipanti al pellegrinaggio giubilare che dalla diocesi piemontese di Pinerolo si sono recati a Roma, dal 30 giugno al 3 luglio scorsi. Un centinaio di persone guidate dal vescovo Derio Olivero, che ha presieduto le celebrazioni liturgiche e animato i momenti formativi. Le meditazioni si sono svolte in sintonia col percorso portato avanti a livello diocesano, in comunione con tutta la Chiesa. La lettera di monsignor Olivero per il 2024-2025 s’intitola «Ripartiamo» ed è sintetizzata dall’inno diocesano di quest’anno, Nel frattempo: un canto gioioso, pieno di speranza, col testo scritto dal vescovo e la musica e gli arrangiamenti del maestro Mauro Goia e dell’artista Mega Sihombing.

Spiega il presule: «La vita è fatta di continue ripartenze: ci sono quelle più semplici, come alzarsi con grinta ogni mattina, ricominciare ogni lunedì l’avventura della settimana, e ci sono quelle più difficili che avvengono, ad esempio, dopo una malattia, un litigio, un fallimento. Il pellegrinaggio è un allenamento per queste ripartenze. Un tempo i pellegrinaggi si facevano interamente a piedi, però anche oggi si possono incontrare momenti impegnativi, per il caldo e la fatica. Bisogna avere il coraggio di andare avanti. C’è una meta che ci attende e ci attrae. Così abbiamo vissuto il pellegrinaggio come simbolo di questa volontà di ripartire sempre. Dio è un Dio delle ripartenze. Ci accompagna e lavora per farci ripartire. Con Lui possiamo camminare, lottare, vivere. Con Lui si può. La nostra vita non sarà mai persa».

Questo spalanca il cuore alla speranza. Monsignor Olivero ricorda che la riflessione di Papa Francesco nella Spes non confundit, la bolla di indizione del Giubileo, parte appunto dalla Lettera ai Romani: «La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo». Sul tema della pace, il prelato nota che «viviamo in un’epoca di conflitti, tensioni e tentazioni contro la speranza. Ma sappiamo che la pace inizia da cuori riconciliati con sé stessi, con gli altri, col creato, col mondo. Ogni conversione seria è una conversione per diventare operatori di pace, costruttori di comunione e di unità».

I pellegrini pinerolesi hanno portato nel cuore la preghiera per la fraternità fra tutti i popoli e l’insegnamento di Leone XIV che, fin dall’inizio del suo pontificato, ha invitato con forza alla «pace del Cristo Risorto, una pace disarmata e una pace disarmante». Ed ecco l’importanza della conversione. Monsignor Olivero sottolinea in proposito: «Penitenza è stata la terza parola chiave del nostro pellegrinaggio. Un termine non più molto di moda. Usualmente fa pensare al termine “pena”. Ma il suo significato profondo è “cambiamento”, “conversione”. Mi ha colpito questa frase che ho letto di recente: “Noi siamo ciò che facciamo per cambiare ciò che siamo”. La nostra vita è un cammino di conversione, per la costruzione dell’uomo conformato alla pienezza di Cristo. Ecco perché durante il pellegrinaggio ci sono stati la liturgia penitenziale e il passaggio della Porta santa come occasioni per vivere questo spirito di conversione e comprendere il significato dell’indulgenza che non è un atto magico ma un dono di grazia per sostenere il cambiamento».

I pellegrini pinerolesi hanno meditato e pregato nelle basiliche papali di San Pietro, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore e San Paolo fuori le mura, e in altre chiese romane come Santa Prassede, Sant’Agnese in Agone e Sant’Anselmo. Fra i tanti momenti belli del pellegrinaggio giubilare, due punti del programma sono stati particolarmente suggestivi: vedere dal vivo le opere di Caravaggio e girare per il ghetto ebraico. Riguardo al primo aspetto fin dagli inizi del suo ministero, Olivero ha sensibilizzato i fedeli al dialogo fra l’arte e la fede, lanciando periodicamente una serie di sue conferenze sul tema “Fede con arte”. In riferimento al secondo momento il presule, che è anche presidente della Commissione per l’Ecumenismo e il dialogo in seno alla Conferenza episcopale italiana e lo scorso 3 luglio è stato nominato dal Papa membro del Dicastero per il Dialogo interreligioso, sottolinea: «Abbiamo fatto questa visita al ghetto perché il Giubileo ci arriva dalla tradizione ebraica, è una istituzione ebraica. Così è stato importante concludere il pellegrinaggio con un omaggio ai nostri fratelli maggiori».