La buona Notizia
Il Vangelo della XV domenica del tempo ordinario (Lc 10, 25-37)

È “l’altro” la mano di Dio

 È “l’altro” la mano di Dio  QUO-156
08 luglio 2025

di Lila Azam Zanganeh

La storia del buon samaritano ci porta dritto al cuore della questione. Il dottore della legge in realtà chiede a Gesù: «Chi è mio prossimo?». Con questo intende dire: «Chi devo amare davvero?». Dobbiamo amare quelli che sono diversi da noi, per credo o per colore, quelli che magari non seguono le nostre leggi, quelli che ci fanno paura?

Forse oggi abbiamo dimenticato che la storia che Gesù racconta al dottore della legge è carica di scandalo. Chi ascoltava Gesù in Galilea avrebbe percepito il samaritano come un nemico: un eretico, un meticcio (un mezzosangue nato da ancestrali unioni israelite e assire risalenti a centinaia di anni prima). Quindi la parabola domanda: l’altro, il creolo, il vituperato, l’emarginato, può essere messaggero di Dio? La risposta è sì, un sì sonoro. Una risposta che noi, ognuno di noi, “gentile o ebreo”, come dice Shakespeare, deliberatamente dimentichiamo.

Il samaritano è l’unico uomo del racconto che incarna la parola di Dio, vale a dire il suo amore infinito. In tal senso il samaritano è l’unico che è simile a Dio. Né il sacerdote né il levita della storia si fermano e mostrano misericordia. Sta qui lo scandalo, e anche la posta in gioco che Gesù ci pone dinanzi. Gli uomini di Dio, gli officianti, semplicemente passano oltre. In quest’ottica, Gesù probabilmente irrita il dottore della legge che gli pone la domanda. Ma Gesù è sapientemente sovversivo; stravolge i luoghi comuni (in greco tópoi) e spinge le persone a prestare la massima attenzione.

Il suo messaggio risuona profondamente: è l’altro, quello che oggi potrebbe essere il musulmano o il migrante centroamericano, a compiere l’opera di Dio, spontaneamente, non per l’ingiunzione ma per l’intuizione di amare. Di fatto, nel racconto egli è, o meglio diventa, la mano di Dio.

E c’è dell’altro: l’uomo caduto nelle mani dei briganti, e che il samaritano sceglie di aiutare, verosimilmente è ebreo. Come ebreo in Galilea è molto probabile che pensi male dei samaritani. Ma il samaritano lo aiuta ugualmente, mostra compassione e paga per lui alla locanda. Il prossimo che dovremmo amare è chiunque incroci il nostro cammino. Dobbiamo anche accettare il costo sociale e politico di un amore rischioso.

Gesù mostra che il samaritano, l’altro denigrato e mezzo umano, è degno della vita eterna. Ed è questa la rivoluzione. Come il samaritano, così l’altro, tutti gli altri. La domanda, pertanto, non è più «Chi devo amare?» ma piuttosto «Sono colui che ama?». Come dice Rumi, il mistico persiano, facendo eco a Gesù: «Nella generosità e nell’aiuto degli altri sii come un fiume. Nella compassione e nella grazia sii come il sole».